«Vogliamo In aula i politici » di Francesco Santini

«Vogliamo In aula i politici » Palermo, parla il legale della famiglia Setti Carraro al processone antimafia «Vogliamo In aula i politici » Ha chiesto la citazione come testimoni di Spadolini, Andreotti, Rognoni - «Dobbiamo sapere quali poteri furono conferiti a Dalla Chiesa: il generale svolse il suo compito in condizioni di isolamento» - Riserve espresse dagli avvocati cbe tutelano i figli dell'ex prefetto DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Da Lima ad Andreotti, da Spadolini a Rognoni: alcuni degli uomini importenti dello Stato sono chiamati da un giovane avvocato romano a testimoniare nel bunker di Palermo al processo contro le cosche. Sono le 11,40. Riesplode 11 caso Dalla Chiesa. Teso e appassionato, il legale arrivato da Roma continua a dettare nomi eccellenti: Antonio Maccanico, Rinaldo Coronas, Michelangelo Russo, Prende flato e aggiunge Rino Formica, Emanuele Macaluso, sino alla giornaliste Giovanna Pajetta. Francesco Caroleo Grimaldi, 33 anni, è al primo processo importante. La voce gli si spezza in gola. Rappresenta la famiglia di Emanuela Setti Carraro e spiega: 'A parte Maccanico e i giornalisti, questi personaggi che voglio ascoltare escono molto male dall'ordinanza istruttoria. Dovrebbero essermi grati: devono venire a Palermo per cancellare in qualche modo un'ombra che va eliminata». Nel prendere il microfono si rivolge alla Corte: -Se la nostra istanza verrà accolta — dice — fa speranza di ottenere giustizia diverrà una certezza. In caso contrario e lo dico col cuore in mano — ci prepareremmo ad un naufragio: n presidente Giordano lo interrompe: "Guardi, avvocato, la Corte non accetta queste proposizioni offensive. La richiamo. Se insiste con questo tono e con queste provocazioni le tolgo la parola*. Caroleo Grimaldi ribatte «Le chiedo scusa se sono stato poco chiaro*. n Presidente corregge: «ncntvcDnsEgmrd «Direi poco civile, fa Corte non consente intimidazioni o consigli*. Il taglio politico s'insinua nel processo. Nell'aula sale la temperatura per quest'intervento prematuro, non con* cordato. Le parti civili dei Dalla Chiesa subito prendono le distanze. Si allineano sulle riserve del magistrato, E' passato appena mezzogiorno quando, fuori tempo massimo, l'avvocato Moccia ro si precipita in aula. Chiede di parlare. Nello stupore, afferma: •Anche noi, nell'interesse del la difesa, vogliamo che i poli tìci vengano in aula*. Caroleo Grimaldi ha un gesto di impazienza. Arrossisce. Mocciaro è il legale di Pippo Calò, il capomafia che a Roma gesti va gli interessi finanziari e politici di «Cosa nostra Adesso se lo trova accanto nella richiesta. Subito, Inter¬ l e o ¬ viene l'avvocato Fileccla, che difende anche lui molti mafiosi ed aggiunge: 'Noi riteniamo che i testi indicati dalparte civile abbiano influenza: non dobbiamo mai chiudere la porta in faccia a qualunque strada che porti alla verità*. L'ombra dell'omicidio del generale-prefetto rientra nel processo. «Jvbi vogliamo sapere — dice Caroleo Grimaldi perché Dalla Chiesa fu mandato a Palermo nelle condizioni meno iti nee per svolgere il suo compito. Condizioni di isolamento che armarono la mano dei suoi assassini*. E continua: .Il giudice istruttore ha elaborato un pesantissimo atto d'accusa ad una classe dirigente: noi non vogliamo fare un processo politico, ma un dibattimento serio. Devono renderci conto. Non li vogliamo alla sbarra, che vengano e chiariscano le accuse che il giudice istruttore ha lanciato contro di loro Il pubblico ministero Signorino rimane freddo. Dice con determinazione: «La Corte si riserva*. S'oppongono 1 difensori di alcuni mafiosi di second'ordine. «Qui si processa Cosa nostra e i responsabili dell'omicidio del prefetto — ha detto il p.m. —, se vev'sero alla luce altre responsabilità, al di fuori di Cosa nostra, c'è già un'indagine avviata, è l'istruttoria bis che se ne dovrebbe occupare*. Caroleo Grimaldi cita la sentenza di rinvio a giudizio firmata dal consigliere istruttore Caponnetto, scritta in gran parte dal giudice Falcone. Ecco la pagina 3498: •E' certo che Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato catapultato — si legge — in "terra di Sisfq e o i Sicilia" nelle condizioni meno idonee per apparire l'espressione di una definitiva e corale volontà statuale di porre fine al fenomeno mafioso. Di qui Cosa nostra ha ritenuto di poterlo colpire impunemente perché impersonava soltanto se stesso e non già, come avrebbe dovuto essere, l'autorità dello Stato*. Ma che cosa dovrebbero venire a dire a Palermo questi dieci testimoni tento importanti? Caroleo Grimaldi risponde: * Il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Maccanico, deve soltanto riferire che i poteri chiesti da Dalla Chiesa erano del tutto leciti e concedibili». E Spadolini? «Era il Presidente del Consiglio* e Rognoni? e Andreotti? Caroleo Grimaldi cita ancora la sentenza istruttoria. Pagina 3510. Il generale Dalla Chiesa «sapeva benissimo che per rimuovere le cause profonde del potere mafioso, occorreva recidere i tesami tra fa mafia ed alcuni membri di partiti politici. Senza mezzi termini aveva informato di questa sua intenzione autorevoli esponenti di partiti governativi e lo stesso ministro dell'Interno*. « Valgano per tutti — ripete Caroleo Grimaldi — il colloquio tra Dalla Chiesa e l'onorevole Andreotti e l'incontro con il ministro dell'Interno il quale — e ciò gli fa onore —, all'osservazione di Dalla Chiesa che con il nuovo incarico avrebbe potuto colpire qualche esponente del suo partito, rispose che egli era un prefetto della Repubblica e avrebbe potuto e dovuto incidere sul fenomeno mafioso senza riguardi per nessuno*. Francesco Santini Francesco Caroleo Grimaldi vlr

Luoghi citati: Lima, Palermo, Roma, Sicilia