Idomeneo che seduce poco a poco di Massimo Mila

Idomeneo che seduce poco a poco Ha debuttato con successo al Regio l'opera seria di Mozart, la più bella del '700 Idomeneo che seduce poco a poco TORINO — Questo Idomeneo era un Impegno culturale che il nuovo Teatro Regio si portava dietro fin dall'origine, proposto e sospinto dalla passione di Oavazzeni per quest'opera della giovinezza di Mozart, e divenuto sempre più Imperioso dopo che 11 grande teatro mozartiano della maturità è finalmente entrato a vele spiegate nel repertorio dei nostri teatri lirici. Impegno culturale, s'è detto, e bisogna riconoscere che ridomeneo non è opera che si possa godere subito, a primo ascolto, senza un minimo di collaborazione critica dell'ascoltatore. Non si tratta, ben inteso, di immaturità musicale: a ventiquattro anni Mozart è già senz'ombra di dub bio il più grande musicista della Terra. Dal punto di vi sta musicale VIdomeneo è la più bella opera seria del Settecento, con tanti saluti a Haendel, a Oluck e ai nostri operisti settecenteschi. Ma, appunto, è un'opera seria. I suol limiti non sono limiti di Mozart giovane, bensì sono i limiti di quel genere teatrale cosi giustamente deriso dagli intelligenti del tempo, eppure cosi fortunato; sono difetti della formula, non del musicista, il quale vi si cimenta per l'ultima volta, prima di rendersi conto definitivamente che deve inventarsi un tipo di teatro proprio, che non sia più né opera seria, né opera buffa. Perciò, indipendentemente dal recitativi ancora conveiv zionali e dalla monotonia del le arie, spesso in sé bellissime, ma distribuite a rotazione fra i cantanti secondo il ruolino di marcia dettato dal le convenienze teatrali, fin dal principio VIdomeneo è, per lo spettatore avvertito, lo spettacolo appassionante, e in un certo senso, torturante, di una lotta con l'angelo. L'angelo è la vecchia forma incartapecorita dell'opera se ria, con la quale il giovane Mozart si azzuffa a testa bas sa, e la scrolla, la scalza, cer cando di abbatterla per far posto a quel teatro In musica che lui sognava, nient'altro che lo spettacolo vario e affascinante della vita, i iS V? £^ J. 11 direttore Pesko segue la stessa strada - Intelligente la messinscena di Jean-Pierre Ponnelle con sensazionali cambiamenti - Autorevole Di Cesare Una scena deH'« Idomeneo» E c'è poco da fare: in principio lo spettatore si annoia e manda al diavolo mentalmente 1 Gavazzeni, 1 Mila, 1 Oallarati, che hanno tanto sgonfiato perché il teatro facesse quest'opera. Ma a poco a poco quel giovanotto ventiquattrenne ce la fa: tira di qua, spingi di là, strappa, stronca, potenzia sempre più 1 recitativi sia in orchestra che nella voce, collegati perfino tematicamente con le arie, formando del blocchi scenici forniti di continuità, alla fine l'impresa riesce, la al Regio, con il gran testone dvecchia opera seria è sradicata e buttata a terra e nel terzo atto subentra al suo posto quello che tanto Wagner come Verdi avrebbero potuto benissimo chiamare 11 dramma. Cioè, allontanate le settecentesche divagazioni sentimentali delle due donne che si disputano il figlio del re di Creta (una situazione che ricorda curiosamente quella dell'Aida, con Ilia uguale Aida, Elettra uguale Amneris. Idamante-Radames, Idomeneo uguale il re d'Egitto, e i Nettuno che fa da sfondo non manca nemmeno 11 Gran Sacerdote, qui di Nettuno e là di Osiride), a poco a poco, nel corso d'un terzo atto incredibile, pieno di cori, di masse disperate, di declamazioni appassionate e con un quartetto vocale che è forse il più grande prima di quello del Rigoletto, Mozart ci ha