Peci è tornato libero, segreto il suo rifugio

Peci è ternato libero, segrete il sue rifugio Il primo grande pentito delle Brigate rosse ha lasciato il carcere di Alessandria Peci è ternato libero, segrete il sue rifugio dal nostro inviato ALESSANDRIA — Patrizio Peci, l'ex capo della «colonna» torinese delle Brigate rosse, il superpentlto che con le sue confessioni ha lnferto il più duro colpo al partito armato, è tornato in libertà. Una libertà vigilata concessagli dalla Corte d'appello di Torino su parere favorevole del giudice di sorveglianza alessandrino, dottoressa Letizia Califano. Il provvedimento della magistratura reca la data del 20 febbraio scorso. Peci è dunque libero da una settimana, nascosto e protetto in un luogo segretissimo. Inutile insistere presso i magistrati e 1 carabinieri per saperne di più. Ammettono soltanto che il giovane ex terrorista accusato di otto omicidi e di una serie di attentati si trova in Italia e deve sottoporsi alle previste misure dei vigilati. Il direttore del carcere di Alessandria, dottor Vin¬ cenzo Castoria, si limita a confermare che Patrizio Peci 'da alcuni giorni non è più uno dei duecentocinquanta detenuti ad Alessandria». Il superpentlto arriva ad Alessandria alla fine dello scorso maggio. Deve scontare una condanna definitiva a otto mesi per una rapina del '76 ad Ancona. Il suo è un ritorno nell'istituto in piazza don Sorta. Vi era rimasto per circa tre anni dopo l'arresto, avvenuto 11 19 febbraio del '79, a Torino. In quel periodo, agli inquirenti (i giudici torinesi Giancarlo Caselli e Maurizio Laudi, 11 generale Dalla Chiesa) confessa segreti decisivi per smantellare l'organizzazione terroristica. Poi ottiene la libertà provvisoria, interrotta dopo una prima condanna definitiva. Cosi rientra in carcere, ancora ad Alessandria. Patrizio, che ora ha 33 anni, è ancora sconvolto per l'assassinio del fratello Ro¬ berto, ucciso dalle Br come ritorsione alle sue confessioni. Con i compagni di cella si sfoga: 'Dicono che sono io il responsabile della morte di Roberto. Un giudizio terribile. Se mio fratello ha detto questo è perché gli avevano promesso di liberarlo». In carcere, Peci chiede e ottiene di lavorare in cucina. Frequenta la biblioteca, talora si rivolge al cappellano mons. Remigio Cavanna per avere libri e quaderni per appunti. «£' stato tra i primi a voler frequentare un corso di informatica col computer», ricorda il cappellano. Peci non è credente, ma «era molto rispettoso verso i credenti». Mons. Cavanna aggiunge: •Non posso affermare di averlo conosciuto bene perché Peci era molto riservato, parlava poco e sapeva mascherare bene i suoi sentimenti». Ma è vero che vuole sposarsi? •L'ho letto anch'io da qualche parte, ma lui non me ne ha mai parlato». Qualcuno ad Alessandria assicura che tra gli ammessi ai colloqui con Peci, oltre ai familiari, vi sia stata più volte una giovane, occhiali scuri e capelli castani. La sua futura sposa? Inutile chiedere conferma in carcere. Evasiva è la risposta anche quando si accenna al malore che l'avrebbe colto durante una recente trasmissione televisiva con le immagini del fratello Roberto «processato» dai suoi sequestratori. >/o posso dire soltuvto — rileva il direttore, dottor Castoria — che Peci non ci ha 7.vii procurato fastidi. Per noi è stato un detenuto normale, che ha avuto lo stesso trattamento degli altri». Quanto possa durare la libertà concessagli, non è ancora possibile stabilirlo. Finora l'ex brigatista ha collezionato condanne per una decina di anni di carcere. Quattro ne ha già scontati, due gli sono stati condonati. Bisognerà attendere che diventino definitive tutte le sentenze. Il suo difensore, aw. Aldo Albanese, si trova in questi giorni all'estero e soltanto al ritorno potrà esaminare l'eventuale ipotesi di una richiesta di grazia al Capo dello Stato. Per ora Patrizio Peci si sta godendo 1 primi giorni di riconquistata libertà. «La vita — ha confidato recentemente in un'intervista — è bellissima. Secondo me vale la pena di viverla fino in fondo». Guido J. Paglia