In astronave verso l'apocalisse

Ci eravamo illusi che esplorare lo spazio fosse senza rischio: come continuerà la sfida? Ci eravamo illusi che esplorare lo spazio fosse senza rischio: come continuerà la sfida? In astronave verso l'apocalisse «Finché ci sono personaggi con la voglia di grandi avventure, bisogna continuare» dice Carmen Mera, moglie di Moravia. «Che sono 7 persone nella storia della civiltà?» Unyasfronave salva f'umanifà nell'ultimo romanzo di Anthony Burgess. Dice lo strinerei «Non dobbiamo arrenderci: ogni meno di conoscenza racchiude un rischio da pagare» sc ROMA — In casa Moravia, stanze luminose e alte sugli alberi del Lungotevere, le immagini tragiche del Challenger non sono entrate, scrittore, anche Carmen Llera non ama la televisione e l'unico apparecchio è quasi sempre spento. Ma l'eco di quell'orribile morte nello spazio è ancora viva, rinnovata da giornali e riviste che si ammucchiano in salotto con montagne di libri. Lo scrittore non c'è, e la sua giovane moglie si meraviglia quando sente che invece è proprio lei che dobbiamo intervistare. La prima domanda, dunque, è sua: ^Perché proprio io?» Perché le sue recenti nozze con Moravia hanno fatto scalpore, Carmen Llera è ormai un personaggio, e poi la vittima della navetta spaziale americana che più ha commosso l'opinione pubblica non era un'astronauta, ma una donna di professione insegnante. *E'molto diverso il rischio e il sacrificio di una donna da quello degli uomini?», ribatte lei aggiungendo: «La morte della maestrina non mi ha colpito più di quella degli altri sei. Anch'essa evidentemente amava il rischio, come i suoi compagni di viaggio. Mi sembra una prova collettiva di grande coraggio, e la loro morte è stata terribile». Parla lentamente e con decisione. Ha trentatré anni, un figlio dal preceden te matrimonio che vive in XlìOl relazioni J^mm% presso l'editore Bompiani. Siede nel divano attenta e raccolta. «/( matrimonio non ha cambiato nessuna delle mie abitudini, e poi vivo qui con Moravia da ol tre quattro anni», dice, Teme soltanto che le si chieda, ancora una volta, come vive la differenza d'età, quarantacinque anni, con il marito scrittore. Come ha vissuto la trage dia della navetta spaziale americana? Quali interrogativi le ha posto? . - Una sciagura che mi ha fatto un'impressione terribile, anche se non ho visto le riprese della televisione. Ma ho letto molto, praticamene te tutto quello che è stato scritto sinora. Cosa dire? Ho l'impressione che ci siano molti misteri in questa vi cernia, e spero vengano chiariti.. Non ha mai sognato di (are un viaggio nelle stelle? •Non ho alcuna curiosità per le stelle e per tutto ciò che e al di fuori della Terra. Personalmente non sento alcuna attrazione per lo spo¬ e eto e per i viaggi spaeialU. E questa maestrina, che Invece era partita felice con II compito di tenere' una lezione dallo spazio? I «Si tratta di inclinazioni e) desideri molto personali, ed evidentemente in lei c'era un'attrazione particolare per lo spazio. Certamente, si trattava di una donna molto coraggiosa e la sua sorte mi ha colpito profondamente, come quella degli altri». Anche lei ha fatto l'insegnante appena arrivata a Roma, per cinque anni. «Si, ma ho capito che l'insegnamento non faceva per me. Era una tensione continua, una fatica durissima. Sono felice di aver cambiato mestiere». Secondo lei dovrebbero smetterla di mandare gente nello spazio? Lasciare questa avventura a robot e computer? •Se c'è gente disposta ad andare nello spoeto, perché non farlo? Il gusto del rischio è naturale, lo comprendo e lo accetto se uno non è costretto a correrlo. Ma se si tratta di una libera scelta, va benissimo». Lei comunque, non ci an-. drebbe mal, a nessuna condizione? 