Ma dove si trova il «Leonardo»?

Ma dove si trova il «Leonardo»? A Brera dicono: «I giapponesi ci hanno giurato che il disegno è a Milano» Ma dove si trova il «Leonardo»? MILANO — Dopo il servizio di Renata Pisu, pubblicato ieri dal nostro giornale, è scoppiato anche in Italia il caso del disegno leonardesco che. esportato clandestinamente da Milano, è al centro di una dura contesa finanziaria in Giappone. Pietro Marani funzionario della Sovrintendenza alle Belle Arti di Brera, si sta occupando da quasi due anni del «Volto della Vergine delle Rocce». Ora vuole mettere in evidenza l'assoluta estraneità della Sovrintendenza di Brera in merito alle irregolarità che emergerebbero se il disegno si trovasse effettivamente in Giappone. -Non più tardi del 7 marzo scorso — afferma — la signora Yoko Nakamura ci ha scritto per dichiarare che il disegno di Leonardo è qui a Milano, ben custodito nella cassetta di sicurezza di una banca-. Ma, gli facciamo osservare, Koichlro Arashi addetto alle pubbliche relazioni della Chiesa Messianica Mondiale, l'organizzazione che avrebbe acquistato il «Leonardo» per 18 miliardi, sostiene che il capolavoro si trova presso il Museum of Art (Moa) della Fondazione culturale Okada sin dal 28 agosto dello scorso anno. «Ho chiesto alla signora Nakamura — risponde — di vedere il disegno per il 20 marzo prossimo. Allora potrò controllare se hanno detto il vero, o se hanno mentito non più tardi di una settimana fa. In ogni caso, proprio questa mattina mi sono rivolto all'Avvocatura dello Stato perché segua il caso e accerti se vi sono state violazioni della legge-. La legge è quella del 1929 che vieta l'esportazione delle opere d'arte e ne Impone la notifica presso le locali sovrintendenze. La legje non ha per altro impedito che lo splendido «Cratere» di Eufronio, trovato dai tombaroli in Etruria, finisse dopo una sosta in Libano In una sala del Metropolitan Museum di New York, o che un capolavoro di Lislppo approdasse al Paul Getty Mu¬ seum di Malibù in California. Ma seguiamola fin dall'inizio questa complicata vicenda. -La mia famiglia possedeva il disegno da oltre cent'anni dopo una serie di donazioni — dichiara l'avvocato Vittorio Albasini Scrosati — Poi, due anni fa, si fece avanti il mercante d'arte olandese Michael Van Rijn e lo acquistò per 300 milioni. Nel 1930 lo feci esaminare dal noto studioso d'arte tedesco Wilhelm Suida che con una perizia dichiarò trattarsi di un'opera di Leonardo-, -Non è vero — ribatte Marani — dal 1804 è sparito da ogni catalogo leonardesco degno di questo nome: Leonardesco o meno, il disegno viene comprato dall'olandese che si impegna a conservarlo in Italia: sceglie la cassetta di sicurezza di una banca milanese, la stessa dove 11 capolavoro dovrebbe trovarsi tuttora. Dopo pochi mesi pert l'olandese rivende l'opera con un cospicuo profitto olla signora Nakamura, titolare della galle¬ ria d'arte Gekkoso di Tokyo. •Il mio cliente si è impegnato fin dall'inizio a non esportare il capolavoro in Giappone — afferma l'avvocato Angelo Di Palermo, che tutela gli interessi della casa giapponese in Italia — e anche quello che voi indicate come destinatario finale, il Museum of Art della Fondazione Okada, sapeva che il Leonardo non poteva varcare i confini nazionali. Me lo aveva chiesto il suo direttore, Hakoto Sakaoka, e io gli ho fatto avere validi pareri. Al massimo, pensavano di poterlo avere part-time con l'Italia secondo una politica di scambi culturali-. Però da due anni 1" rappresentanti della Gekkoso e della Fondazione Okada assillano gli uffici di Brera e chiedono che 11 capolavoro esca dal chiuso di una banca e approdi nel meraviglioso edificio tutto acciaio, marmo e cristalli che ospita il Museum of Art: ci sono altre 3 mila opere d'arte giapponesi cinesi indiane, ma un Leonardo manca proprio e i giapponesi, che ormai trasudano dollari, non vogliono essere da meno degli amici-rivali americani. Ormai non resta che attendere 1120 marzo, quando la signora Nakamura dovrà esibire (la legge italiana prevede controlli sulle opere d'arte notificate) il disegno al nostri funzionari Se fosse in Giappone, ne sortirebbe un caso internazionale di rilievo, con l'Italia ancora una volta saccheggiata dal mercanti d'arte Internazionali Ma anche i giapponesi rischlerebbero di perdere la faccia e questo, conoscendo le loro usanze, non se lo possono permettere. Forse c'è una soluzione. Tra qualche giorno un impassibile giapponese con valigia rigida potrebbe partire da Tokyo, arrivare a Milano e portare nella banca, che nessuna delle parti ascoltate ha voluto menzionare, il capolavoro. Poi dopo avei rispettato l'appuntamento del 20 marzo, potrebbe rifare il percorso Inverso. Gianfranco Modolo