Sponsor, ecco il nuovo re che condiziona lo sport

Sponsor, ecco il nuovo re che condiziona lo sport Sponsor, ecco il nuovo re che condiziona lo sport Dà denaro e chiede «immagine»: uno scambio ben riuscito - In Italia 750 miliardi investiti nel 1985 -1 casi di Parmalat, Benetton, Azzurra La formula più economica è la maglietta della squadra di calcio nei tornei per ragazzi, la formula più. sofisticata l'inserimento nei grandi avvenimenti sportivi, come le Olimpiadi o t mondiali del Messico. Si parte quindi da un centomila per arrivare ai sette milioni di dollari a testa che pagheranno i dieci gruppi (nessuno dei quali italiano) die sponsorizzano in giugno la grande kermesse del pallone nel paese degli Aztechi, occasione unica sotto il profilo del contatto pubblicitario. Chiamarsi msponsor* è dunque una civetteria che tutti possono permettersi. Ma se l'investimento deve essere valutato sotto il profilo della convenienza economica, allora il discorso diventa intricato. Nel 1985 il giro d'affari della sposorizzazione ha toccato in Italia i 750 miliardi, le proiezioni 1986 fanno salire la cifra a 850 miliardi, un dato che esclude la sponsorizzazione televisiva che se ne mangia altri 200. E' un giro nel quale sono coinvolte circa 300 aziende le quali vi investono dal 5 al 25 per cento del proprio budget di comunicazione. Ma quanto di questo danaro ritorna effettivamente? Il calcolo è difficile, anche se non impossibile. Spiega Felice Hoy direttore dell'Upa: «La sponsorizzazione non tende all'Immediato, ossia ad un aumento delle vendite di un prodotto, ma è Indirizzata a un discorso di elevazione dell'immagine. Qualche sistema di controllo esiste. In genere, prima di decidere la sponsorizzazione, la società fa una indagine di notorietà che ripete poi, seguendo gli stessi criteri, a operazione avvenuta». Fra gli addetti ai lavori, comunque, esistono esempi consolidati. Il gruppo Parmalat \*\édaVewt3t4nte «lanciato» scegliendo questa strada: dopo aver iniziato nel 1975 con i campionati di sci alpino, è passato l'anno dopo alla Formula 1, sponsorizzando Niki Lauda, campione del mondo nel 1977 ePiquet, campione nel 1981 e nel 1983. Un investimento cominciato con 200 milioni e salito ai 6-7 miliardi annui della Formula 1 fl'1% del fatturato di gruppo). «Per noi è stato un veicolo creativo, ma oggi slamo In fase di desponsorizzazione — dice Domenico Barili, direttore commerciale del gruppo di Parma — e per molte ragioni: i costi sono diventati eccessivi rispetto ai ritorni e poi dopo dieci anni nello spo. abbiamo ritenuto di aver raccolto 11 possibile». Addetti at lavori sostengono che il tempo giusto della sponsorizzazione sportiva si collochi entro i tre anni, dopo può diventare controproducente. Non tutti sono d'accordo: Benetton, dopo aver sponsorizzato nel 1983 la Tyrrel e nel 1984/85 l'Alfa, da quest'anno ha un suo team personale -Benetton Formula' (ex Toteman). Oggi il gruppo di Treviso spende in queste operazioni il 35% del suo investimento di comunicazione e, se negli scorsi anni se l'è cavata con 35 miliardi, l'impegno sta salendo verso i 15, anche perché il tutto viene gestito direttamente. «Come sponsor spesso venivamo penalizzati, cosi abbiamo scelto di agire in prima persona» osserva Davide Paolini, responsabile della comunicazione di Benetton. «Lo sport oggi è diventato una facciata dell'azienda e non si limita alla Formula 1». Scendendo a dimensioni meno impegnative, vediamo aziende che sponsorizzano il calcio (un miliardo a stagione), il minibasket (250 milioni in pfù anni), il basket, altre „ site .tentano. Uftipne cyMm&ttì^/circa 100 milioni a mostrai. A ì. M19travarig■Pqlicziqvclac7spDsiCmmqscAevcplotaUzapdsmhmHezoanteppl'ssO(circa 100 milioni a mostra). A ie „ . ^nriito ì. Milano, Media Sport, nata nel 1979, ha flliato Media Art che tra l'altro ha trovato sponsor a mostre come quella dei Cavalli di Leonardo e della Cina' . a Venezia. Lo sport resta però il preferito e assorbe oltre il 90% degli investimenti. Perché? ■Perché — spiega Lioy — quella sportiva è una notoliertà di segno positivo, che si collega a momenti di esaltazione». Un esempio famoso è quello di Azzurra: 18 aziende vi parteciparono con un costo complessivo di 8 miliardi. Per la prossima Coppa America che si correrà in Australia nel 7987 il team Azzurra ha 23 sponsor, costo di 16 miliardi. Dice Riccardo Bonadeo, presidente e amministratore del Consorzio: «Nel 1983 avevamo fatto una certa fatica a mettere insieme il gruppo, questa volta abbiamo dovuto scontentare qualcuno». Anche all'epoca della prima Azzurra non tutti gli sponsor ebbero lo stesso «ritorno», vinsero solo quelli più grossi che riuscirono a sostenere con pubblicità tradizionale la loro partecipazione, come Alitalia, Cimano, Barilla, Fiat. Una prova che la sponsorizzazione non serve se non fa parte di un piano strategico dell'azienda. E' la tesi che sostiene anche Luca Montezemolo che, proprio per questo, ha creato una società di •comunicazione integrata*, la High Touch Enterprise: «Per essere efficace, la sponsorizzazione deve corrispondere a obbiettivi stategici della azienda, isolata non vale niente. E poi deve essere integrata con altre forme di pubblicità. Personalmente, penso che debba puntare sull'effetto novità e, in questo senso, ritengo lo sport uno strumento troppo sfruttato. Oggi meglio lo spettacolo o ti ieta*mm*j: '"V^térHii Sacchi . to

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