Un po' di pietà per Serrault l'avaro

Un po' di pietà per Serrault Favaio L'attore ha interpretato magistralmente Molière con la regia di Planchon Un po' di pietà per Serrault Favaio li, scena al Théàtre National Populaire, lo spettacolo restituisce al testo uno slancio vitale e rigenerante - Eluizione integrale, anche nei ruoli muti - La Girardot è una Frosina perfetta - Ovazioni del pubblico DAL NOSTRO INVIATO LIONE — Com'è trascinante la creatività di un regista quando riesce a restituire ad un capolavoro del passato tutto il suo slancio vitale e ad avvolgerci nel suo soffio, che par quasi rigenerarci... L'avaro di Molière, che sabato scorso il regista Roger Planchon ha proposto alla critica francese e a qualche ospite straniero, nel suo Théatre National Populaire a Vllleurbanne, è il frutto di una di queste regie d'eccezione, che potremmo chiamare slnergetlche: tre ore di spettacolo, non una battuta di Molière soppressa, mai un istante di distrazione, una complicità continua. Planchon rilegge il dramma molieriano (lo definisco cosi, e non commedia, a bella posta) come un vasto affresco sulla borghesia mercantile del Seicento e ad un tempo come una spietata radiografia della solitudine senile. Alla borghesia ricca e usuala richiama la stupenda scena fissa di Ezio Frigerio, un vasto salone al pianterreno, un androne-magazzinoscrittoio dal pavimento di legno grigio, un alto muro sul fondo percorso da crepe, rade finestrelle-abbaino proprio lassù, all'estremo. Questo è l'universo intero del vecchio strozzino Arpagone, l'avaro del titolo: qui è 11 crocevia delle passioni Irrequiete dei figli Cleante ed Elisa, qui lo spiazzo delle Inutili ribellioni dei servi, il foro delle trattative tra lo smanioso capofamiglia e la mezzana Frosina, persino la sala di ricevimento dell'ambita vedovella Marianna. In questo spazio quasi etologico, i personaggi, mentre parlano, agiscono, cioè vivono in tutta la concretezza della loro terrestre quotidianità di parigini del 1668. Elisa, in camiciola e mutandone, fa all'alba l'amore con Valerio, sul materasso d'un abbaino, suo fratello e 1 servi a torso nudo si lavano al risveglio in varie tinozze, di 11 a poco nettano lo spiazzo a getti d'acqua e grandi scope setolose, e poi, vestiti dei loro panni ruvidi, vanno allo scagno a tirare su balle di merce. Questa vivezza degli atti «bassi, e minuti, in cui Planchon è maestro, rivivifica, con lo spessore d'una storicità festevolmente reinventa¬ ta di continuo, la retorica «alta», vagamente astratta, del padre In fregola tra sesso e denaro, dei figli impazienti, dei minacciosi o pavidi subalterni. E i costumi all'olandese di Jacques Schmid., chiaramente ispirati alle tavole di un Franz Hals, e le luci vaporose, un poco avvolgenti, di André Diot concorrono mira¬ bilmente a questa «rimessa in attualità», pressoché radicale, di un classico bello, ma non bellissimo. Certo l'Impaginazione non è il corpo della lettera. Voglio dire che a codesto risultato contribuisce in maniera determinante la direzione e la resa degli interpreti. Planchon orchestra 1 ventidue ruoli (anche qui non una parte soppressa, comprese le nove totalmente mute) come altrettanti solisti da camera: impone loro crescendo vertiginosi di parola e azione (le corse degli innamorati, che paiono frenetici), pause inattese (c'è tutta una strategia di controscene, compresi 1 molti appostamenti in pro¬ scenio), lunghi meditativi silenzi. In questa ritmica di gesti e toni s'inserisce, con la consumata perizia d'un vecchio attore di teatro, mentre è al suo primo classico, quella star del cinema che è Michel Serrault. CI si poteva aspettare da questo comico boulevardier una gamma di effetti piuttosto vistosi: invece, com'è accaduto a gennaio,, con Pirandello al suo partner Tognazzl, con molta discrezione sbozza un Arpagone tra 11 losco e lo stordito, il proditorio e l'Indifeso: e poi, sempre più smarrito, cede al fallimento e alla solitudine, con accenti di spossata stanchezza, mentre tutti lo abbandonano, redine sulla sua cassetta di ghinee. Lo spazio ci vieta di evocare i migliori tra gli Interpreti, per altro ignoti al lettore non professionista: mi si lasci dire che la notissima, e amata, in Italia, Annle Olrardot delinea, a colpi di spatola, una Frosina d'una lucida e pera In gala mascalzonagglne, una malvivente d'alto bordo pressoché perfetta. Ovazioni del pubblico, repliche Uonesl tutte esaurite. Guido Davlco Bonino

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