Le Carré: «Spiando mio padre»

Le Carré: «Spiando mio padre» IL CELEBRE SCRITTORE E AGENTE SEGRETO RACCONTA I RETROSCENA DEI SUOI ROMANZI Le Carré: «Spiando mio padre» L'autore di «La spia che venne dal freddo» rivela in questo memoriale particolari inediti della sua infanzia e giovinezza - Ne emerge la figura del padre Ronnie, dalla vita sregolata e picaresca - E' l'imprevedibile e involontario ispiratore di tanti personaggi, a cominciare dall'indimenticabile Smiley - Le avventure e gli inganni di un «vecchio giocoliere» - «H suo fantasma era già là ad aspettarmi» MIO padre Rónnic ebbe una magnifica morte, anche se ancora piuttosto giovane, per un colossale infarto di cuore all'età di 69 anni, in un pomeriggio d'estate del 1975 in un cottage della campagna inglese, dopo ava vissuto tutta una vita di perfetta salute e di sfrenata indulgenza verso se stesso. Aveva guardato alla televisione il suo sport preferito che era il cricket. Aveva finito una ricca colazione con i suoi piatti preferiti, arrosto di agnello, pudding e formaggio, accompagnati dalla consueta sinfonia di alcol per mandare giù il tutto, perché era sua abitudine trasformare ogni pasto in un banchetto. 1 suoi appetiti avevano portato alla rovina le sue molte famiglie. Era domenica. Nessun Falstaff moderno avrebbe potuto augurargli una morte migliore. Le realizzazioni della vita di Ronnie erano state splendenti, anche se non ortodosse: un se guito di bancarotte lungo qua si cinquantanni e per un tota' le di parecchi milioni di sterline; letteralmente centinaia di ditte con grandiosa carta inte stata e nemmeno un ccntesi mo di capitale; una schiera di fedeli amici che sorridevano delle sue avventure commer ciali anche quando ne erano vittime; quattro figli sani e riusciti; sette nipoti; una fède incrollabile nel suo Creatore; brevi periodi di prigione in due Continenti, che non avevano lasciato nessuna traccia visibile sul suo atteggiamento benevolo e quasi vescovile; una coscienza che gli perdonava tutto; spettacolari gesti di carità personale che sarebbero stati ricordati dai beneficiari finché avessero avuto fiato; e una virilità sessuale che, come mi aveva assicurato soltanto pochi mesi prima, poteva ancora risultare sorprendente. Gli scenari della sua vita al momento in cui fini non erano meno impressionanti: un appartamento in Chelsea, uffi ci in Jermyn Street, credito nei migliori ristoranti del West End, viaggi all'estero alla grande, belle auto, abiti e scarpe su misura e una così generosa ospitalità (sempre quando si trattava di pagate apponendo una firma) che anche i rwiofeienziosi déBVsùa cerchia -finivano per arrendersi c cercare di ricambiarla. La cremazione, il funerale, la dispersione delle ceneri un servizio funebre a Londra segnarono il suo trapasso. Io partecipai soltanto alla prima di queste cerimonie deludendo amici e famiglia perché mi rifiutai di tenere un discorso. Ma ero stato nei suoi uffici a Jermyn Street il giorno dopo la morte ed era come se ci fosse caduta una bomba. Lettere, documenti ed estratti conto, tutti in inchiostro rosso, di banche nazionali ed estere giacevano sparsi a mucchi sul pavimento, schedari rovesciati fcardavano a bocca aperta enetici impiegati che frugavano in quella confusione cercando di capire dove era finito tutto il denaro. Solidi come si altamente dovevano essere alcuni dei suoi affari, fedeli, onorati e coscienziosi come erano di sicuro i suoi collaboratori, non si trovava più un soldo e la mia opinione è che non ce n'erano mai stati. Andatosene il vecchio giocoliere, alla fine i piatti erano tutti caduti a terra. Uno sconvolto impiegato mi disse che non c'era abbastanza per le paghe fino alla fine della settimana. Non c'era nessuna proprietà, non c'era nulla che fosse stato pagato, niente costituiva un'eredità di Ronnie e lui doveva saperlo bene, perché non si era dato il disturbo di lasciare un testamento. L'appartamento di Chelsea era ipotecato per il doppio del suo valore, le automobili furono urgentemente chieste indietro da ansiose agenzie di finanziamento e del resto non ricordo ci sia stato un tempo in cui questo non era avvenuta Mentre me ne andavo, una bella ragazza mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi fra le lacrime. «Dobbiamo andare avanti», disse e non sono ancora certo che cosa volesse dire. Due cavalli Le uniche disponibilità a sorpresa risultarono due cavalli da corsa dei quali per qualche ragione fu data informazione con un sussurro, in