«Avevo bisogno di soldi» rivela Panetta e racconta le 600 rapine della sua banda

«Avevo bisogno di soldi» rivelo Panetto e rouonta le600rapine della sua banda Roma, l'ex poliziotto conferma al processo tutte le accuse ai suoi gregari «Avevo bisogno di soldi» rivelo Panetto e rouonta le600rapine della sua banda DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Oltre ad essere un «onesto lavoratore del crimine-, come l'ha definito un avvocato di parte civile. Agostino Panetta si è rivelato anche un meticoloso «ragioniere». Per ore, dalle 10 alle 16, con una breve pausa per il pranzo, il capo della banda delle seicento rapine ha illustrato ieri ai giudici del tribunale il libro mastro delle sue imprese, indicando con precisione anno, giorno e ora delle rapine e descrivendo i bottini realizzati. -Una sera — ha detto con un certo compiacimento — abbiamo assalito ben cinque automobilisti, depredandoli degli oggetti preziosi e dei denari. Si è trattato di un vero e proprio record!-. Da ieri mattina, dunque, questo ex poliziotto che, dopo aver guidato i suoi uomini in centinaia di rapine, compiute tra Torino a Roma, li ha trascinati in carcere perché si è «pentito», tiene banco nell'aula del Foro Italico. Jeans e maglione grigio, consultando un librettino nel quale ha annotato scrupolosamente tutte le imprese criminose commesse dal 1979 al 1983, Panetta ha ricordato che la sua attività di fuorilegge cominciò in sordina, con imprese di poco conto. A quel tempo faceva ancora il poliziotto ed era in servizio al quinto reparto celere di Torino. E proprio nel capoluogo piemontese gli venne la geniale idea di sfruttare il distintivo per trasformarsi in un «autore di espropri». Perché? Gli ha chiesto seccamente il presidente del tribunale Gennaro Calabrese. Lui ha dato una giustificazione, banale ma esauriente: •Avevo bisogno di soldi, cosi come ne avevano i miei gregari, anche se eravamo tutti scapoli-. Anche quando fu allontanato dal corpo per indisciplina. Panetta non mancò di sfruttare l'esperienza acquisita in anni di servizio nella «celere» per rendere «sicure» le rapine da lui ideate. Si spiega perciò il fatto che per quattro anni la sua banda abbia potuto agire indisturbata, senza correre eccessivi pericoli. Panetta sapeva, ad esempio, gli orari dell'uscita delle «volanti» e quindi per evitarle s'intratteneva con i suoi uomini nelle abitazioni delle vittime; e per ingannare il tempo si dedicava ai suoi sadici giochi. -Non abbiamo fatto violenze sessuali gratuite — ha sostenuto Panetta. parlando con i giornalisti —. Anche le vittime hanno contribuito in qualche modo a che si determinassero certe atmosfere Come dire: c'era una certa disponibilità, per evitare il peggio. L'esordio di Panetta a Torino prende di mira passanti dall'aspetto benestante. -Allora, nella polizia, si prendevano 250 mila lire di stipendio-, annota. La prima vittima, il 3 gennaio 1979: Luigi Sina, un passante, gli saltano addosso, gli portano via orologio, accendino d'oro e 300 mila lire. A Roma la banda colpisce per la prima volta il 6 febbraio dello stesso anno: Gaetano Varriale viene aggredito per strada. Anche qui un bottino di poca cosa: un orologio d'oro, poche decine di migliaia di lire. L'elenco continua. Panetta, anche ora che è un «pentito», non ha perso la voglia di fare il primo attore, di condurre lui il gioco. Definisce -sopralluoghi, gli appostamenti per preparare i colpi, «reati compiuti- le rapine, «t miei secondi, quelli che lo hanno affiancato. «Ho sempre curato di reclutare di persona i miei uomini — ha detto —, non volevo dei sanguinari.. Prima di mettersi in grande, dedicandosi all'assalto di appartamenti e ville. 1'«impresa* finiva spesso in «rosso*. -Avevamo molte spese — ha spiegato Panetta —: ristoranti, benzina, automobili e gli incassi erano modesti. A quel tempo eravamo inesperti e i ricettatori ci taglieggiavano, offrendoci somme irrisorie per i nostri bottini». Ma sull'uso del denaro rapinato l'avvocato difensore di un altro imputato, Giuseppe Marazzita. ha dei dubbi, insiste: -Non ha mai investito, non lo na mai depositato in banca?.. Panetta replica dicendo, che gli piaceva «sperperare». E poi -sulle cose che non ricordo non rispondo.. Agostino Panetta in aula

Luoghi citati: Roma, Torino