Fino ad ora nessuna minaccia per i 10 mila italiani in Libia
Fino ad ora nessuna minaccia per i 10 mila italiani in Libia La nostra ambasciata è in costante collegamento con la Farnesina Fino ad ora nessuna minaccia per i 10 mila italiani in Libia I DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Tutte le radio e tutte le televisioni accese nell'ambascitata libica a Roma, circondata da alti cipressi ma nessun commento, nessuna dichiarazione, né ufficiale né ufficiosa. Si attende e si prende tempo anche nella sede romana dell'agenzia di stampa libica, la -Jana... tra gigantografie di un Oheddafi sorridente nella divisa kaki e slogan della Rivoluzione verde affissi alle pareti. Vale ancora la minaccia lanciata tre mesi fa da Oheddafi («Se ci attaccassero ìncendjer^mo il Mediter- K^iKÌÌ!^Ì.W^^!&iÌ * rfflieW'j*'Nessuno Sa, nessu |,^A&»bra aveifc, Istruzioni^ "'.Qttèl'che conosciamo — di-'f cono i diplomatici libici a Roma — l'abbiamo appreso dpSn f dai telegiornali, niente di più». Un migliaio di chilometri a Sud, nell'ambasciata italiana a Tripoli, si vive una calma che sembra surreale se paragonata a quanto è avvenuto e potrebbe avvenire ancora nel Golfo della Sirte. Nella capitale libica, racconta al telefono 11 personale della rappresentanza, la situazione è tranquilla. Di quelle .manifestazioni di sfida e di collera» contro l'.aggressione americana», di quelle .masse pronte a morire per difendere il Golfo della Sìrie», di cui racconta da n" dispaccio della , a Tripoli fino a ieri gglo non si era vista traccia, a parte un raduno di poche migliaia di persone nella mattinata, di fronte all'ambasciata del Belgio, che rappresenta anche gli Usa. La nostra ambasciata, che è in costante collegamento con la Farnesina, ha detto che non ci sono segni di ostilità verso la comunità italiana, oltre diecimila connazionali di cui mille a Tripoli in abitazioni private quasi tutte nel quartiere di Hay El Andalus, l'ex Oeorginpopoll; altre cinquecento, in gran parte tecnici e dirigenti d'azienda, negli alberghi della capitale; il resto disseminato nel «campi», villaggi prefabbricati costruitrjggLjparaggi di fabbriche -é' cantieri, con guardie armate.-tUl'ingresso. Clnquemltó-^lavbrano in opere pubbliche, 11 settore In cui la presenza italiana è più massiccia. La «Impregno» sta costruendo una base navale (428 miliardi l'entità della commessa), la «Astaldi Estero» 'un aeroporto, la •Stradedile» opere idrauliche per 381 miliardi, la «Degfer» l'ospedale civile di Bengasl, la «Fasano» un'ala dell'università di Tripoli, la •Fiat Engineering» una fabbrica. Malgrado da più di un anno la Libia abbia ridotto le commesse, soprattutto per una crisi di liquidità, nei primi sei mesi del 1885 le imprese italiane hanno firmato contratti per 1200 miliardi, cui vanno aggiunti i 450_ miliardi della commessa acquisita dall'Eni per la fornitura di un impianto di fertilizzanti nel Bacino della Sirte. L'Eni, tn Jolnt-venturc con la società statale libica, sfrutta il giacimento di Bourl, 80 mila barili di greggio al giorno. All'Inverso, la presenza libica in Italia, suo primo partner nell'esportazione, è di natura soprattutto finanziarla. E massiccia. Oltre a detenere il 15,19% di azioni ordinarie, e il 13.09% dei titoli privilegiati, della Fiat (attraverso la Libyan arab foreign Investment corporation), la Libia ha rilevato l'anno scorso 11 70% della Tamoil. con 900 pompe di benzina e impianti di raffinazione. Inoltre, la Libia è azionista per il 7% dell'Ubae, una banca a capitale italo-arabo, e dell' Arab Banking Corporation, il ricchissimo Istituto di credito con sede nel Bahrein e filiale a Milano.
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