Avvocati «latitanti» di Ernesto Galli Della Loggia

Avvocati «latitanti» Al processo contro i «camorristi a Napoli Avvocati «latitanti» Si chiamino le cose con il loro nome: ormai da mesi, a Napoli, gli avvocati di quel foro, o per essere precisi una parte cospicua di essi, tentano d'impedire lo svolgimento dei processi, tentano cioè — né più né meno — d'impedire il funzionamento della giustizia. Il metodo prescelto è semplicissimo: disertare le aule, far mancare la propria presenza ai dibattimenti in corso. Donde continui rinvii e allungamento a dismisura dei tempi che, aggiungendosi ai tempi di per sé già patologicamente lunghi della giustizia italiana, conducono alla scarcerazione degli imputati per «decorrenza dei termini». Il meccanismo è stato collaudato da alcuni mesi, quando uno sciopero proclamato dall'Ordine degli avvocati napoletani, e durato parecchie settimane, è valso a ridare la libertà ad un certo numero di accusati di reati di camorra nel processo alla «Nuova Famiglia». Adesso si replica con il processo alla «Nuova Camorra Organizzata». Anche se privi dell'alibi dello sciopero i difensori dei camorristi hanno finora cercato tutti i modi per non presentarsi alle udienze o assentarsi nel loro bel mezzo, fin qui solo debolmente contrasiati dal presidente della Corte. La norma del codice di procedura penale che pure prevede la fattispecie delVttabbandono di difesa», con relativi provvedimenti del caso, non sembra finora aver trovato accoglimento in quello che qualcuno ha chiamato da tempo «rito napoletano». E così e annuncialo ora l'intervento del ministro della Giustizia. Ma quale intervento? Il solito rimedio in extremis quasi peggiore del male: un decreto che impedisca la scarcerazione, altrimenti certa, di una novantina d'imputati significa, infatti, che nella Repubblica italiana si è virtualmente arrivati alla legislazione penale «ad personam», più o meno come ai tempi della monarchia assoluta. Ma è inutile stracciarsi le vesti su questo bel risultato se poi si stende un velo di silenzio, come spesso si fa, su alcuni processi degenerativi che l'hanno reso inevitabile. Uno dei quali riguarda per l'appunto la professione dell'avvocato. I fenomeni nuovi del terrorismo e della criminalità organizzata, padrona d'intere aree del Paese, hanno esposto specialmente la funzione del difensore a due pericolipossibilità: quello di una contiguità ideologica tra avvocato ed imputato (nel caso dei terroristi), e, nel caso di mafia e camorra, quello di un avvocato che in molti casi si trasforma nell'appendice giuridica di un florido «business» criminale, il quale insieme lo ricatta e/o lo arricchisce come vuole. Non è un mistero per nessuno che in Ernesto Galli della Loggia (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

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