Washington gli aveva chiesto « di non ricorrere alla forza »

I TAMBURI I TAMBURI DELLA PROTESTA VATTENE! Notte agitata e «vertice» di Gabinetto alla Casa Bianca Washington gli aveva chiesto « di non ricorrere alla forza » Un sottomarino statunitense era pronto a raccogliere il presidente se avesse accettato di andarsene - Il gólpe alla televisione Usa «minuto per minuto» di ALDO RIZZO I senatori Lugar e Durenberg hanno parlato a ben tre canali televisivi, dopo un incontro col direttore del Consiglio di sicuressa nasionale, l'ammiraglio Poindexter, l'uomo che ha stilato il comunicato di ieri. Hanno dato la sensasione, poggiante non si sa su quali retroscena, che da un lato Reagan interverrà pesantemente su Marcos prima del suo insediamento a Manila domani, e che dall'altro il presidente delle Filippine, se messo con le spalle al muro, si rassegnerà. Lugar è stato esplicito: -Reagan ha in pratica disconosciuto il governo di Marcos-, ha sostenuto. -Finora ha usato misure e ritegno, ma gli eventi sono preci¬ Reagan, rientrato a Washington, ha riunito alla Casa Bianca, con il suo inviato Philip Habib appena rientrato da Manila, il segretario alla Difesa Weinberger, il segretario di Stato, Shults, il capo della Cia, Casey, tutto il gabinetto di crisi, insomma. Intervistato alla televisione Nbc, Marcos ha smentito di aver ricevuto un invito a dimettersi da Washington. Ha svelato invece che ieri Reagan gli ha mandato un messaggio «in cui ha espresso la speranza-, ha asserito, -che il popolo delle Filippine possa decidere sensa spargimento di sangue*. Non s'è trattato di un messaggio ostile, ha continuato il presidente filippino. Alla domanda, ripetuta due volte: -Che cosa farebbe se Reagan le chiedesse di scegliere l'esilio?-, Marcos ha però risposto in modo ambiguo. Dapprima l'ha ignorata, poi ha affermato: -Non discuto sulla base di ipotesi. Non credo che Reagan farà una cosa del genere. Se la farà, vedremo-. Interpellata da numerosi giornalisti, la Casa Bianca ha reagito alle dichiarasioni di Lugar e Durenberg con un secco -no commenU. -Il Presidente — hanno detto i portavoce — è in attesa del rapporto del mediatore Habib. Prenderà una decisione sulla sua base e su quella della riunione del Consiglio di Sicuressa nasionale che ha indetto per oggi-. Significativamente, i portavoce hanno fatto riferimento al comunicato dell'altro ieri, in cui per la prima volta la Casa Bianca ha proclamato illegali le elesioni nelle Filippine e incapace di governare il regime di Marcos. WASHINGTON, ORE 23,58 (Agenzia Italia) — Il presidente Reagan ha invitato quello filippino, Ferdinando Marcos, a non ricorrere alla forca contro gli elementi dell'esercito che gli si sono ribellati se non vuole che siano sospesi gli aluti militari al suo Paese. Il portavoce della Casa Bianca, Larry Speakes, ha spiegato che un eventuale attacco (che tuttavia risulta già essere iniziato) potrebbe risolversi in un bagno di sangue, provocando gravi danni ai rapporti tra Manila e Washington. Prima di far pubblicare il suo avvertimento a Marcos, Reagan aveva tenuto una riunione di un'ora con i suoi principali collaboratori tra i quali l'inviato speciale americano Habib, appena tornato da Manila, il segretario di Stato Shultz, il vice presidente Bush e 11 direttore della Cia. «Now. go», e ora vattene, era già due settimane fa il titolo di copertina deU'dEconomist», sul volto estenuato e malato, ma ancora infido, di Ferdinand Marcos. Era infatti evidente che, questa volta, l'arroganza del potere non avrebbe salvato il vecchio autocrate filippino, o almeno non sarebbe bastata a scoraggiare gli oppositori. Marcos poteva solo provocare una guerra civile, e per questo doveva andarsene, deve andarsene. A questo punto, il problema, per gli Stati Uniti, è se riusciranno a (ipilotareii la crisi verso sbocchi pacifici c ragionevolmente «democratici». La prospettiva tragica di uno scontro armato intestino c ancora tutl'altro che scongiurata. E se anche i militari che si sono ribellati, insieme col ministro della Difesa, avranno il sopravvento senza spargimento di sangue, rests da vedere che uso faranno del potere: se lo consegneranno agli oppositori democratici di Marcos oppure lo gestiranno ambiguamente, secon do la logica dei «pretoriani progressisti». Infine è incerto quali conseguenze tutto ciò potrà avere per la montante guerriglia comunista: una perdita di motivazioni e di «spazio» o un'occasione di crescita nel vuoto di potere? Da anni si diceva che le Filippine erano una polveriera politica, in quella cruciale posizione strategica tra due oceani, e a mezza strada tra l'Asia comunista e l'Australia, fra l'altro ospitando le due più grandi basi militari degli Stati Uniti, fuori del pitati-. Durenberg ha indicato che Reagan telefonerà al presidente filippino, invece di inviargli un messaggio, chiedendogli di abbandonare il potere -nell'interesse del suo Paese e degli Stati Uniti-. Lugar, che ha capeggiato gli osservatori americani alle elesioni all'inisio del mese, ha compiuto un'analisi die a molti è parsa ispirata dalla Casa Bianca. Le Filippine e gli Stati Uniti, ha detto all'incirca, hanno bisogno di un governo che contenga la guerriglia comunista nelle isole e che ne promuova lo sviluppo economico. Poiché Marcos e. c. (Segue a pag. 2-5* col.)