Metti Ecuba in un salotto
Metti Ecuba in un salotto La Bolens, regista Tosco Metti Ecuba in un salotto TORINO — Colonne mozze, bianche sagome di guerrieri, specchi oblunghi e, in mezzo alla stanza pavimentata di losanghe bianche e nere, un divano déco, una sedia bianca con cuscino rosso: sembra la Grecia di Alberto Savinio, una Grecia domestica nella quale anche gli dèi ciabattano in vestaglia. Invece ci troviamo in una specie di spazio mentale dove, tra non molto, esploderà violenta e carnale la vendetta di Ecuba, moglie di Priamo e madre di Ettore, di Cassandra, della dolce Polissena che dovrà essere sacrificata come una giovenca sulla tomba di Achille. Ma non slamo sotto le mura di Troia distrutta. Ci troviamo proprio in un salotto, dove Donna Ecuba, nel suo nero, rimemora una pirandelliana signora Frola e le giovani che la circondano paiono delicate ragazze di casa strette nelle loro tunichette Anni Trenta. Donna Ecuba ascolta alla radio la voce di Mllly che canta «Addio mia bella signora» e comincia a leggere Ecubo, di Euripide. Via via che procede nella lettura, le parole si animano, materializzano volti e lutti. Ecco, comincia la tragedia. Il regista Adalberto Maria Tosco c'immette cosi nell'opera euripidea, rovesciando un dopoguerra lontano in un dopoguerra a noi più vicino e riproducendo schemi e modalità della tragedia greca. Ma con una differenza: ad Atene recitavano solo gli uomini, qui In scena ci sono soltanto donne. Anna Bolens, Anna Marcelli, Ivana Valla, Ariella Beddlnl e Mara Crast sono le officianti di questo rito di sangue nel quale la Bolens è la sacerdotessa suprema, la donna che agisce sulle spinte del proprio umanissimo dolore, mentre le altre interpretano di volta in volta, cambiando la maschera, i vari personaggi della vicenda. Con una ieraticità da oratorio, con il coro che recita in greco, sospeso sull'imprendibile misura della lontananza, lo spettacolo procede con rigore ed equilibrio, attento a un ritmo linguistico di potente suggestione. Alla «prima» dell'altra sera nella sala Valentino del Nuovo, tutta a beneficio dell'Associazione per la ricerca sul cancro, un successo. o. g.
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