Le poche mele buone di Mario Salvatorelli
Le poche mele buone Le poche mele buone Le proposte del ministro del Lavoro. Gianni De Michelis, per le pensioni dei lavoratori che fanno capo a istituti autonomi di previdenza, sembrano fatte apposta per togliere quella certezza nel futuro, che in uno Stato «sociale» e altrettanto essenziale della certezza del diritto. E' vero che questa certezza viene messa in dubbio non tanto, almeno non «subito», per i singoli interessati, quanto per gli istituti che si curano di essi. Però, non c'è molta differenza, perché è inutile riaffermare l'autonomia d'una gestione, se le si tolgono i mezzi per funzionare. E la prospettiva non può non preoccupare gli uni e gli altri, gl'istituti e i lavoratori, in un Paese dove il massimo istituto di previdenza, l'Inps, si prepara a definire un bilancio di previsione per il 1926 che vede salire a 80 mila miliardi il disavanzo patrimoniale. Non mettiamo in dubbio che, senza gli oneri «impropri», quelli derivanti dall'assistenza e non dalla previdenza, il bilancio annuale dell'Inps potrebbe chiudere in largo attivo. Siamo d'accordo nel distinguere dalla previdenza (che dovrebb'essere finanziata dai contributi sociali) l'assistenza (che. invece, dovrebb'essere finanziata dalle imposte). Accettiamo gli studi che prevedono per il Duemila, cioè tra meno di quindici anni, un pensionato per ogni lavoratore in attività, e che fanno salire dall'attuale 25 per cento in media al 50 per cento della retribuzione i contributi sociali, per conservare il rapporto tra pensione e ultimo stipendio nella misura dell'80 per cento. Ma, appunto perché non contestiamo studi, previsioni e distinzioni, rifiutiamo, per istinto e per ragionamento, la speranza che le mele marce si possano risanare immettendo nel cesto tre o quattro mele sane. Non siamo adoratori del «privato è bello», anche se il motto negli ultimi tempi si è andato affermando nella realtà delle cose. Però, fino a prova contraria, riteniamo che si dovrebbe riflettere a fondo, pri¬ ma di toccare quello che funziona bene, cioè quelle poche gestioni previdenziali autonome. Del resto, lo stesso ministro od Lavoro è stato tra i fautori e propagandisti della previdenza integrativa, autonoma, e proprio perché realistico osservatore dello sfascio della previdenza pubblica. Il suo progetto, da quel che se ne è saputo finora, lascerebbe ai lavoratori che fanno capo a istituti di previdenza autonomi la libertà di gestirsi la parte di contributi sociali che corrisponde a livelli di pensione su periori a un certo tetto. Ma, e qui il discorso ritorna al punto di partenza, una volta che questi istituti si trovassero nella necessità di confluire nel calderone pubblico, quale sa rebbe la qtiota di contributi sociali in «libertà di gestione»? A questo punto, se non siamo di fronte a un progetto di fu sione degli istituti di previden za, vien fatto di pensare che queste proposte significano un buon — si fa per dire — passo avanti in quella direzione. Mario Salvatorelli
Persone citate: Gianni De Michelis
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