'Assolutamente, mal. Si tratta però del mio caso, che non vale ovviamente per gli altri, dal momento che molti partirebbero subito. A me l'idea di andare sulla Luna non mi attira per niente. E poi soffro di claustrofobia: il pensiero di essere rinchiusa in piccoli affari come quelli mi fa orrore». Preferisce guardare allo spazio con i piedi ben piantati in terra? «Per la verità amo molto volare e quando posso prendo volentieri un aereo. Ma è perché sono impaniente, e uso l'aereo soltanto per arrivare al più presto in un posto. Però soffro troppo di claustrofobia e non farei mai un viaggio in una navicella spoetale. Ogni volta che vedo i filmati dei lanci o delle prove, gli astronauti in tuta che s'avviano sorridenti, io mi sento soffocare, non vorrei mai essere al loro po¬ sto». DALL'INVIATO Le piacciono 1 libri di fantascienza? <Il genere in sé non mi ispira più di altri. Ma amo molto i libri, tutti i libri che mi capitano tra le mani. Amo persino il loro odore». Cosa succederà ora, per I viaggi spaziali? »Finché l'umanità ha questa curiosità, questa voglia di scoprire, e finché ci sono persone capaci di farlo, con la voglia di imbarcarsi in grandi avventure, bisogna continuare su questa strada, anche se c'è il rischio di morire. Ma sono tanti i rischi della vita, che se si dovesse tener conto solo di loro il mondo sarebbe fermo. Bisogna rischiare, anche se io non potrei farlo, almeno per quanto riguarda lo spoeto». Questo ultimo grave incidente, non farà da freno alla corsa verso le stelle? «Penso di no. L'avventura umana va sempre avanti e non ci si può fermare. Cosa sono sette persone, nella storia della civiltà?». MONTECARLO C'è un'astronave destinata a salvare l'umanità mentre incombe la catastrofe finale. Anthony Burgess l'ha intesa come «ancora di salvezza» per gli abitanti del mondo, nel suo più recente romanzo »La fine della storta». Il mondo si sbriciola, distrutto da un pianeta di nome Lynx. L'autore, tutto •britannico» più che Inglese, come si definisce, un alchimista della narrativa che scrive mentre compone musica e butta giù note per canzoni, sinfonie, ballate, da quando aveva quattordici anni, mentre pensa a un racconto, appare convinto della possibilità di emigrare nello spazio. SI avverte in lui la vocazione a questa avventura cosmica. Ma ci può ancora essere l'astronave di salvataggio? La catastrofe del Challenger non ha incrinato la sua con Gianni Pennacchi vlnzlone? Dopo la tragedia vissuta e sofferta «In diretta», non dobbiamo forse rassegnarci a non volare nello spazio? Non siamo condannati a rimanere incollati qui, sulla crosta terrestre? Il nostro è un sogno astrale che tramonta? Ne parliamo con Burgess. Lo scrittore non ha esitazioni: 'No, direi di no. Penso che questi esperimenti debbano continuare, nonostante ciò che è accaduto, nonostante tutto. Dobbiamo considerare il pericolo come una eventualità inevitabile da accogliere ed essere preparati a un tale rischio». Non dobbiamo quindi arrenderci? •No, non lo possiamo fare. Ogni messo di conoscenza, vuoi per lo spazio, vuoi per le invenzioni che segnano altrettanti passi avanti dell'uomo, racchiude un rischio da pagare», risponde Burgess. Lei accetterebbe di intraprendere un volo nello spazio? •La risposta è affermativa. Alla mia età potrei provare, perché no, potrebbe essere una esperienza interessante». Burgess, nato a Manchester, ha sessantanove anni, vive con la moglie Liana a Montecarlo, e conserva l'entusiasmo di quando compose la prima canzone e scrisse 11 primo libro. Nel suo libro più recente «La fine della storia» lei parla di una catastrofe e spesso è stato considerato un «apocalittico», un pessimista