In tradotta con i poveri eroi di Khomeini di Robert Fisk

In tradotta con i poveri eroi di Khomeini Di ritorno dal fronte iracheno tra rassegnazione e vecchie parole d'ordine In tradotta con i poveri eroi di Khomeini NOSTRO SERVIZIO DA UN TRENO MILITARE IN IRAN — Sono fu fri giovani, molti hanno soltanto lo o 16 anni. Alcuni sono feriti. Se ne stanno nei vagoni di seconda classe, hanno i capelli rasati. Mangiano cialde ripiegate di pane nan, o dormono l'uno sulla spalla dell'altro. Hanno ancora addosso le tute giallo stinto, spiegazzate, della truppa contadina iraniana. Ma ho visto per primi i feriti, puntellati ai bastoni nei corridoi sussultanti, su e giù per le carrozze, come se soltanto lo sforzo riuscisse ad alleviare il dolore. Mi viene incontro un ragazzo con t capelli a zero, la faccia stravolta. Geme come un animale ogni volta che appoggia il suo peso alle stampelle, lancia occhiate accusatrici verso gli scompartimenti, come se i compagni fossero la causa delle sue pene. Un giovane in pantaloni kaki, il braccio avvolto nelle bende, siede sconsolato su una cassa vicino alla porta del vagone, la schiena davanti al finestri¬ no spalancato. Si lancia alle spalle i tappi delle bottiglie verso il deserto di qui, a Nord di Ahwaz, ridacchiando tra sé a intervalli regolari, in modo irritante. E' un treno lento, lia ansimato per 17 ore dalla melma del fronte, sullo Shatt elArab, attraverso le possenti montagne verso la piana di Qom. Un treno stanco, che porta a casa uomini stanchi della guerra. Quando fa buio, alcuni soldati lasciano gli scompartimenti sovraffollati e se ne vanno a dormire nei corridoi luridi. Devo arramplcare per coperte, stivali e zaini per raggiungere il - vagone ristorante., con i suoi finestrini rotti, le ali di pollo, il té e le fotografie virate in azzurro scolorito dell'uomo barbuto per il quale i soldati soffrono. Gente cordiale e maliconica. che bisbiglia «Giorno!, dai tavoli di formica, aspettando una risposta prima di sorridere. .Bella jang (la guerra)?., mi domanda uno I nel corridoio, patetico. «Saddam finito., dice un'altra voce spenta. E «Benvenuto in Iran». All'improvviso il treno affronta una valle stretta, dal finestrino si vedono montagne scoscese, vette bianche sotto una luna piena color d'arancia, ghiaccio scintillante sulla roccia, fiumi gelati e stelle. Una cresta sinistra — .Zard Kho-, spiega un soldato, montagna gialla — freneggia sul treno che striscia per le gallerie e anse di fiumi, in curve tanto strette che i fari della locomotiva si vedono ad angolo retto, illuminano i sassi dei torrenti neri e profondi. Una terra, questa, per la quale forse i ragazzi del treno sono pronti a morire. Pronti a morire anche per l'uomo della foto sbiadita nel vagone ristorante? Ma i soldati non guardano quasi fuori dal finestrino. Sul treno c'è uno di Ahwaz, un commerciante diretto a Teheran per un giorno, figura obesa dalla faccia rotonda che piange sulle sue prospettive economiche ma dice che si, sta meglio da quando c'è stata la Rivoluzione, perché la sua famiglici è diventata più religiosa. Che dice della guerra? Ci riflette un po', sincanta sulle cascate del fiume Baia Lid imbiancate dalla luna, innocuo corso d'acqua une, come tanti soldati di questo treno, alla fine sbocca nella melma dello Shatt el-Arab. «Penso che dietro ci sono gli americani — dice dalle tenebre del corridoi —. Ho saputo che Carter ha detto qualcosa di simile, l'altro giorno. Le grandi potenze ci vogliono deboli, ma vinceremo questa guerra-. Robert Fisk Cop> righi Iiint-s Nev,«.paperv> e per l'Italia «La Stampa>> I

Persone citate: Khomeini, Zard

Luoghi citati: Iran, Italia, Teheran