segreto. Negli Anni Cinquanta Ronnie ne aveva avuti parecchi, alcuni dei quali portavano nomi dei figli e uno che si chiamava Tummy Tunmers prendeva il nome da lui stesso e da una grande casa nel Buckinghamshirc dove avevamo vissuto con un cuoco austriaco, un giardiniere polacco, una cameriera jugoslava e un auti sta inglese. . . •"* KrWTB ere^p*c«£frH,'> questi-due* cavalli -tkivevtóo'] essere sopravvissuti in qualche modo alla rapacità dei curatori fallimentari. Uno era stato mandato in Irlanda, l'altro t Parigi lontano dai poco sportivi sguardi dei creditori. Battendo una mano sul fianco del suo cavallo di più recente acquisto, durante una delle nostre rapide visite alle stalle di Ncwmarket, a Ronnie piaceva dire: «Figliolo, questo e quello che ci metterà a posto, segnati mie parole». E a credeva come ci credevo io. Quando Ronnie era lì a parlarne, ogni cavallo da corsa sembrava un asso. Fin da quando ho cominciato a scrivere e molto prima di essere pubblicato ho tentato di scrivere su mio padre, Quando ero giovane e lontano da lui, i miei sforzi venivano ] sciupati dall'amarezza, perché Ronnie nell'amore per i suoi figli era volubile e possessivo. Noi eravamo la sua creazione, la sua giustificazione, il suo beau idéal e che il cielo aiutasse una donna, mia o sua, se negli anni formativi della mia vita accampava diritti sul suo territorio. Quando ero già avanti nell'adolescenza non ci pensava due volte a perquisire la mia stanza o ad ascoltare di nascosto le mie telefonate, sebbene con grande rimpianto io abbia condotto una vita giovanile senza macchia. Quando una delle agenzie britanniche di Intelligence fece un approccio preliminare verso di me, fu Ronnie, non io, ad aprire la doppia busta spedita da qualche falso dipartimento del Foreign Office e a telefonare a qualche amico Whitehall per sapere che cosa diavolo volesse questo ammi raglio Tal dei Tali da suo figlio. Vent'anni dopo, quando mi capitò di essere intervistato alla televisione su fatti della mia vita e non lo menzionai come l'architetto che l'aveva disegnata, prima minacciò di querelarmi, poi andò dal mio amministratore e come gesto di compromesso chiese un risarcimento di diecimila sterline. 1 suoi sistemi di spionaggio, per quanto alla carlona, erano straordinariamente efficaci. Quando fui in condizione di fare un confronto, mi resi conto che essere figlio di Ronnie era come lavorare per un servizio segreto composto da un solo uomo. O si spiava per lui o su di lui. Ma spesso capitava di fare le due cose in sieme. Aveva le sue case sicu re. Aveva le sue storie di copertura che in presenza delle sue molte amiche mi veniva chiesto dLcony,alidarc e soste- XT__ L— conosciute^ nessuno migliòre di lui nel resistere agli interrogatori. Aveva i suoi giri e suoi contatti che richiedevano di essere alimentati regolarmente. Aveva mezzi di trasporto necessariamente clandestini e fondi neri non soggetti a controlli. E aveva i suoi corrieri: «Ronnie dice che l'assegno sta arrivando», dicevamo intorno a noi, mostrando più convinzione di quanta avessimo. Era un messaggio che chi dipendeva da lui diffondeva fra metà dei commercianti del quartiere e anche metà dei vicini. Aveva inoltre falsi nomi t false personalità. Occasionalmente, come accade ad altre spie, a Ronnie succedeva di trovarsi faccia a faccia con qualcuno che lo aveva cono- rrtré E' lo facevo. Non hcyrìraH sciuto sotto altre identità. Una volta ebbi il privilegio di assistere a come se la cavava in questo caso mentre veniva iMamato' ■* ÀloWllò ' Tizio. «Colonnello?», disse. «Che colonnello.' Non scherziamo. Siamo tutti civili adesso». Tutto questo lo faceva per il bene dei figli, come ringhiava sommessamente quando litigavamo. Per vederci a posto, secondo lui. Per elevarci a una qualità della vita che sentiva essergli mancata. Ma perché sentiva questo? Era nato con un nome rispettabile. La sua famiglia era decorosa e suo padre una figura localmente riverita. Con una madre e tre sorelle a coccolarlo, aveva conosciuto il contrario di una vita dura. Ma si aggrappava cosi accanitamente all'idea dei suoi svantaggi che la vera ragione del suo modo di vivere era diventata il mentire anche a se stesso. Nei rari periodi in cui aveva denaro lo gettava via, ma non per noi. I suoi cavalli, il suo denaro e le sue feste gli costavano cento volte di più della nostra educazione. Ma verso là fine dei suoi giorni credeva di aver vissuto una vita di sacrifici per i figli. I segreti Come