Le prigioni del gentiluomo Ronnie

Le prigioni del gentiluomo Ronnie JOHN LE CARRÉ', ROMANZIERE E SPIA, RIVELA I RETROSCENA DELLA SUA VITA Le prigioni del gentiluomo Ronnie £' l'incombente figura del padre, da vivo poi da «fantasma», la chiave di Smiley e di altri personaggi dello scrittore - Bancarottiere e giramondo, era stato incarcerato a Giacarta, Hong Kong, Zurigo - Conti d'albergo non pagati, un viaggio aereo illegale dopo una partita a poker, truffe fatte o tentate Ma per molti era «un uomo affascinante, un vero gentleman» - «La sua era arte, era vita?» - «Perché, infranto il tabù, solo ora scrivo di lui» John Le Carré racconta la storia del padre, Ronnie, e di come la burrascosa vita di quel «Falstaff moderno» abbia influenzato la sua opera di narratore. Un «fantasma» che avrebbe continuato ad aspettarlo ancora molto tempo dopo la morte di Ronnie, quando fu chiaro allo scrittore che le proprie vicende di spionaggio erano in qualche modo una fuga dalla figura paterna, anche attraverso il personaggio di Smiley, reso famoso dal romanzo La spia che venne dal freddo e dagli altri che lo seguirono. A questo punto Le Carré comincia a staccarsi da Smiley e scrive /■Onorevole scolaro, ambientato nel Sud Est asiatico. ASingapore Ronnie aveva commerciate in vario modo, c spesso onestamente, fino a quando, senza preavviso, la Special Branch locale lo buttò fuori dall'isola non lasciandogli neanche il tempo di raccogliete la sua roba. A Giacarta si era di nuovo sconttato con la legge ed età finito in prigione. A Hong Kong, quando andai alle corse, fui avvicinato da un poliziotto dai modi gentili che aveva avuto il piacere di arrestare ancora una volta Ronnie c di sorvegliarlo mentre si trovava nella prigione della colonia aspettando d'essere espulso. Il poliziotto lo ricordava con tenerezza, come succede a molta gente, specialmente a quelli che lo conobbero nei momenti di sfortuna. Lo ricordava poco come prigioniero e di più come filosofo, assicurandomi che era un uomo grande e generoso. Ed è sempre stato così: quando avevo voluto che Ronnie andasse da una parte, lui andava dall'altra e faceva qualcosa di santo. E quando avrei 'Voluto che faceSsé'lé sue cose in 'modo migliòre, si comportava così orribilmente che giuravo di non parlargli mai più, a parte il fatto di portarlo a colazione al Savoy Grill, dove un emotivo maitre d'hotel lo riempiva di complimenti ogni volta che si incon travano e a me non riservava niente di meglio del conto. ff Dal playboy Non vidi mai Ronnie ir prigione, sebbene conservi dal l'infanzia un vivido ricordo, smentito in famiglia, di un saluto verso la finestra d'una prigione dall'altra parte di una ferrovia, dove credevo di aver intravisto la pallida forma della grossa testa di mio padre. Ma ho un tale orrore delle carceri che, quando recentemente ho dovuto visitare un amico in prigione, ho avuto l'incubo di essere io stesso che stavo visitando in quella spaventosa galera vittoriana dell'Inghilterra occidentale mio padre, il quale, per quanto fortunato, vi era stato incarcerato cinquantanni prima. Il suo ultimo breve passaggio in prigione, per quanto ne so, fu a Zurigo dove, come spesso era accaduto, dev'esserci stato un malinteso sul suo conto d'albergo. Gli svizzeri hanno leggi speciali per la gente che imbroglia gli alberghi e poca pazienza con gli stranieri che hanno temporanei problemi di liquidità. Dalla prigione gli consentirono una telefonata che per fortuna ricevetti a casa mia in Inghilterra quando arrivò. «Figliolo, disse con voce roca, non ce la faccio più». Con grande cortesia e denaro in ugual misura un fedele amico svizzero nel giro di poche ore lo tirò fuori. «Un uomo affascinante, mi disse poi, un uomo deliziosamente affascinante». Lo stesso giudizio echeggiò pochi mesi fa quando, allo scopo di mettere a punto i miei ricordi di Vienna per l'ultimo romanzo Una spia perfetta appena finito, scesi all'Imperiai Hotel. Arrivò