Egitto, un futuro di povertà di Tito Sansa

Egitto, un futuro di povertà Crollano petrolio, turismo, rimesse di emigranti: fra pochi mesi domare una ribellione potrebbe essere impossibile Egitto, un futuro di povertà I prezzi politici sono diventati ormai insostenibili per il governo, ma abolirli può provocare nuove «rivolte del pane» Disoccupazione in forte aumento e boom demografico - Fuga di capitali da un Paese sempre più islamizzato, con gli integralisti pronti a soffiare sul malcontento - La stima per Mubarak non impedisce la richiesta d'un «uomo forte» DAL NOSTRO INVIATO IL CAIRO — L'ordine ristabilito in Egitto mercoledì 26 febbraio dalle Forze Armate comandate dal ministro della Difesa, generale Abu Ghazala, è fittizio e temporaneo. Questa l'opinione comune di osservatori egiziani e stranieri (i quali tutti hanno chiesto di rimanere anonimi) incontrati negli ultimi giorni al Cairo dopo la rivolta dei coscritti della polizia di sicurezza. Lodano la «incredìbile disciplinai della popolazione egiziana, individualista e abitualmente piuttosto indisciplinata, ncU'osscrvarc senza proteste il coprifuoco ordinato dal governo, ma nello stesso tempo avvertono che il fuoco cova sotto la cenere. La scintilla accesa dagli ammutinali non ha attecchito, ha provocato appena una fiammata leggera, ma soltanto perché i tempi non erano maturi per una sollevazione popolare perché, bene o male, l'economia egiziana ancora tira. La «grande fiammata» è attesa per i prossimi mesi. Taluni osservatori prevedono che avverrà in coincidenza con il digiuno del Ramadan che quest'anno comincia nella seconda settimana di maggio. Allora, si dice, il crollo dell'economia coinciderà con l'esasperazione degli animi provocata dal digiuno religioso. Non saranno tanto motivi politici ma piuttosto il malcontento economico favorito dal fanatismo religioso, che si estende di giorno in giorno, a fare esplodere la rabbia della popolazione. Leggo nella relazione dell'ambasciata di un Paese neutrale: «Il popolo egiziano è siamo, trova nella religione islamita il suo unico conforto, le moschee sono strapiene è gli abiti islamici, tanto delle donne (pianto degli uomini, si vanno sempre più di/fondendo anche al Cairo». In un altro rapporto presentato al Parlamento dal deputato liberale Ehvi Hafez. si può leggere che in Egitto esistono ben 257 mila e 800 milionari (in sterline egiziane, del valore di circa 1200 lire l'una). cioè miliardari in valuta italiana. Si tratta di /evasorifiscali e sfruttatori del popolo» (multiproprietari di apparta menti, autotrasportatori, prò prietari di supermercati, mediatori, strozzini, cambisti, contrabbandieri) verso i quali vi è «grande irritazióne tra le massei. Sensibilissimi barometri della situazione, negli ultimi tre mesi costoro hanno trasferito in banche svizzere la maggior parte dei loro capitali. A ragione, poiché tutti gli indici dell'economia egiziana sono al negativo. I quattro pi¬ lapdle—«dpdui lastri — i redditi derivati dal petrolio, gli introiti per i diritti di transito delle navi nel Canale di Suez, le rimesse degli emigrati, i ricavi del turismo — sono barcollanti e suscitano «gravi preoccupazioni'). Secondo gli economisti, l'ambizioso piano quinquennale del presidente Mubarak, che prevede un'espansione del 5 per cento in tutti i settori e la creazione di quattrocentomila nuovi posti di lavoro ogni anno (mentre la popolazione aumenta ogni dodici mesi di 1,2 milioni), dovrà venire rimesso nel cassetto o perlomeno ridimensionato. Cìià ora l'Egitto non riesce a vendere il suo petrolio, e perché i prezzi del greggio egiziano