Ronnie mi spiava, così io imparai a spiare lui. Recentemente ho scoperto che non sono il solo dei suoi figli che faceva incursioni fra le sue carte personali, metteva le mani nelle tasche dei suoi abiti di cashmere e .nei soprabiti di cammello, cercava di decifrare i notes e le agende che lasciava in giro nel suo spogliatoio vicino alle biografie mai lette di Lloyd George e di qualche grande avvocato del giorno. I miei fratelli e io siamo ancora gente poco rumorosa. Ronnie non si fece mai sentire se non voleva. I miei primi scritti su di lui datati 1959 sono davvero nauseanti. Ero troppo una parte di lui per vederlo in prospetti va e ne scrissi, temo, nella maniera molto cosciente di sé di un Gosse o di un Ackcrlcy, volendo che il lettore mi credesse un'anima tenera schiacciata da un despota. Non ero schiacciato affatto. Stavo conducendo un'aspra battaglia per trovare la mia identità, della quale mi pareva mio padre si fosse impossessato illecitamente. Se qualcuno a quei tempi faceva del dispotismo, quello ero io. Altrettanto sbagliato fu il mio sforzo in quei primi tentativi (per motivi altamente letterari o di discrezione, non lo so più) di separare il mio rapporto con Ronnie dal mio coinvolgimento nel mondo dello spionaggio, dal quale ero uscito prima dei trent'anni. Non soltanto omisi questo aspetto della storia. Fui abbastanza stupido da non ricono¬ scere che le mie oscure lotte con i demoni del comunismo potevano almeno in parte essere la continuazione della mia guerra segreta con Ronnie con altri mezzi. Ci volle la sua morte e ancora molto scrivere perché riuscissi a unire le mie due vite e a fare la stessa connessione nel romanzo. Così è accaduto che per venticinque anni, tutte le volte che finivo un romanzo, continuavo a ripassare le pagine ingiallite di un manoscritto che testimoniava la mia frustrazione. E rutte le volte, mentre le rimettevo di nuovo da parte, mi rifugiavo in vici ne figure paterne come queila di George Smiley, che era si gnificativamente senza genitori, e le caricavo dei mici sfuocati rimuginamenti sull'amore la fedeltà. «Questa sarà la mia strada», cominciai a pensare nella disperazione in cui si crogiolano gli scrittori. «Il mio grande libro sarà quello che non scriverò mai. Quelù che scrivo saranno come da satelliti che ruotano attorno a un centro inesistente». Peraltro lo stavo inseguendo anche se non lo avevo ancora in vista. In Un ingenuo e sentimentale amante detti per padre al mio personaggio principale uno slavato Ronnie, anche se ne feci un taverniere e un vagabondo. A quel tempo Ronnie era vivo e sebbene mi avesse detto una volta che non aveva mai letto un libro in tutta la sua vita, compresi i mici, i suoi amici glielo facero sapere e per un po' accarezzò l'idea di portarmi in tribunale, luogo che aveva sempre amato sebbene le sue apparizioni ir quel posto raramente siano fi nite in modo felice. Ci provai una seconda volta con l'Onorevole scolaro, facendo di lui questa volta noi oste ma un defunto magnate 'rjyia'iti.rnjjaì'e un*" terza volta in La Tamburina, ma in modo piuttosto obliquo. In quel romanzo la mia eroina Charlie si dà a raccontare grandi storie su suo padre per darsi importanza. Tuttavia molte cose non vere sul padre di Charlie erano vere per quanto riguarda il mio. A quel punto Ronnie era morto e mi sentivo più capace di distendermi Per me un altro importante aspetto della Tamburina era che avevo cercato di scrivere un libro senza farci entrare per niente Smiley. Pochi anni prima l'avrei voluto in tutto ciò che avessi scritto; significava che inconsciamente stavo già facendo spazio all'idea di saivere su mio padre. Non che il trapasso di Ronnie abbia mai rischiarato la strada più di quanto abbia fatto Smiley. Con la morte Ronnie non fece l'ultimo tentativo di scomparire. Al contrario, i problemi di romanzarlo diventarono più angosciosi che mai, perche senza lui intorno a controllare il flusso fui presto sommerso da un'alluvione di notizie contrastanti su di lui, che aggiunte alle mie memorie e rivelazioni precedenti non facevano che ispessire il suo mistero. Un amore Cera la specialissima questione della signora di cui non avevo mai sentito parlare che, poco dopo la sua morte, mi scrisse un certo numero di lettere da una capitale europea attraverso il mio editore, insi stendo che avevamo avuto una travolgente storia d'amore sul «Roma Express». Non erano lettere di una pazza, erano afflitte e insolitamente precise su aspetti particolari, sebbene