momento di pagare il conto e il portiere era un signore anziano con un sorriso cortese, Prendendo la mia carta di aedito la lesse attentamente confessò di conoscere mio padre. Il mio cuore ebbe un tuffo perché gli alberghi evocavano in me cattive memorie, non soltanto di Zurigo. Quando avevo quindici anni, mio pa dre spedì mio fratello maggiore e me a Parigi a recuperare le sue mazze da golf al George Cinq, e dimenticò di dirci gno del suo conto da pagate, Fu una brutta scena, ma quando da una cabina chiamammo il suo ufficio in Mayfair, disse che era un equivoco e ci fece urgenza di andare a farci dare i soldi da un ambasciatore sudamericano al quale stava cercando di vendere del whisky senza marca, da spedire al suo paese per valigia diplomatica. L'ambasciatore, un playboy di mezza età, ci portò a cena e la sua bionda moglie cantò per noi canzoni d'amore russe in un night club, ma per i soldi non ci fu nulla da fare. Fu la mia prima esperienza della diplomazia. Non so che cosa successe poi del whisky e delle mazze da golf, ma mio fratello e io ci divertimmo un mondo a bere vino e mangiare baguettes di pane con i clochard! sotto un ponte della Senna. Un anno dopo, Ronnie mi mandò a St-Moritz a fare moine al padrone di un altro grand hotel al quale doveva una fortuna. Il proprietario quasi pianse, ma non mollò sul denaro. Erano i giorni della restrizione a 50 sterline per i.viaggi all'esecro degli inglesi. Avendo convinto' -l'albergatore a fart'icìediti'Jllimitati ai-suor amici britannici, Ronnie aveva raccolto il loro' denaro in Inghilterra, ma qualcuno aveva mancato di trasmettere la somma all'albergatore. E quando andai al Royal Hotel di Copenaghen, il direttore mi presentò un detective danese il quale avrebbe voluto parlare a Ronnie di un viaggio illegale che egli fece su un aereo cargo della Scandinavian da New York a Copenaghen. Secondo la storia del detective, avrebbe fatto amicizia con l'equipaggio durante una partita a poker in un albergo di Manhattan e quelli l'avrebbero preso a bordo in pagamento di un piatto. Ma all'Imperiai di Vienna, quando mi trovai davanti quel portiere pochi mesi fa, non avrei dovuto preoccuparmi Ronnie non aveva lasciato cgfrergdms conti da pagare né mazze da golf, né lamentele. Non si era fatto prestare soldi dal portiere, non si era offerto di portare in Inghilterra il suo orologio d'oro per farlo valutare o di investire i risparmi della moglie in affari sicuri. Era semplicemente accaduto che Rbhn'ic Saliitàva' à poca distanza dall'albergo e nelle serate di solitudine lui e il portiere erano stati seduti insieme davanti a un bicchiere di vino a chiacchierare delle cose del mondo. Quei peccati «Un vero gentleman», mi disse il portiere con quel filo di rimprovero al quale sono abituato in questo genere di conversazioni. «Uno del vecchio stampo che non c'è più». Ancora oggi non riesco a presentare il mio passaporto a una frontiera senza un moto involontario di nervosismo. Ma non è più il pensiero dei suoi debiti che mi spaventa. Non è nemmeno il pensiero delle sue vittime, che nel complesso sembrano essere state una folla comprensiva e generosa. E' la paura di incon¬ trare qualcuno che abbia avuto modo di volergli bene. Se i peccati di Ronnie erano difficili da perdonare, il sub buon cuore e la prorompente umanità erano insopportabili. Ma il mio libro su Ronnie doveva essere un racconto di fatti veri o un 'romanzo? Fino al 1980 pensavo d'ingaggiare un investigatore che rintracciasse il percorso di Ronnie negli anni passati in esilio all'estero in seguito al suo crollo più spettacolare. L'avrei intitolato direttamente: Mio padre. Una memoria. Può darsi che un giorno lo faccia, sebbene, al punto in cui mi trovo ora, ne dubiti. Da ex diplomatico, non ho fiducia nelle perorazioni che si spacciano per obiettività. Mi pareva che la verità potesse emergere più facilmente dal romanzo che dagli speciosi argomenti dell'informazione «documentaria» D'altra