Chirac III, la rivincita

Chirac la rivincita Ministro gollista, Premier (frustrato) di Giscard, ora nuovamente all'Hotel Matignon con un sogno: la presidenza Chirac la rivincita Il nuovo ministro ha già fatto spostare la scrivania in fondo allo studio, come nel '76: Fabius è ormai un ricordo anche nell'arredamento -1 «cacciatori di teste» sguinzagliati dal Generale lo scovarono nel '62, a 29 anni, dopo un passato Delmas e il siluro all'ex capo dell'Eliseo - Anche Raymond Barre figura tra le sue vittime: il figura filocomunista - Il tradimento verso Chabansoprannome «Bulldozer» è nato sul campo PARIGI — Per prima cosa, farà rimettere la scrivania stile Impero in fondo, allo studio, vicino alla finestra che si apre sul quieto giardino dell'Hotel Matignon. Jacques Chirac ha le sue abitudini, anche se, per nove anni e sei mesi, è rimasto fuori del palazzo sulla «rive gauche» che la geografia del potere francese assegna al primo ministro. Dal 27 maggio del '74 al 26 agosto del '76, in quell'ufficio ha lavorato tutti i' giorni. E le novità portate dal giovane Laurent Fabius, «delfino» battuto di Mitterrand, non gli piacciono: in politica, come nella disposizione dei mobili. Le grandi rivincite sono fatte anche di piccole soddisfazioni. Soprattutto quando sono attese a lungo. E il leader neogollista Chirac aveva cominciato la sua rincorsa a Matignon nello stesso giorno in cui ne era uscito, sbattendo la porta, dopo due anni di rapporti difficili con il Presidente della Repubblica di allora, Valéry Giscard d'Estaing. Un periodo tormentato che, oggi, appare come una specie di palestra per il complesso gioco della «coabitazione» appena avviato con l'Eliseo socialista. Ma la storia di Jacques Chirac parte da molto più lontano. Ufficialmente, dal 1962 quando i «cacciatori di teste» di Georges Pompidou (primo ministro del generale de Gallile) lo scovarono alla Corte dei conti. A 29 anni era fresco degli studi all'Elia, V Ecole natinnale d'administration, trampolino d'obbligo per le carriere pubbliche, e anche per la politica, E dalle interminabili partite a «battaglia navale», giocate in un ufficio della Corte assieme con il suo amico Alain Chevalier (che oggi è presidente della Moet-Hennessy), fu proiettato nella pattuglia degli assistenti del governo. Gli uscieri più anziani di Matignon lo ricordano ancora: arrivava con la sua «Peugeot 403» grigia e si precipitava a passo di carica (un'andatura che non ha cambiato) nelle anticamere del potere. In quell'anno si lasciò dietro le spalle una giovinezza movimentata. Marinaio per una sola estate (a 17 anni) su una nave da carico. Simpatizzante del pcf: fu anche fermato (era il 1949) mentre raccoglieva firme per l'appello di Stoccolma contro la bomba atomica. Poi «borsista» negli Stati Uniti — a Harward, Scienze politiche — con parentesi di cameriere in un ristorante e autista di una ricca vedova americana. Suo padre, direttore di banca, e la guerra d'Algeria riuscirono a cambiarlo. Nel '56 è sottotenente e combatte a Souk-el-Arba, alla frontiera col Marocco. Dimentica il fascino d'oltre Atlantico e scopre la «grandetti-» della Francia che il generale Charles de Gaulle stava facendo rinascere. Non è un «gollista della prima ora», secondo alcuni non lo è ancora oggi. Ma quando, nel '62, entra nello staff di Pompidou è già pronto alla scalata del potere. E Pompidou, il futuro Presidente, apprezza le sue doti di grande lavoratore e di fedele esecutore di ordini. E' in questo periodo (cinque anni nelle vesti di consigliere) che Chirac si guadagna il soprannome di «bulldozer». Pompidou disse una volta: «Se gli chiedessi di scavare di notte un tunnel tra la sua casa e l'Hotel Matigtnon, lo farebbe. E la mattina dopo mi chiederebbe il perché». Una devozione che il premier di de Gaulle ricompensò non soltanto con incarichi, ma anche con un'amicizia sincera. Fu Goerges Pompidou a spingere Chirac a imboccare la via maestra della politica, a consigliargli di costruirsi una base elettorale. E Chirac, nato nel 1932 a Parigi, nel V arrondissemement, a 32 anni si ricordò della regione della sua famiglia, la Corrèze, zona agricola (e di tradizione comunista). Ogni fine settimana sei ore di treno per ottenere un passaporto popolare alle sue ambizioni pubbliche. Un risultato'che il «bulldozer» centrò subito: nel '65 consigliere comunale di Sainte-Férole, naturalmente per l'Udr, come allora si chiamava il partito gollista. Due anni dopo, deputato nel collegio