La Roma infedele del giovane Piranesi di Angelo Dragone

La Roma infedele del giovane Piranesi La Roma infedele del giovane Piranesi fin dal 1745 ne aveva compreso già ventisette nella prima impressione delle sue 'Varie vedute di Roma'. Ed è forse il caso di ricordare anche come l'Amidei. avesse lavorato con diversi tipografi: dal celebre De Rossi per le Vite del Bellori (1731) a Carlo Barbiellini per l'edizione di Roma antica di Famiano . Nardini (1771) dopo che fin dal 1749 del Barbiellini aveva sposato la figlia dando origine alla famiglia, tuttora fiorente, dei conti Barbiellini Amidei. Le 'Vedutine' — come è stato proposto di chiamarle da Alessandro Bettagno, perché non vadano confuse con le più grandi e note • Vedute' che il Piranesi continuò ad incidere si può dire per tutta la vita — erano l'opera d'un architetto appena venticinquenne che, nella semplice eleganza del loro segno, non mancava di far sentire i modi luministici -delle precedenti sue esperienze veneziane. Giovò certo al giovane veneziano, come ha notato Georges Brunel (Roma 1978), l'essersi trovato in un 'Circolo di giovani', tra gli editori Pagliarini che nelle loro opere anticipavano lo spirito dell Encyclopédie, e quel Nicola Giobbe, grande imprenditore edile e collezionista di quadri, stampe e con una cospicua biblioteca di cui il Piranesi potè approfittare largamente. Alcune vedute di Roma, tra le prime del Piranesi, secondo Siila Zamboni, erano già comparse in GLI studi su Giambattista Piranesi sono stati alimentati in questi ultimi anni da una ricca messe di notizie e documenti. In occasione del secondo centenario della morte ebbero particolare rilevanza due convegni, che si tennero l'uno a Roma a Villa Medici, l'altro a Venezia alla Fondazione Cini, su ^Piranesi tra Venezia e l'Europa: I contributi a quei convegni portarono precisazioni biografiche — con significativi spostamenti di date, per esempio, sui soggiorni veneziani dopo la partenza per Roma del 19 'settembre 1740 (al seguito del nuovo ambasciatore della Serenissima) — e furono presentate le consonanze riscontrate da Siila Zamboni tra l'opera giovanile del Piranesi e le incisioni del Grechetto e di Stefano della Bella, cosi come già aveva fatto, da parte sua, Carlo Bertelli. Al Bertelli stesso si deve ora l'ampio saggio che apre l'album (cm 24,5x35) di recente pubblicato in accurato facsimile dalle Edizioni II Polifilo (Milano 1985) su 'Le piccole vedute di Roma* di Giambattista Piranesi; con note alle tavole di Carlo Pietrangeli (pp. 220, L. 110.000). Si tratta di quarantotto tavole che costituiscono la rarissima prima serie di stampe che l'architetto e incisore veneziano dedicò agli edifici moderni e alle 'parlanti rovine' dell'Urbe. A pubblicarle per la prima volta era stato il libraio romano Fausto Amidei, senese di origini, che Roma moderna distinta per rioni edita dal Barbiellini sotto la data del 1741, anche se il carattere più tardo di talune tavole ha fatto ipotizzare che i fascicoli fossero tenuti sciolti presso l'editore che di volta in volta avrebbe potuto cosi intercalarvi le proprie aggiunte. L'album s'apre con il Palazzo dei Cenci, archiginnasio romano; segue San Carlino alle Quattro Fontane, dove si fa subito evidente il modo irreale con cui le strade vi sono allargate per meglio presentare gli edifici che vi si affacciano. Può a tutta prima stupire l'infedeltà piranesiana di fronte ai motivi ritratti, cosi come puntualmente viene rilevato nelle precise schede di Carlo Pietrangeli. Certo non è mai casuale, ma la logica cui ogni volta risponde — e può essere una logica sempre diversa, da caso a caso — la dice lunga sull'intenzionalità di quelle vere e proprie licenze visive e che vanno dallo spirito del 'Capriccio', col suo gusto scenografico, al proposito di esaltare il momento d'una particolare bellezza architettonico. Ed è anche questa una prova dell'omaggio che non soltanto attraverso la maturità delle sue Vedute, ma fin dalle Vedutine, il Piranesi ha inteso fare alla città che in maniera cosi profonda ha certo conosciuto, per poterla poi piii liberamente rappresentareevocandone le molteplici suggestioni. Angelo Dragone i