presi per il collo, proprio come farà un giorno Verdi, e ci costringe ad affisare commossi il nucleo di quell'Improbabile dramma, che mai avremmo pensato di poter prendere sul serio, la solita storia del sovrano-guerriero che, come Jefte, durante il ritorno incontra difficoltà di percorso e fa voto al dio di sacrificargli la prima persona che incontrerà rimettendo piede sul suolo della patria. Manco a dirlo, la prima persona che incontra è suo figlio. Poi ci sarà il lieto fine, coro di grazie, la povera e antipatica Elettra se ne va via scornata maledicendo tutto e tutti in una cabalettaccia che è un concentrato di furia gesticolante, di rabbia, di dispetto e di odio generale. Ma intanto siamo stati condotti fin sulle soglie del barbaro sacrificio, il brivido della tragedia ci ha sfiorati, con parsimonia assoluta di mezzi musicali, durante la confessione tardiva di Idomeneo che vittima del voto è suo figlio Marnante. ■£ or vedrete, oh Numi con guai ciglio? svenar il genitor il proprio figlio!-. Povero vecchio abate Varesco di Salisburgo! anche dal suoi versi paludati e professorali, quell'ex ragazzo prodigio, fornitore inesauribile di Serenate, di Minuetti, di Messe, di Sinfonie e di Concerti, ma Infatuato di teatro, era riu scito a cavarne uno dei momenti grandi. La messinscena di JeanPierre Ponnelle, qui attuata con fedeltà da Grischa Asagaroff e Georg Rootering, risolve con la consueta intelligenza teatrale i problemi posti dai vari e sensazionali cambiamenti di scena. Un gran testone di Nettuno fa da sfondo e vomita dalla bocca spalancata la furia del mare e le sue vittime, sottolineando che anche questo è uno dei personaggi principali, 11 mare, la sua presenza ora terrìbile, ora amabile (il coro •Placido è il mar, andiamo!' è un anticipo preciso del famoso terzettino di Cosi fan tutte). I movimenti di masse sono efficaci e la recitazione degli attori-cantanti è variamente volenterosa. Della cabalettaccia finale della furia di Elettra, Ponnelle fa notoriamente uno spettacolo, anzi una pantomina strepitosa, mettendone in luce U carattere di espressionismo avanti lettera, che par quasi suggerito, dal nome del personaggio. Personaggio che è sostenuto con buoni mezzi dalla brasiliana Eliane Coelho. già vista a Torino nellP repliche di Lulu, mentre nuova per l'Italia è la giovane Inglese Joan Rodgers. la dolce Ilia. Sono entrambe abbastanza temprate alle difficoltà del canto settecentesco; un po' esposte alle insidie d'intonazione del recitativo. Autorevole il protagonista, Ezio Di Cesare, che viene dal canto da camera, avendo fatto parte dell'eccellente sestetto madrigalistico «Luca Marenzio». Il tenore Mauro Bolognesi è Idamante. anche lui fornito di esperienze stilistiche nel teatro antico e in quello moderno. Maurizio Barbacini e Redento Comacchio completano la sfilza di tenori richiesti da quest'opera, dove perfino il Gran Sacerdote è tenore, essendo che in origine Idamante era un castrato e ciò portò a uno slittamento in alto di tutte le parti. Buona la larga partecipazione del coro, diretto da Fulvio Fogliazza, un po' ruvida e meccanica quella dell'orchestra. A quell'ottimo e versatile direttore che è Zoltan Pesko non si può onestamente riconoscere una vocazione mozartiana, ma è un eccellente musicista, e man mano che l'opera prende quota, altrettanto fa la sua direzione. Pubblico un po' scarso, e In principio poco persuaso. Poi a poco a poco si fa la luce, e la gente esce riconoscendo: — Eh si, poco da dire, Mozart è sempre Mozart. t.6i'-oi tt-oi Massimo Mila

Luoghi citati: Comacchio, Egitto, Italia, Nettuno, Salisburgo, Torino