Non basta l'orgoglio per spiegare l'Inghilterra
Non basta l'orgoglio per spiegare l'Inghilterra Non basta l'orgoglio per spiegare l'Inghilterra PARE che nascere Inglesi sia una delle grandi concessioni che il mistero della predestinazione elargisce al più fortunati. Un visitatore italiano dell'Inghilterra Intorno al 1500 si trovò a dover constatare che »gll inglesi ritengono che non vi siano altri esseri umani al di fuori di loro, che non vi sia mondo al di fuori dell'Inghilterra». Al giorni nostri 11 professor Kenneth O. Morgan, di Oxford, curatore di una Storia dell'Inghilterra edita da Bompiani e autore del capitolo conclusivo, per spiegare la tenace indifferenza e ostilità del Regno Unito ai tentativi di unificazione europea negli ultimi decenni scrive che gli inglesi •consideravano gli altri europei occidentali alla stregua di incomprensibili estranei, ai quali li legavano ben pochi vincoli naturali». E, nelle ultime righe del volume, egli proclama l'unica bellezza di »essere cittadino britannico», auspicando «che cosi si continui a fare anche nei secoli a venire». Ho qui richiamato 11 mitico orgoglio britannico non per dare una nota di colore, ma perché temo ch'esso abbia a che fare più che poco con l'Impostazione di questa Storia dell'Inghilterra, opera di dieci studiosi, impegnati in una ricostruzione complessiva, il cui più evidente difetto è proprio una chiusura nazionale che solleva anzitutto un problema metodologico di fondo. Si può scrivere una storia nazionale, tanto più come quella dell'Inghilterra, se- Navi inglesi nel porlo di Bombay (da un dipinto del '700 di Lambert c Scoti) interna e soprattutto la. politica Internazionale lasciano molto a desiderare. Un aspetto positivo di. questo libro, come sottolinea 11 Morgan nella sua prefazione, è di mostrare come, contrariamente al modulo che 11 periodo vlt-' torlano ha finito per Imporre alla visione globale della storia inglese, questa, in effetti, sia *piena di soluzioni di continuità e di bruschi cambiamenti di ritmo e di direzione». Inoltre, in particolare, felici sono le parti in cui 11 Gilllngham illustra 1 nodi creati dalla conquista di presenta come una storia «organica», di fatto 1 vari capitoli sono stesi In un modo che riesce difficile e faticoso, poiché troppe parti oscillano fra le riflessioni critiche e una crona-J ca contratta e forzata^' Quel che ne deriva è una Storia ben lontana, ad esemplo, dalla limpidezza propria di un'altra opera, della serie Bompiani quale la Storia degli Stati Uniti del Jones. E va detto, ancora in generale, che certamente le pagine migliori e utili sono quelle dedicate allo sviluppo economico e .». sociale, mentre la politica condo uno spirito di accentuato «isolazionismo»? L'impostazione che gli autori in generale hanno dato al loro contributi è di scrivere dell'Inghilterra assorbendo solo strumentalmente e marginalmente 11 contesto più ampio della stessa civiltà europea, cosi da rendere In molti casi persino impossibile comprendere quale sia stato 11 ruolo creativo e specifico della storia nazionale. E a ciò aggiungo un ulteriore problema, legato alla tecnica prevalente della scrittura. Menare si QUANDO, si pensa al salotto letterario si pensa soprattutto al salotto letterario francese e a quel suo clima di leggerezza e fatuità, di raffinatezza e di musicalità, di fascino intellettuale e culturale che è, insieme, un fatto di costume e un'invenzione lettera-' ria. ciò che è stato e ciò che ne è stato scritto, magari da un Proust nel disegno di alcuni personaggi indimenticabili della Recherche. Ma è certo che quel fascinosi salons hanno lasciato un'impronta nella letteratura oltre che nel costume. Del resto, il secolo che lì vide nascere e prosperare,' tra Sette e Ottocento, ma soprattutto l'Ottocento, La cultura nell'Italia dell'800
Persone citate: Jones, Kenneth O. Morgan, Lambert, Proust, Scoti
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