Futuro con Cory? di Aldo Rizzo
Futuro con Cory? Futuro con Cory? (Segua dalla 1* pagina) guerra civile, tuia volta che la protesta «non violenta», gandbiana, dei sostenitori della vedova Aquino, si sia rivelata impraticabile o inutile. L'ipotesi meno probabile e che Marce* riesca a svelenire la situazione complessiva con gesti concilianti, clamorosamente tardivi: come la destituzione del generale Ver, già coinvolto nell'assassinio di Benigno Aquino, e «assolto» dal potere; semmai può derivarne un risentimento fra gli alti gradi militari, un altro fronte di lotta e di crisi. Poiché non si vede nessuno sbocco costruttivo, che non sia quello della partenza di Marcos (una soluzione alla Duvalier), tutti guardano a due istituzioni: la Chiesa cattolica e, appunto, le Forze Armate. L'appoggio dei vescovi filippini a «Cory» Aquino è un gesto lungimirante, che contrasta o riduce l'ipoteca dell'estrema sinistra. Ma risolutivo, in questi casi, è l'atteggiamento dei militari, tuttavia anch'esso pieno di incognite: fra gli alti gradi verosimilmente tentati di prendersi il potere in proprio e gli ufficiali intermedi, o una parte di èssi, attratti dalle ragioni dell'opposizione democratica, anche in vista di una lotta più efficace e «pulita» alla guerriglia comunista. In tutto questo, per un osservatore lontano, che ricordi le molte situazioni analoghe, nel Terzo Mondo e anche altrove, c'è un senso penoso e inquietante di «déjà vu», di cose già viste e vissute. Ricordate il Vietnam? Naturalmente, dello «scenario» vietnamita si usa e si abusa, tutte le volte che è minacciata una posizione occidentale, o americana, e gli Stati Uniti rischiano di farsi coinvolgere in una guerra di usura. Ma le Filippine sono un caso abbastanza verosimile di ripetizione della storia, tanto più che gli interessi strategici americani nell'arcipelago (con le due più grandi basi estere della macchina Usa) sono più concreti di quelli, che in fondo erano soprattutto di «immagine», nel Vietnam. Certo, non ci sono Filippine del Nord già comunistizzate e portatrici di un disegno implacabile di unificazione nazionale. Non c'è un Ho Chi Mino, filippino. E l'Urss, almeno ufficialmente e almeno per ora, si limita a guardare. Ma è disperante l'ipotesi che ventimila «consiglieri» americani arrivino a dar man forte, contro la guerriglia, a un esercito filippino militarmente poco efficiente e politicamente diviso (anche se quest'ipotesi è stata smentita, ' ma non si sa con quanta sincerità, dal Pentagono). E neppure è di buon augurio il viavai, che comincia, degli emissari politici della Casa Bianca. Nel «déjà vu», c'è anche il senso d'impotenza del dire, del ripetere, che situazioni del genere non andrebbero fatte arrivare al punto di rottura. Probabilmente c'è una vischiosità, difficile da vincere, nei processi politici. Ma le esperienze, compresa ora questa delle Filippine, dovrebbero valere un po', almeno per il futuro. E nel futuro occidentale, o americano, c'è per esempio un «caso Cile». Aldo Rizzo
Persone citate: Aquino, Benigno Aquino, Duvalier
Luoghi citati: Cile, Filippine, Stati Uniti, Urss, Vietnam
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