Nel Romeo e Giulietta di Cobelli c'è poco amore, ma tanta morte

Nel Romeo e Giulietta di Cobelli c'è poco amore, ma tanta morte Caldissimo successo airAlfieri del dramma shakespeariano con Alida Valli Nel Romeo e Giulietta di Cobelli c'è poco amore, ma tanta morte TORINO — ri Romeo e Giulietta di Shakespeare, allestito da Gianfranco Cobelli per VenetoTeatro, che ho rivisto l'altra sera all'Alfieri a sette mesi dalla prima all'Olimpico di Vicenza, è uno spettacolo a metà: nel senso che privilegia, dei due grandi nuclei tematici intorno a cui s'addensa la celebre tragedia, quello dell'Amore e quello della Morte, il secondo soltanto. Quello di Cobelli è. infatti, sin dall'apertura del velario, un grande rituale funebre. In un'immaginaria Verona sprofondata in un misterico Oriente e spalancata in una tetra notte perenne (vanno e vengono, a muovere gli alti pannelli neri a rilievo ideati da Maurizio Baiò, un mannello di gibbuti servi di scena, dal volto di terriccio) non c'è spazio per quella febbrile vitalità erotica che anima i primi atti del dramma, per quella smania propriamente sessuale di ragazze dalle cosce snelle, tra un duello e un convito, una serata in bettola e una al bordello, che rende così scattanti certe messinscena anglosassoni, al limite del feuilleton di cappa e spada, sfiorato con divertito an ticonformlsmo. No, qui il candido Benvolio (Andrea Cavatorta) tentenna come un automa casanoviano, tra stupore e stizza, Mercuzio (Beppe Tosco), sotto la gromma della sua untuosa zazzerina, sentenzia e sbertuccia, il bel Paride (Marcello Cortese) è un brutto pinchelIone che par aver ingoiato lo zerbino, Tedaldo (Donato Placido) è un mastino rin ghioso, con la esse (spero, volontariamente) blesa. Il fatto è che questi ragaz sacci scatenati, che sul soppalco da osteria del Globe shakespeariano si può facilmente immaginare a quali festose trovate sceniche si lasciassero andare, sono, secondo Cobelli, le incolpevoli vittime di una colpevolissima società tutta padri sanguinari e madri non da meno. Chiusi ad armatura nei loro spessi, screziati mantelli di seta e damasco, il viso per lo più seminascosto da calotte spesse e severe velette, questi Montecchi e Caputeti (il Montagna e il Cucari, la Pradella e la Alessi) sono maestosi e goffi simulacri della violenza civile elevata a sistema, del sopruso domestico perpetuo: passano, con sinistra disinvoltura, da un funerale ad un convito di nozze e, quando prestano ossequio al loro Principe, qui poco più che un querulo manichino (Arrigo Mosso), fingono ovviamente, e son già pronti a menare fendenti sulla pubblica piazza e scappellotti in casa. A proposito di fendenti, Cobelli suggerisce di menarli senea guardare in faccia l'avversario, per lo più di sponda, come al biliardo, tanto in Shakespeare, drammaturgo sbrigativo, si muore al primo colpo. Ora che in Romeo e Giulietta le famiglie siano maledette, non c'è dubbio, lo dice persin Mercuzio, ma la morte ch'esse seminano, nella loro sanguinaria follia, t l'approdo' del dramma, non la sua premessa: per giungere a qa quell'arca, in cui i due infelici amanti veronesi trovano ingiusta fine, bisogna, per l'appunto, che si amino, con la travolgente passionalità dei quasi ragazzi, con la loro di¬ sarmante ingenuità. Ma Thanatos, in questo copione (egregiamente tradotto sia detto a sua lode, da Mario Roberto Cimnaghi) è tiranna sin dal primo istante. Ed allo¬ ra Romeo (Massimo Belli) non può che riuscire un melanconico, quasi ipnotico innamorato, predestinato alle fauci della Gran Signora, da esserne corrucciato sin nel letto di Giulietta, sin sul suo verone; e Giulietta (Susanna Fossetta) con quel fisichino da quasi bimba, quel visino sgomento, quei pigolìi di voce perfetti per il teatro Alfieri (uno spettatore di settima fila ha goduto l'allestimento come una -curiosa azione mimica-) è proprio l'uccellino che attende l'artiglio della Sparviero per esser fatalmente ghermito. Vorrebbe la Balia di Alida Valli dar sfogo a tutto il suo paesano ottimismo, ma il progetto di Cobelli glielo vieta: e il frate Lorenzo dì Ettore Conti, non è certo lo scienziato quasi laico, che Shakespeare ha pur suggerito: è un padre confessore alla Zurbaran, dal controriformistico sussiegoTeatro gremito, adesione caldissima del pubblico. Guido Davico Bonino Massimo Belli. Susanna Fasselta e Alida Valli in una scena di « Romeo e Giulietta», spettacolo a metà

Luoghi citati: Torino, Verona, Vicenza