I Grandi col piede sul freno

IGrandicolpiedesul freno IGrandicolpiedesul freno pensabile una immediata riduzione del costo del denaro. Le aspettative in questo senso sono però visibili a occhio nudo. Il mercato finanziario sta puntando decisamente su titoli a reddito predeterminato, come i Buoni del Tesoro Poliennali, piuttosto che su quelli a tasso variabile come i Cct consueti. Non per nulla nei giorni scorsi il Tesoro ha aumentato considerevolmente i quantitativi di Btp messi a disposizione all'inizio di marzo, mentre già precedentemente i Boi annuali erano stati arcisottoscritti. Se questa tendenza dovesse continuare, la crisi di gennaio potrebbe considerarsi superata e i tassi dovrebbero scendere proporzionalmente a quanto sta accadendo nel resto del mondo industriale. Ciò darebbe una maggior forza alla lira e attirerebbe capitali verso il nostro Paese. Già gli operatori stranieri hanno mostrato fiducia nella nostra Borsa, ritornando in massa ad acquistare azioni italiane, motivo principale dei recenti rialzi e dell'ingigantimento degli scambi. Gli interventi però non sono più, come nel passato, di carattere istituzionale ma puramente differenziale. E' la caratteristica di questo periodo: tutti vogliono guadagnare, ma con interventi a breve termine, il che impone un forte aumento delle poste in gioco se si vogliono conseguire risultati apprezzabili. E' una propensione comune a tutto il mondo, non scevra di pericolosi arresti e drammatiche inversioni di tendenza. Renato Cantoni Vi era molta attesa, sui mercati borsistici e valutari, per le ripercussioni della sventagliata di riduzioni del tasso di sconto che ha coinvolto quasi tutti i Paesi maggiormente industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Germania, Olanda, Francia), ma a conti fatti' — eccetto qualche momento di emozione e di tensione — non vi sono stati eventi di particolare interesse da segnalare. Wall Street, che doveva reagire positivamente alla riduzione del costo del denaro attesa da tanto tempo, è parsa molto indecisa e l'indice Dow Jones dei titoli industriali ha guadagnato solo pochi punti non riuscendo, alla fine della riunione di venerdì, a superare quella «quota 1700» che sembra da diverse settimane una barriera difficilmente valicabile. A Tokyo i guadagni sono stati modesti, mentre a Francoforte e ad Amsterdam si sono avute perdite frazionali. Solo a Parigi il rialzo è stato consistente, ma in questo caso l'agitazione per le imminenti elezioni è un elemento tanto importante da influenzare la tendenza. In quanto alle parità di cambio, poco o nulla è mutato: è evidente che le principali banche centrali continuano a «pilotare» i mercati valutari, facendo bene attenzione a non lasciarsene scappare di mano il controllo. Il dollaro è debole, ma solo per effetto delle frenate, sotto forma di interventi ammonitori, delle diverse banche centrali e particolarmente di quelle del Giappone, della Germania e degli Stati Uniti. Se il piede sul freno fosse tolto definitivamente assisteremmo probabilmente a un violento rimbalzo della valuta Usa, che rimane tuttora la sola moneta di conto accettata in ogni angolo La stabilizzazione del mercato dei cambi è ben lungi dall'essere completata e occorreranno mesi e mesi per ritenere definitivamente debellata la speculazione internazionale, oggi «corta» sul dollaro ma pronta a chiudere precipitosamente le operazioni differenziali messe in atto quando è parso evidente che le banche centrali questa volta facevano sul serio e che il valore della moneta Usa sarebbe stato ridimensionato. E per l'Italia? Il magico momento iniziato con la caduta del dollaro e il crollo vertiginoso dei prezzi del petrolio e di altri prodotti energetici ci ha trovato in una posizione difficile e delicata. Il colossale deficit del bilancio pubblico costringe il governo a tirare le redini e a cercare di individuare altre fonti per rastrellare tributi. La libertà consentita l'anno scorso alle banche nella concessione del credito alla clientela ha provocato distorsioni e degenerazioni che si sono pesantemente ripercosse sulle nostre riserve valutarie con un deflusso in pochi mesi di quasi dieci miliardi di dollari e una distruzione di liquidità di più di 14.000 miliardi. Da qui l'improrogabile necessità di riadottare, sia pure temporaneamente, severe misure di contenimento al fine di ricostituire le riserve valutarie volatilizzate. In simili condizioni non è

Persone citate: Renato Cantoni