sono troppo alti rispetto a quelli praticati a Rotterdam (qui IX dollari contro i 13.50 dollari al barile in Olanda) perché i consumi mondiali sono diminuiti. La produzioni giornaliera egiziana e stata ri dotta di un terzo, da 760 mila a circa 500 mila barili al giorno, gli introiti che ncll'85 sono stati di circa due miliardi di dollari quest'anno saranno ridotti alla metà. Come conseguenza della cri¬ si del petrolio c della guerra del Golfo sono diminuiti i traffici attraverso il Canale di Suez. Da 974 milioni di dollari nell'84 l'anno scorso gli introiti sono scesi a 897 milioni di dollari, per 1*86 se ne prevedono circa 800 milioni, forse anche meno. Drammaticamente sono crollate le rimesse di quasi tre milioni di emigrati. Terminato il boom petrolifero, quattrocentomila di loro sono rimpatriati dall'Arabia Saudita dai Paesi del Golfo, altrettanti stanno rientrando, le loro rimesse caleranno da quattro a meno di tre miliardi di dollari. Ma il peggio è che i rimpatriati vanno a ingrossare il numero già altissimo dei disoccupati. Il turismo infine. Non tira più. Dopo lo choc provocato in ottobre dalla vicenda della «'Achille Lauro» e in novembre dal dirottamento su Malta di un aereo egiziano, migliaia di forestieri hanno rinunciato alla vacanza in riva al Nilo. Gli alberghi, che negli anni scorsi erano al completo durante la stagione invernale, ora sono occupati a metà e dopo la rivolta di martedì scorso a centinaia stanno arrivando telegrammi di disdetta. La previsione è che il turismo, il quale l'anno scorso ha fruttato circa un miliardo di dollari, subirà un tracollo. Complessivamente l'economia egiziana sarà dimezzata, secondo il direttore di una grande banca. «Oggi — dice gli egiziani, anche i più poveri, hanno da mangiare e da vivere decentemente, grazie anche alla politica dei prezzi governativi per il pane, i prodotti farmaceutici, la benzina, l'elettricità. Ma con un debito estero di trenta miliardi di dollari, con un'inflazione vicina al 20 per cento annuo, con una spesa pubblica mostruosa per sovvenzionare quattro milioni e mezzo di pubblici funzionari, parassiti e fannulloni, con entrale dimezzate, come farà a reggersi in piedi questo Paese?». Aggiunge che «il governo non ha via d'unita, perché la soluzione più logica, la riduzione dei sussidi ai prezzi di servizi e generi di prima necessità, sarebbe la rivoluzione, la sollevazione per fame del 1977,,. Il presidente Mubarak al momento tiene in pugno la situazione. Gli egiziani non sono malcontenti di lui. della sua reggenza paterna, saggia e democratica. Ma, abituati a venire governati da uomini forti come Nasser e Sadal. non sono pochi quelli che rimpiangono i due defunti presidenti Cìià si odono voci che chiedono una politica più energica c la presa del potere da parte di un uomo forte. Due sono i nomi che ricorrono, entrambi di militari di carriera: quello del ministro della Difesa Abu Ghazala, che con le divisioni corazzate ha stroncato la rivolta dei poliziotti, c quello del nuovo ministro degli Interni Z.aki Hadr. chiamato «l'uomo forte di Assiut», perché soffocò la sollevazione dei fondamentalisti islamici sul Medio Nilo. Tra questi due uomini nei prossimi mesi, quando la crisi economica si farà sentire, potrebbe decidersi il futuro dell'Egitto: tra Ghazala che tiene in pugno l'esercito e Badr che ha alle sue spalle la polizia. Tito Sansa Il Cairo. Nagy Yassa e Lucy Asaad, anche se con i mezzi blindati sullo sfondo, si sono sposati: in Egitto la vita riprende (Tel. Ap)

Persone citate: Abu Ghazala, Achille Lauro, Badr, Lucy Asaad, Mubarak, Nagy Yassa, Nasser