io non avessi mai viaggiato sul «Roma Express» e certamente non ci avessi mai fatto l'amore. Diceva dell'intimità che era nata fra noi in così poco tempo. Diceva che aveva atteso invano di vedermi ricomparire a casa sua per riprendere il nostro idillio. Disse che era andata ai treni con i quali le avevo promesso di arrivare e non ero arrivato. Mise nelle buste fotografie domestiche di lei seduta a un camino mentre leggeva un libro dal titolo indecifrabile aspettando che la raggiungessi. A un occhio esperto appariva come una delle meno ambiziose conquiste di Ronnie: buona per una cosa alla svelta. Avevo sentito abbastanza spesso, dell'abitudine di Ronnie di presentarsi come mio surrogato, ma mi era del rutto nuova la nozione che potesse davvero mascherarsi da suo fìglicuDal jrhanetttcriit cui ert| stato travolto dall'orgoglio per il mio successo, sapevo che andava proclamando di essere il mio mentore letterario e l'angelo custode delle mie fi nanze, come aveva trattato miei accordi per i film tratt dai libri e amministrato i proventi e come non facessi un passo nella mia carriera senza consultarlo. C'erano anche state le inquietanti lettere del direttore ai un noto studio cinematografico di Berlino Ovest che aveva l'impressione che io mi fossi impegnato ad affidargli il mio prossimo film. Ma risultò che era stato Ronnie a contattare lo studio, Ronnie che aveva preso gli appuntamenti e li aveva trovati di suo gusto. Senza dubbio aveva anche permesso al suo ospite di pagar¬ d | gli alcune delle spese. Ma per quello che ne so ora, sono certo che i favori che ottenne furono casuali. Quello che gli era veramente piaciuto era stato di andare in giro seduto su una grossa macchina, inondato di gloria riflessa e convinto di essere un nuovissimo e grandissimo magnate dello schermo. Possiamo perdonare quasi tutto ai nostri genitori quando sono orgogliosi di noi. Comunque il pensiero che Ronnie potesse aver vissuto la mia vita amorosa mi riempiva di disagio. Avevo abbastanza problemi miei senza che Ronnie ci aggiungesse i suoi. Che cosa dovevo tare? Tutti quelli che consultai mi consigliarono di non scrivere alla signora. Mi passò per la testa di mandarle una fotografia di Ronnie in cambio della sua e di aspettare la reazione. Ma a quale scopo? Fotografie della mia vera faccia erano già visibili anche per lei sul retro dei miei libri ed ero sempre stato scrupoloso nel fornire l'anno della mia nascita nel risvolto, avendo proprio in mente contingenze di questo genere o simili. Le bastava andare da un libraio della sua città a vcrifio scoprire il vero sull'identità del suo amante. Un nuovo e quasi altrettanto sconcertante pensiero mi assalì a questo punto: c'era forse un terzo uomo, qualcuno della mia stessa età e dal mio aspetto che stava prendendo a prestito la mia identità? Una brava signora che a quel tempo scriveva a macchina per me aveva lavorato per un Lord di Giustizia. Mi confidò che i giudici hanno un effetto erotico su certi tipi di donne e la loro posta spesso contiene proposte irrispettose. Con il mio consenso mandò alla mia corrispondente una lettera formale del Lord nella quale si diceva che il disturbo doveva cessare. E di fatto cessò, ma non nella parte della mia testa che si occupa dello scrivere, dove la nozione di Ronnie che fa l'amore al posto mio è rimasta viva ancora oggi. Le avrà confidato le angosce di una solitaria vita di scrittore? Vorrei saperlo. Le avrà descritto i miei dubbi, i blocchi, le insicurezze, le notti insonni mr.itre dipano i miei intrecci * incroci i'uno con .-, raltro i miei personaggi? E c'era negli immaginari tenitori delle nostre separate fantasie qualche zona in cui si scontravano le nostre rivalità? Tutte queste caotiche meditazioni non rischiaravano per niente la mia mente in vista del libro che ancora mi sfuggiva e ancora una volta, nella mia vita come nei mici romanzi forse, scappai da mio padre per trovare rifugio nel mondo dello spionaggio. Con Smiley come compagno immaginario di viaggio partii per il Sud Est asiatico per cominciare a lavorare all'Onorevole scolaro, sebbene avrei dovuto sapere che il fantasma di Ronnie era già là ad aspettar- mi John Le Carré Copyright Authors Workshop, 1986 e per l'Italia «La Stampa» Londra. Lo scrittore John Le Carré (Foto Tom Stoppard - Copyright «Sunday Times»)

Persone citate: Agente, George Smiley, Gosse, Lloyd George, Smiley, Tom Stoppard

Luoghi citati: Berlino, Irlanda, Italia, Londra, Parigi, Roma