I barili della discordia
I barili della discordia I barili della discordia Sulla roulette dell'economia mondiale si giocano quest'anno il nero e il verde: il nero dell'oro-petrolio e il verde, colore dei dollari Usa. Dove si fermerà la pallina non è dato indovinarlo; per ora coloro che scommettono sul mercato d'azzardo dei cosiddetti «futures» — dove si fanno puntate a termine sul corso che a una certa data avranno l'uno e l'altro — credono nel ribasso e danno il barile a 11-12 dollari, ma non è detto che facciano centro. La labilità delle previsioni è, comunque, nelle cose, tanto che già vecchi appaiono gli studi approntati qualche settimana fa per aggiornare i conti economici del Paese. Secondo quelle proiezioni il «dishocking» (neologismo fresco di giornata per indicare il controshock petrolifero) avrebbe dovuto comportare un risparmio per l'Italia di 13.700 miliardi, di cui 5500 a favore dei consumatori privati (benzina, elettricità e gasolio da riscaldamento) e 8200 a favore delle imprese per diminuzione dei costi energetici. Ma questi calcoli, basati su un barile a 20 dollari e un dollaro per comprarlo a 1650 lire, non erano ancora arrivati sul tavolo di Craxi che già il barile era sotto i 15 dollari e questi si cambiavano a 1500 lire. Di qui la speranza che a fine anno il «bonus» sia ancor più consistente. La discussione ora ferve attorno al che fare di questo eccezionale regalo ma cercheremo di tenerci fuori dalle polemiche che in proposito fioriscono e di dare un quadro delle opzioni fondamentali. In primo luogo vi è una scuola di pensiero — ma anche di interessi soprattutto imprenditoriali — che suggerisce di lasciare operare il mercato. In tal modo, come ieri la crisi pc trolifera e il dollaro alle stelle portarono ad un tempo inflazione e recessione, così oggi è da attendersi un processo inverso: discesa dei prezzi al consumo, minore inflazione e maggiore domanda, quindi au mento delle produzioni e dell'occupazione. Il beneficio andrebbe direttamente alle imprese e alle famiglie, mentre a bocca asciutta resterebbe l'altro soggetto, cioè lo Stato il cui deficit non verrebbe in questo caso alleviato; anche se l'aumento complessivo della domanda, alimentata a un tempo da una spesa pub- blica inalterata e dalla strenna petrolifera, produrrebbe un maggior gettito fiscale. I critici del «non-intervento» temono, di contro, che le imprese, incamerato il «bonus» energetico, non ne riversino gli effetti sui prezzi finali ma optino per una lievitazione dei profitti per unità di prodotto (guadagnando la differenza su ogni macchina venduta e non sulla vendita di più macchine dovuta alla diminuzione dei listini), accompagnata, se mai, da concessioni salariali ai dipendenti: un micropatto corporativo fra produttori. La scuola «interventista», che trova i suoi adepti sia nel governo che nella Banca d'Ita Ha, propende quindi per una utilizzazione, almeno parziale dello sconto petrolifero a vantaggio del bilancio: incamerando, cioè, attraverso le imposte sulla benzina e il gasolio la differenza che andrebbe, altrimenti, ai consumatori. Via libera, viceversa, alla diminuzione della bolletta energetica per le imprese, pure con i sospetti, mugugni e polemiche Mario Piranl (Continua a pagina 2 in quinta colonna)
Persone citate: Craxi, Mario Piranl
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