Processo all'Anonima sarda il pm chiede da 1 a 30 anni di Vincenzo Tessandori
Processo all'Anonima sarda il pm chiede da 1 a 30 anni Bologna, per i rapimenti Machiavelli e Bauer Processo all'Anonima sarda il pm chiede da 1 a 30 anni DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — Non ci sono imputati innocenti, per il rappresentante della pubblica accusa, nell'aula del tribunale di Bologna dove si celebra il processo per i sequestri di Ludovica Rangoni Machiavelli e Patrizia Bauer. E' il tardò pomeriggio quando il dottqrPaoloGiovagnoU propone le pene: trent'anni per Attilio Cubeddu, indicato come il «capo»; 26 per Danilo Trudu e Bruno Ferrai, unico latitante: sarebbero stati i carcertieri; venti per Pietro Contena e Santino Ortu. imputati del solo rapimento Bauer; cinque per Antonino Tripi, la moglie Aurelia Moro e il cognato Antonio Stefano Moro; due anni per Nello Lisi, accusato di ricettazione, e uno per Giovanni Nughes e Gianni Giorgetti, imputato di favoreggiamento. In totale il pubblico ministero popone 121 anni di carcere: «// dibattimento non ha fornito niente di nuovo ma ha dato alcune conferme», ha detto il dott. Giovagnoli. L'ina\stria del crimine made in Sardinia, ramo sequestri, in quel 1983. era sembrata aprire una succursale anche a Bologna. Oltre Appennini, soprattutto nelle campagne senesi, in provincia di Pisa, Livorno e Firenze, la lotta ai «cacciatori di uomini» aveva dato frutti concreti e molti erano finiti in galera.. Quando il braccio di ferro fra la legge e i banditi pareva più aspro, il sostituto procuratore Francesco Fleury, di Firenze, dichiarò: «Nel corso di indagini sui sequestri di persona, e in parti colare sui più recenti, che hanno avuto un'esecuzione tecnicamente perfetta, si è potuto constatare come i percorsi indicati per il pagamento dei riscatti, gli incontri con gli emissari, e il rilascio degli ostaggi, avvengano sempre in zone caratterizzate da insediamenti di pastori sardi» Pastori che non vedono mai niente e ben poco hanno da raccontare agli inquirenti. E' accaduto anche in questa brutta storia e. in aula, molti testimoni hanno dato l'impressione di aver fatto te- soro delle attenzioni possibili, nei loro confronti, di qualcuno non lontano dagli accusati, siano stati suggerimenti, inviti, consigli, più facilmente minacce. Hanno avuto paura e preferito rischiare, o subire, un'incriminazione piuttosto che indicare verità scomode o. per loro, pericolose. Otto imputati, su undici, sono sardi e dalla Sardegna provengono molti fra i testimoni: pastori o servi pastori, per lo più brava gente costretta a «non vedere, non sentire, non parlare- da una legge ferrea: il Codice della vendetta barbaricina, più obbedito del codice penale. E' un ordinamento giuridico tramandato per via orale e trascritto da Antonio Pigliaru, che fu professore di Dottrina dello Stato all'Università di Sassari. Se qualcuno parla, la deposizione viene considerata un'offesa e l'offesa deve essere vendicata. Il «codice» non è equivoco: composto da 23 articoli, s'inizia proprio con la dichiarazione che "l'offesa deve essere vendicata. Non è uomo d'onore chi si sottrae al dovere della vendetta, salvo nel caso che, avendo dato con il complesso della sua vita prova della propria virilità, vi rinunci per superiore motivo morale". Una volta iniziata, la catena di sangue non finirà mai. Recita l'ultimo articolo: 'L'azione offensiva posta in essere a titolo di vendetta costituisce a sua volta nuovo motivo di vendetta da parte di chi ne è stato colpito, | specie se condotta in misura non proporzionata ovvero non adeguata ovvero sleale. La vendetta del sangue costituisce offesa grave anche quando è stata consumata allo scopo di vendicare una precedente offesa di sangue». E in quest'aula di tribunale, osserva ora qualcuno, si è trasferito un pezzo di Barbagia con la sua legge, le sue convinzioni, le sue tradizioni. Vincenzo Tessandori
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