parte lo stesso Ronnie non era mai sicuro a quale delle due categorie appartenesse. La sua era arte, era vita? Come per un narratore, le sue finzioni erano la sua realtà, sia che stesse imbrogliando un'anima sfortunata in un investi mento truffaldino, sia che portasse avanti un rapporto che gli importava al massimo. Nascosto in una cittadina dell'India del Nord dimenticata da Dio, un bicchiere del whisky di qualche dama davanti a lui, avrebbe sempre trasmesso a me, e ' senza' dubbio 'agli altri suoi figli, tali fantasie sulla sua imminente resurrezione finanziaria quali soltanto un romanziere avrebbe rischiato. Come per un romanziere, tuttavia, le tracce nascoste della sua ispirazione sarebbero stare abbastanza chiare se si fosse scavato un po', specialmente se lo faceva qualcuno che avesse provato a scrivere racconti di fantasia. Per esempio, durante una partita aveva incontrato un tale che gli aveva raccontato una storia sulla vendita di aerei ai Pathan. Un altro gli aveva detto che c'era da fare una fortuna con le Rolls-Royce dei Maraja immagazzinate nei garage. Un terzo l'aveva ultimamente portato a una specie di orgia con l'amante di un ministro. E Ronnie, come di colpo, aveva tessuto tutti questi fili in una scala di seta che gli avrebbe consentito di fuggire dal pozzo della sua sfortuna. Tutti i problemi erano già risolti. Con l'appoggio del ministro avrebbe esportato le Rolls-Royce e compraro aerei da vendere ai Pathan, la cui causa naturalmente aveva sostenuto tutta la vita Con i proventi della vendita degli aeroplani, avrebbe comperato una piccola proprietà nel Dorset, in cui avrebbe messo vacche e maiali, creature sempre rimaste care al suo cuore. E con questa piccola proprietà nel Dorset e una brava donna che si occupasse di lui, non avrebbe mai più chiesto niente alla vita. Tutto ciò di cui aveva bisogno subito per mettersi a posto erano un paio di migliaia di sterline per quel cruciale primo affare delle Rolls-Royce... Inoltre, come a un romanziere (diciamo, come a me), a Ronnie era accaduto di essere così intrigato dalla propria immaginazione da non essere più capace di distinguere fra il mondo com'è e il mondo che pensava di poter controllare con la fantasia Per poter ingannare gli altri, un inventore di trucchi spesso deve prima ingannare se stesso. Nel mondo dello spionaggio ho osservato persone ritenute sane diventare succube del medesimo processo di auto-inganno. Ho anche scritto un libro sull'argomento, dal titolo Lo specchio delle spie. La decisione di Ronnie, pochi anni dopo la guerra, di proporre la sua candidatura per l'elezione alla Camera dei Comuni, fu un perfetto esempio di questo pericoloso comportamento. Chiunque avrebbe potuto informarlo che, se ci si presenta a un'elezione, i particolari della,, vita passata sono, suscettibili di essere va? gliati in modo non amichevole. Ma Ronnie andò avanti avvolto in una specie di bolla d'aria che si era acato perché lo portasse di peso verso i comizi. «A mìa madre sarebbe piaciuto. In fondo al cuore noi siamo tutti liberali. Il Paese ha bisogno del mio talento». Il candidato Prima ne parlò ai suoi amici, poi loro ne parlarono a lui. Chi dubitava, se c'era, non venne ascoltato, come sempre succede. Esprimere dubbi voleva dire essere dei cinici e i cinici erano le peggiori creature nel bestiario privato di Ronnie, accanto ai lacchè (gli impiegati statali), agli imbonitori d'aria (gli intellettuali) e ai balordi (i non credenti). Non importava che lui non sapesse niente di politica. Non importava che in qualsiasi serio dibattito, di fronte a menti meno generose della sua e prive della sua rcrorica, sarebbe caduto sicuramente come uno dei suoi cavalli davanti al primo ostacolo. La sua personalità, sempre parola magica fra i suoi fedeli, avrebbe vinto. Il suo incredibile cervello, altre parole magiche, avrebbe assorbito, rielaborato e ripcruto tutto ciò che un onest'uomo aveva bisogno di