Non aveva più segreti di Renato Cantoni

Non aveva più segreti «Per me l'omicidio resta inspiegabile» Non aveva più segreti La tesi di Sindona avvelenato per impedirgli di rivelare segreti appare suggestiva, ma non trova sostegno nei fatti che si conoscono. La domanda è: aveva qualcosa ancora da dire o aveva già rivelato tutto? n finanziere di Patti si è sempre sentito vittima di una congiura dell''establishment finanziario e monetario italiano capeggiata dal suo più grande avversario, Enrico Cuccia, quand'era amministratore delegato di Mediobanca. Questi aveva vinto diversi anni primaria bai-' taglia per aggiudicarsi le preferenze di Fràh-1 co Marinotti, presidente della SniaViscòsa,' il quale per un certo momento, convinto delle grandi qualità di tributarista di Michele Sindona, aveva pensato anche a lui come suo delfino. Sindona, non rassegnato alla sconfitta, pensò di creare una banca, o addirittura un gruppo bancario, che potesse, se non rivaleggiare con Mediobanca, mostrare quali fossero le sue capacità di banchiere. A questo fine si era alleato con Roberto Calvi quando acquistò la Banca Unione di Milano poi fusa nella Banca Privata Italiana. Il suo errore più grande fu l'acquisto della Franklin Bank di New York che, in dissesto nella primavera del '74, fece da boomerang in Italia, provocando una corsa al ritiro dei depositi da parte dei clienti della Banca Privata Italiana. A dire il vero, l'allora amministratore delegato del Banco di Roma, Ferdinando Ventriglia, cercò di impedire la liquidazione coatta dell'istituto di credito di Sindona, e Guido Carli, Governatore della Banca d'Italia, ipotizzò una nuova azienda di credito, di cui era già stato trovato il nome (Banca d'Oltremare) che doveva sostituirsi alla Banca Privata Italiana. Ma una divergenza di vedute fra Ventriglia e l'allora presidente dell'Ili, Petrilli, fece naufragare l'iniziativa e, come conseguenza immediata, il ministero del Tesoro e la Banca d'Italia misero in liquidazione coatta la Banca Privata Italiana. Sindona si considerò vittima di manovre e non accettò mai la realtà delle cose. Da qui, probabilmente, l'idea di aver subito un so¬ pruso e il conseguente lavorio, durato alcuni anni, per rovesciare la situazione. Nel 1977 accaddero alcuni eventi concatenati fra loro, preparati per annullare la liquidazione coatta della Banca Privata Italiana, il che voleva dire, per Sindona, la caduta di quasi tutte le imputazioni che pendevano sul suo capo e, forse, qualche ricupero finanziario. Sul settimanale Panorama uscì in quell'anno un lunghissimo articolo, la cui origine era chiaramente- da attribuire al finanziere di Patti, in cui venivano descritti episodi che dovevano avere lo scopo di far" riflettere parecchi personaggi della vita politica, economica e finanziaria italiana. Articoli analoghi uscirono su altre pubblicazioni periodiche. Proprio allora ci furono le intidimazioni a Cuccia, l'assassinio dell'avvocato Ambrosoli, che era il liquidatore giudiziario della Banca Privata Italiana, e la presentazione all'onorevole Evangelisti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Andreotti, di un piano di salvataggio dell'Istituto di Sindona. Evangelisti lo passò alla Banca d'Italia, ma Sarcinelli, allora vicedirettore generale e capo del servizio di vigilanza dell'Istituto di emissione, lo giudicò inattuabile. Se Sindona avesse avuto altre frecce al suo arco, le avrebbe certamente utilizzate in quel momento, quando era in Europa. Dal giorno del suo arresto (fine '77), nonostante le ripetute minacce nel corso di numerose interviste e durante il recentissimo processo per l'assassinio di Ambrosoli, non usci nulla di nuovo o di sensazionale. Chi poteva temere qualcosa da Sindona non doveva essere altro che un complice nell'archi tettare le minacce a Cuccia e l'uccisione di Ambrosoli, eleménti perciò deila mafia italo-americana. Ma il finanziere, ammettendo questo, avrebbe fornito le prove di un disegno criminoso che ha sempre respinto con sdegno. Come in altri casi parte dell'opinione pubblica resterà convinta dell'intervento di oscure forze per eliminare un teste pericoloso. Ma, in realtà, la tesi dell'assassinio lascia molto perplessi. Renato Cantoni

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