Perché Cossiga ha votato al Csm

Perché Cossiga ha votato al Csm LETTERA DAL QUIRINALE Perché Cossiga ha votato al Csm Caro Direttore, il prof. E. Galli della Loggia nell'acuto articolo di commento alla elezione del vicepresidente del Consiglio Supcriore della Magistratura intitolato cSe vota il Presidente», pubblicato ne /..: Slampa del 15 marzo, pone il seguente quesito: <-Ma è opportuno che il Presidente della Repubblica si schieri con una parte contro l'altra?». Se ben capisco il senso di questa domanda, non si nega che il Presidente della Repubblica, presidente del Consiglio Superiore della Magistratura abbia il diritto di votare per la elezione del vicepresidente: si pone in dubbio che sia opportuno che faccia uso di questo diritto. Ora, se si esaminano i precedenti, risulta che in occasione delle elezioni del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura la consuetudine di gran lunga prevalente è quella del voto presidenziale positivo, e non quella della astensione (sci volte su nove). Inoltre risulta che i presidenti Gronchi, Leone e Pertini si sono in sostanza attenuti più o meno a questo criterio: si sono astenuti quando si era delineata una larga confluenza su una candidatura; hanno votato per un candidato quando il risultato appariva incerto. Se è così, se quasi tutti i Presidenti della Repubblica fino a Pertini, hanno ritenuto di doversi comportare nel modo in cui si è comportato il presidente Cossiga, qualche motivo deve pur esserci. E i motivi sono più di uno. Innanzi tutto la presidenza di questo organo di rilevanza costituzionale conferita al Presidente della Repubblica non ha carattere simbolico o puramente decorativo: esso è tale da conferire al Presidente della Repubblica una presenza attiva, e quindi precisi poteri e diritti-doveri, tra cui quello di votare, in occasioni importanti, in un collegio che, senza il suo voto, risultereb¬ be di un numero di votanti pari. In secondo luogo, per la elezione del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura il regolamento prevede che dopo le prime due votazioni per le quali è richiesto, ai fini della elezione, un quorum pari alla metà più uno dei componenti del collegio, è sufficiente, per ottenere un risultato positivo nei successivi scrutini, il maggior numero di voti espressi; ciò significa che in presenza di forti dispersioni su diverse candidature il vicepresidente può essere eletto anche con pochissimi voti. Poiché nessuno sa in anticipo che cosa può accadere, si è ritenuto finora consigliabile ed opportuno che il Presidente della Repubblica, almeno a partire dal terzo scrutinio, eserciti il proprio diritto di voto: ciò al fine di evitare situazioni di stallo, che in caso di parità di voto, comportano il ballottaggio (questo si, veramente lacerante), o elezioni con un sostegno di voti troppo esiguo per una funzione cosi importante e delicata. E* avvenuto cioè l'esatto contrario di quanto sembra ritenere giusto il prof. Galli della Loggia: il Presidente della Repubblica tende ad astenersi in presenza di una larghissima confluenza di consensi su un candidato: ma esercita il suo diritto-dovere quando sia incerto l'esito, perché è interesse preminente che al risultato utile comunque si pervenga. Mi consenta di ricordare, caro direttore, a conclusione, che un giudizio molto sereno su questa elezione è stato dato dai consiglieri di Magistratura Democratica (elettori del prof. Smuraglia): essi hanno dichiarato che «la recente elezione... ha segnato un importante passo in avanti rispetto al passato. Il candidato riuscito eletto, il prof. Cesare Mirabelli, è stato individuato indipendentemente da logiche esterne e da indicazioni precostituite». Antonio Maccanico Segretario generale della Presidenza della Repubblica.

Persone citate: Antonio Maccanico, Cesare Mirabelli, Cossiga, Galli, Gronchi, Pertini, Smuraglia