che predica disastri. Pensa, dunque, a un olocausto nucleare? Risponde Burgess: 'Circa dieci anni fa ebbi ad Harvard una conversazione con Van Alien, proprio lo scienziato che ha dato il nome alle famose "fasce". Ebbene ricordo come Van Alien già allora considerasse assai più probabile una catastrofe cosmica per una collisione fra mondi, fra corpi celesti, che non per un disastro nucleare. Non dobbiamo pensare sol tanto in termini di pericolo atomico ma considerare anche che ve ne sono altri nel¬ l'universo in cui viviamo». Diceva, Burgess, di un «prezzo» da pagare per ogni conquista, per scoprire qualche cosa, e ha anche scritto quali sono, a suo avviso, le maggiori conquiste, I tre maggiori fenomeni del secolo. «SI, nella nostra epoca direi che sono sostanzialmente l'aver scoperto l'inconscio, grazie soprattutto a Freud, il socialismo come dottrina, la possibilità, attraverso i razzi dell'astronautica, di muoverci e di viaggiare nello spazio». Per accrescere la conoscenza? 'Anche, questo sì, ma soprattutto per uscire dal nostro campo, dall'aiuola in cui abitiamo, e andare a costruire un nuovo impero umano spaziale, per colonizzare lo spazio, per portarci noi», afferma Burgess. E con noi che possiamo esportare da «colonizzatori spaziali»? Anche Freud e Trotsky, protagonisti cosi eloquenti e anche simboli nel suo ultimo racconto? No, nessuno dei due. Non servirebbero e non possono'arrivare fra le stelle. Sono adatti solo al nostro sistema, quaggiù. La sola cosa che può servire nello spazio è la verità matematica. I due personaggi non possono essere idonei a fabbricare una nuova civiltà. Einstein andrebbe meglio, forse si, ma devo anche ammettere che io sono un romanziere, non un filosofo». La verità matematica, dunque. Non per nulla Burgess, nel romanzo, mentre la fine del pianeta Terra incombe, afferma: '...l'unico elemento del nostro passato che si potrà recuperare e mettere in salvo sono i giochi di abilità o di fortuna, basati su un'astrazione numerica. Tutto il resto, letteratura, metafisica, musica, arte, è catalogabile come niente più che nostalgia. Che ce ne faremmo di versi d'amore all'ombra dei sicomori sotto il chiaro di luna?». Lo conferma? 'Certo, la matematica come verità e Einstein». Se lei dovesse mettere Insieme l'equipaggio per un'astronave destinata a viaggiare nello spazio, tutte persone che le sono simpatiche, chi sceglierebbe? Burgess non pare avere esitazioni: « Al berlo Moravia e sua moglie, il compositore italiano Luciano Berto, il primo ministro inglese, la signora Thatcher, e anche il filosofo Alfred Jules Aver». E se dovesse Imbarcare a bordo persone antipatiche? »Farei salire sull'astronave molti presidenti, ossia uomini politici, molti leader, subito Gheddafi, e anche l'ayatollah Khomeini, personaggi della televisione, presentaWrtvc1te''ct",hamo stancatoti' annoiato con il loro protagonismo. Ma preferisco l'equipaggio simpatico. Nello spazio vedrei soltanto persone creative, non negative». Anche il suo recente libro è Infiorato di poesie. Se ne dovesse comporre una ora per colóro che si sono persi per sempre nello spazio, con questa tragedia, che cosa si sentirebbe di scrivere? «Cosi all'improvviso non saprei. Quelle persone coraggiose... mi verrebbe in mente una composizione inglese ma vorrei per gli amici italiani pensarla in italiano Pare quasi di ravvisare un presagio nelle brevi rime che ha posto in una pagina di La fine della storia: «...e sparire docili come per gioco nel risucchio o come giocondo nel cuor delle fiamme lor meta Ricordi che disse il poeta in un oscuro momento? Cosi finisce il mondo, bangi, e non un lamento». Renzo Rossotti

Luoghi citati: Harvard, Manchester, Montecarlo, Roma