sapere per diventare deputato. Saperne di più era soltanto snobismo. Così ci mettemmo a girare per il suo collegio elettorale, un'intera banda di famigliari e onorati amici, a far propaganda sul suo nome per quanto ne fummo capaci. Elogiammo la sua cristiana frugalità, gridammo il suo nome negli altoparlanti e distribuimmo fotografie della sua grande testa, in alcune delle quali, ricordo, si vedeva anche una rassicurante pipa. Battemmo a una porta dopo l'altra per persuadere la brava gente che Lloyd George si era reincarnato ed era il loro candidato. Lo descrivemmo come un padre amoroso e astemio e un uomo che aveva fatto la sua parte in guerra, trascurando il fatto che durante il conflitto Ronnie aveva usato l'artificio di un'altra candidatura parlamentare per sfuggire agli inconvenienti delle battaglie. E quando un oscuro messaggero del partito conservatore strisciò vicino a Ronnie -una scia e minacciò di pubblicare le brutte notizie riguar danti il suo passaro se non si ritirava, Ronnie rifiutò di farlo, promettendo querele contro chiunque attentasse alla sua reputazione, cosa che fece conrinuamentc per tutta la vita. Non so come, se la cavò per un pelo e, poiché i conservatori erano adesso i suoi grandi nemici, alla fine venne battuto dal candidato labori sta che andò in Parlamento. Mentre scrivo questo, mi ricordo del giorno in cui Ronnie apparve sulla mia porta a Bonn, dove stavo pomposamente dandomi da fare come diplomatico. Dietro di lui, sulla strada, c'era una strana cosa dalla forma di scaldaletto su ruote, che risultò essere il ptototipo di un'automobile anfibia della quale proponeva di acquisrare il brevetto. L'aveva guidata giù per l'auto¬ strada da Berlino, sotto lo sguardo della polizia della Germania Est, e adesso appariva molto dispiaciuto che la corrente del Reno fosse troppo forte per porrare suo figlio a fare un giro. Dovetti essere io a ricordargli che non sapeva nuotare. Tra i bugiardi Infine, che cosa ha rorto il mio tabù? Che cosa mi ha messo in grado di scrivere su Ronnie, doporurto? In parte è stato lo sforzo di pensare a lui per così lungo tempo. Gli avevo voluto bene o l'avevo odiato? Ormai non imporrava più. Avevo fatto le due cose tanto ampiamente che le distinzioni erano scomparse e con esse ogni pensiero di giudizio. Ero sfuggito ai suoi inganni soltanto per trovarli riprodotti intorno a me nei castelli dormienti dell'Inghilterra segreta dove avevo preso rifugio. Avevo incontrato falliti più grandi di Ronnie, più grandi ipocriti e più grandi bugiardi, abbigliati negli orpelli di grandi incarichi e ancora in ascesa, con pensioni indicizzate e cavalierati per portarli fino alla vecchiaia. La differenza era che questi mentivano obbedendo a cause ritenute ideali e facevano i loro naufragi in nome del servizio. Ciò che ruppe il tabù, per me, fu l'accorgermi che non erano stati i Ronnie ad aver fatto dell'Inghilterra o del mondo l'attuile casino. Non t? dissenzienti, i ladri, gli eretici,i denigrarori e nemmeno i traditori, ma uomini fedeli in abiro grigio, che marciavano ciecamenre alla musica delle loro fedi istituzionalizzate. La giustificazione di Ronnie non è nell'anatomia dei suoi inganni, ma nella colpevole obbedienza dei suoi avversari naturali, ai quaii io stesso sono appartenuto in un esagerato impulso di fuga da lui verso la rispettabilità. Il romanzo avrebbe funzionato soltanto quando i peccati del figlio fossero stati visti altrettanto grandi di quelli del padre e quando entrambi fossero srati giudicati minori dei peccati della collettività, che i due uomini hanno alternativamente ingannato e servito. John Le Carré Copyright «Authors Workshop», 1986 e per l'Italia «La Stampa» John Le Carré: «Per poter ingannare gli altri spesso bisogna ingannare se stessi» (Ag. Volpe. Gentile concessione del mensile «Max») Claire Bloom e Richard Burton in «La spia che venne dal freddo», il film che Martin Ritt ha tratto dal libro di Le Carré