E l'Eliseo guarda a Damasco di Enrico Singer

E l'Eliseo guarda a Damasco Per ora nessun lieto fine al dramma dei francesi rapiti a Beirut E l'Eliseo guarda a Damasco Il mediatore Raad si è spostato in Siria dopo 48 ore di trattative con la «Jihad»: da chi cerca il semaforo verde? - Parla di «accordo di principio in via di definizione» - A due giorni dal voto, la gente si domanda se il governo non potesse intervenire prima - Forse il rapito Seurat fu ucciso in dicembre PARIGI — L'incubo continua. I tentativi per salvare i sette ostaggi francesi in mano alla «Jihad islamica» sembrano ormai arrivati all'ultimo atto, ma il loro risultato è ancora avvolto nel mistero, n mediatore spedito In extremis da Parigi a Beirut ha trattato per 48 ore con i terroristi della .guerra santa., e ieri sera si è spostato a Damasco. Ma non parla. La sua missione, evidentemente, non è conclusa del tutto: forse manca una luce verde siriana, o quella di qualche dirigente politi c dello Hezbollah, il -partito di Dio. che muove i fili dei rapitori. Cosi, le condizioni per chiudere la partita pioveranno sul governo francese soltanto oggi, a due giorni dalle elezioni politiche. Ma, con tutta la prudenza che Parigi si è imposta dopo l'annuncio dell'assassinio di un ostaggio, Michel Seurat, si sta facendo strada di nuovo la speranza. Razah Raad, il mediatore, non ha voluto rivelare le richieste della «Jihad.: ha accennato, però, a un «accordo di principio in via di definisione: ha assicurato di essere almeno riuscito «a calmare gli animi.. Per il momento, sul piatto del negoziato c'è una sola concessione: la grazia accordata dal presidente iracheno Saddam Hussein ai due oppositori filo-iraniani che la Francia aveva espulso e ri spedito a Baghdad il 19 feb braio, innescando la sanguinosa rappresaglia. Per Parigi è una concessione indiretta, che non ha spezzato la consegna della fermezza scelta dal governo Fabius. L'impressione è che alla «Jihad» non basti per la vita dei due diplomatici (Marcel Fontaine e Marcel Carton) e del giornalista Jean-Paul Kauffman, rapiti quasi un anno fa. Secondo indiscrezioni filtrate da Beirut, potrebbe es¬ sere sufficiente alla liberazione degli ultimi quattro ostaggi (un'equipe della televisione francese) sequestrati, sabato scorso. Di quel rapimento, la «guerra santa» ha negato la responsabilità: l'inviato di Antenne-2 e l tre tecnici sarebbero prigionieri di un altro gruppo della nebulosa terroristica libanese, un gruppo fiancheggiatore. E, ieri, una delle massime autorità religiose sciite di Beirut ha lanciato un appello ai carcerieri perché rilascino almeno questi ostaggi in risposta alla mossa distensiva arrivata da Baghdad. E' davvero un groviglio di protagonisti e di vittime che rende complesse le trattative e tiene con il fiato sospeso i francesi. Con il passare delle ore, fa riemergere anche le polemiche che finora tutti avevano evitato per non cadere nella trappola del terroristi che, sin dal primo momento, hanno puntato a lacerare 11 mondo politico parigino alla viglila delle elezioni. La morte di Michel Seurat, però, pesa. E la domanda che comincia a dividere l'opinione pubblica è questa: non si poteva fare, prima, quanto si sta facendo adesso? Il ricercatore francese (che era stato rapito assieme con Kauffman nel maggio dell'85) avrebbe pagato con la vita le iniziali incertezze del governo: sua moglie lo ha gridato con disperazione in un'intervista alla tv che ha choccato milioni di persone. Ma anche questa tesi, adesso, è messa in dubbio. I servizi segreti hanno fatto circolare una versione sull'assassinio di Michel Seurat che smentisce i comunicati della «Jihad»: il giovane sarebbe stato ucciso già in dicembre, o al più tardi in gennaio e non dopo l'espulsione dei due iracheni, il 19 febbraio. E' una convinzione che nasce dalla macabra messa in scena dei terroristi (prima l'annuncio, poi le foto) e, soprattutto, dal fatto che il corpo di Seurat non è stato restituito. Un caso che ricorda quello del diplomatico americano William Buckley: la «Jihad» ne comunicò l'.esecu' .none» all'indomani del raid aereo israeliano contro il quartier generale dell'Olp a Tunisi, il primo ottobre dell'85: ma la Cia aveva le prove che l'assassinio era av venuto due mesi prima. In sostanza, la .guerra santa» avrebbe ucciso Seurat in un'altra fase delle trattative, e avrebbe approfittato dell'espulsione degli iracheni per giustificare in qualche modo il delitto. E' un'ipotesi che qualcuno giudica «interessata»: servirebbe ad allontanare dal governo i sospetti di avere esposto la vita di uno degli ostaggi con una mossa (l'espulsione dei due studenti iracheni) che lo stesso mini stro dell'Interno, Joxe, ha considerato un «errore madornale.. E cui ora si è rimediato grazie alla collaborazione di Baghdad. In questa polemica, ieri, è intervenuta anche Amnesty International. Per allontana re altri sospetti. Fu l'ufficio parigino dell'Organizzazione umanitaria internazionale a rivelare che uno dei due ira cheni era stato ucciso all'in domani del suo ritorno in pa tria. Almeno, questo scrissero i giornali. E la «Jihad». an nunciando la morte di Seu rat, parlò di «vendetta-. Adesso Amnesty smentisce: i suoi erano soltanto «timori., che la stampa ha deformato. Enrico Singer