Al processo entra in scena Antonov

Al processo enfiti in scena Antonov All'ottavo giorno di requisitoria il pm Marini si occupa della «pista bulgara» Al processo enfiti in scena Antonov L'accusa attacca l'alibi del caposcalo della Balkan-Air - «Qui non dobbiamo misurare soltanto la credibilità di Agca» DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Che fine ha fatto Rossitza Antonova, la moglie dell'ex caposcalo della Balkan-Air accusato di complicità nell'attentato al Pontefice? E perché i bulgari hanno fatto di tutto per tenerla lontana dai giudici italiani? Il pubblico ministero Antonio Marini, che, al Foro Italico, è giunto ormai all'ottavo giorno di requisitoria (si avvia cosi a stabilire un record storico), è tornato a porsi ieri gli interrogativi che hanno accompagnato per quattro anni l'inchiesta sul complotto per assassinare Giovanni Paolo II. Completato l'esame delle posizioni dei turchi coinvolti nel processo, l'accusa si è inoltrata lungo quel -versan¬ te assai più delicato» costituito dalla cosiddetta «pista bulgara, e lo ha fatto parlando subito di Antonov, del suo singolare comportamento», delle sue •reticenze», delle sue -bugie». Antonov è un personaggio importante nell'impostazione dell'accusa e Marini ha voluto ricordarlo, quasi che il turbinio di dichiarazioni e smentite di Agca avesse messo il secondo piano la figura del funzionario bulgaro, sospettato di appartenere ai servizi segreti. «JVoi — ha detto il pubblico ministero — dobbiamo verificare punto per punto le dichiarazioni di Agca. Non è il primo processo in cui troviamo contraddizioni, ritrattazioni, ma abbiamo il dovere di misurare non solo la credibilità di Agca, ma ancfie quella di Sergeij' Antonov». E in primo luogo Marini si è quindi dedicato a ricostruire la credibilità del suo alibi. Tra le prime dichiarazioni subito dopo l'arresto, nel novembre del 1982, Antonov, oggi agli arresti domiciliari nella casa di via Pola, afferma che il 13 maggio 1981 egli si trovava al lavoro negli uffici della Balkan-Air e con lui c'era anche la moglie Rossitza. Qualche tempo dopo, però, si corregge: .Rossitza non c'era perché era partita 1*8 maggio per la Bulgaria, in auto, con i coniugi Krastev. Qual è la verità? Mente Agca quando dice di aver visto il 10 maggio la signora Rossitza nella casa di via Pola? Per il pubblico ministero sono molte le contraddizioni in cui sono caduti i Krastev confermando quel viaggio con la moglie del funzionario e nessuno è riuscito a provare che sia veramente avvenuto il passaggio della frontiera di Fernetti, vicino Trieste, quell'8 maggio 1981. «Unico elemento oggettivo che avrebbe potuto dimostrarlo — ha affermato Marini — era il passaporto della Rossitza». Ma, guarda caso, mentre i Krastev sono in grado di mostrare i loro documenti d'espatrio, le autorità bulgare sostengono di aver distrutto quel passaporto e dicono di non poter permettere alla donna di rientrare in Italia perché correrebbe il rischio di •atti arbitrari contro la sua libertà». E, a proposito di Antonov, del quale tornerà a parlare martedì alla ripresa del processo, Marini ha ricordato che la magistratura ha respinto ben 13 istanze di scarcerazione presentate dai difensori. Che il bulgaro facesse parte dei servizi segreti del suo Paese, poi, è una circostanza confermata, secondo il pm, da diverse testimonianze, tra le quali quella dell'esule bulgaro Velitcco Pelchtev, che Antonov prima dice di non conoscere ma poi è costretto a riconoscere durante un confronto in carcere.

Luoghi citati: Bulgaria, Italia, Roma, Trieste