di Ussel, con una vittoria per 537 voti di vantaggio sul candidato comunista. Nel '67 il suo primo incarico ministeriale: un sotto-segretariato agli Affari sociali. Nel '68 alle Finanze e, finalmente, nel '71 (quando Pompidou era ormai Presidente da due anni), una poltrona di ministro: le relazioni con il Parlamento. Da questo punto, dopo tanta «cucina politica» che lo aveva formato più sul pragmatismo che sulle ideologie, la scalata di Chirac è travolgente: nel '72 il ministero dell'Agricoltura e, nel '74, quello dell'Interno. Un posto-chiave, perché gli consentirà di giocare un ruolo decisivo, e discusso, nelle elezioni presidenziali anticipate seguite alla morte del suo j^unde protettore. E' nel '74 che Chirac si guadagna un nuovo — e più pesante — soprannome: «Al Capone». Sono i baroni del gollismo a chiamarlo cosi. Soprattutto Jacques Chaban-Delmas che perse la corsa all'Eliseo anche per le manovre segrete del giovane, e a questo punto non più fedele, ministro dell'Interno. Chirac appoggiò Valéry Giscard d'Estaing, leader liberale: il primo presidente non gollista della Quinta Repubblica fondata dal generale nel '58. Un «tradimento», per molti. In realtà una mossa abile di Chirac che, negli anni della «cucina», aveva capito i segreti della politica. Per raggiungere il suo obiettivo (allora come oggi la presidenza) doveva battere prima di tutto i baroni dcll'Udr. In più, Giscard d'Estaing ricambiò il favore elettorale e lo nominò premier, Era il 27 maggio del '74: la parabola ascendente di Chirac sembrava al suo apice. Ma la «coabitazione» tra il liberale che reggeva l'Eliseo e il neo- gollista che a 41 anni e mezzo era arrivato a Matignon si rivelò subito scomoda. Giscard non lasciava alcuna autonomia al suo primo ministro: un'abitudine antica, ma appesantita da dichiarazioni pubbliche senza precedenti. Nemmeno de Gaulle aveva definito il governo ri miei ministri» come amava fare Giscard. Gli episodi, e gli aneddoti, di due anni di burrascoso rapporto sono decine. Una volta, il Presidente invitò il premier nel castello di Brégancon assieme con il suo maestro di sci: una cena «informale» che Chirac prese come un insulto. Ma è in politica che le divergenze si confermarono profonde. La legalizzazione dell'aborto, l'aumento delle imposte per le industrie, fino ai pranzi di Giscard con gli intellettuali di sinistra e le sue strette di mano ai detenuti durante le visite nelle carceri. Ignorato, contraddetto. Chi rac abbandonò Matignon il 26 agosto del '76. E Giscard nominò primo ministro quel Raymond Barre che oggi è il terzo «moschettiere» del centro-destra. Una battuta d'arresto per l'ambizioso leader neo-gollista, ma anche un gesto, anco ra una volta, abile. Chirac rischiava di perdere la sua credibilità sotto il regno di Valéry Giscard d'Estaing. Doveva continuare la battaglia dall'esterno per non essere stritolato. Negli anni della «cucina» aveva capito i segreti della politica: per raggiungere i suoi obiettivi doveva avere un partito forte alle spalle. Cosi, i «baroni», già sconfitti nel '74, furono messi da parte. Dopo la vittoria di Giscard, il movimento gollista era forte in voti ma debole al vertice. Per Chirac, che aveva contribuito a sconvolgerlo, non fu difficile «rifondarlo». Nel '76 l'Udr divenne Rpr (Rassem blement pour la République) e Jacques Chirac il suo capo indiscusso. Nel '77, un altro successo: la conquista del posto di sindaco di Parigi. E, con il suo attivismo, riuscì a trasformare l'Hotel de Ville nel terzo centro di potere, dopo Eliseo e Matignon. Ma la grande rivincita di Jacques Chirac è cominciata nell'81. Con un altro «tradì mcnto„: quello ai danni di Giscard nello scontro presidenziale con il socialista Francois Mitterrand. L'appoggio incerto dei neo-gollisti al Presidente uscente pesò in modo determinante sulla vittoria della «gauche». Nel '74 e nel '76 il nemico da battere erano i «baroni» del gollismo storico, nell'81 i centristi di Giscard. Per dimostrare, alla fine, che soltanto Chirac poteve essere l'uomo del destino. Adesso, a 54 anni, il «bulldozer» ha cominciato l'ultima battaglia. Ma anche la «coabitazione» con Mitterrand potrebbe rivelarsi pericolosa. Enrico Singer a u e a a a , i i o Parigi. Il neopremier Chirac esce dall'Eliseo dopo la prima riunione di gabinetto col presidente Mitterrand: lo seguono, da sin., Balladur (ministro delle Finanze), Giraud (Difesa), Flosse (Problemi del Sud Pacifico) e, semicoperto. Pasqua (Interni)