La Lady e la Beata

Là Lady e la Beata UN ENIGMA TRA ARTE E RELIGIONE Là Lady e la Beata Che la raccolta di quadri italiani della National Gallery di Londra sia la più scelta e la più completa oggi esistente (specie per ciò che riguarda il periodo anteriore alla metà del Gnquecento) non sono il solo a crederlo: molti storici dell'Arte mi fanno, in questo giudizio, buona compagnia. La più recente aggiunta allo splendido insieme è un dipinto cui mi sento particolarmente legato (non dico affezionato) e che ha dato origine a un capitolo speciale nella mia attività di ricercatore. Fu Richard Offiier, il grande studioso dei Primitivi italiani (che dalla nativa Vienna era approdato alla New York University) a darmene una minuscola fotografia, accompagnandola con le parole $Bcco un ' quadro da studiare, non lo abBandoni», quando ci incontrammo per la prima volta a Firen ze, nel 1947. Fu cosi che, a Londra l'anno seguente, la mostrai all'amico John Pope Hen nessy, che mi pose in contatto con la proprietaria del curioso dipinto, Lady Catherine Ashburnham. Rammento vagamente- il viaggio per recarmi ad Ashburnham Place nel Susscx, la partenza mattiniera dalla Victoria Station, l'arrivo a Tunbridge Wells e a Battle, poi un lungo percorso in auto, attraversando un grande parco, pieno di rododendri in fiore, con un lago e un ponte guardato da due cani in marmo; infine l'incontro con Lady Catherine, l'ulti' ma, severa discendente nubile della grande famiglia cattolica che aveva sfidato le terribili persecuzioni protestanti ai tempi di Carlo I, che poi età risali' ta al pristino splendore, e che nel secolo scorso era stata-rappresentata da Bertram Ashburnham, uno dei sommi bibliofili e raccoglitori di quadri di ogni tempo. La grande dimora, che visi tai assieme alla proprietaria, non conteneva più i libri, tutti venduti alla morte di Bertram, nel 1878 (2202 Volumi, tra cui fl923 manoscritti-sc-no .òggi nella Biblioteca Laurenziana di utenze, altri r^Daf^lipt^èqùe Nationale di Parigi, altri ancora nella Morgan Library di New York) e molti quadri erano già partiti da decenni per vari, illustri musei di America e di Europa: restavano gli avanzi della gtande raccolta, ma di quale livello! Il dipinto che a me intetessava era certamente dovuto a un artista di Rimini, del secon do quarto del Trecento: ma cosa mai raffigurava questa singolare scena, con una donna vestita di un curioso abito e inginocchiata davanti all'appari zione del Redentore con gli Apostoli, mentre Giovanni Evangelista le porge un libro ' aperto e iscritto? Il mestiere del conoscitore presenta talvolta delle stranezze, in parte dovute alla memoria visiva, in patte al verificarsdi coincidenze estremamente improbabili ma che, quando accadono, si susseguono l'una al l'altra in una sotta di serie, talein certi casi, da far pensare a un disegno occulto e incomprensibile. Appena vidi il quadro Ashburnham, fui certo che si trattava del compagno duna Natività, da tempo nota alla critica e che oggi si trovin un museo della Florida; mrestava enigmatica la strutturdell'insieme che riuniva unscena evangelica a un soggetto così fuori della norma comquello che mi stava ^avanti. Fu poche settimane più tardi che, sfogliando a Roma ulibro sul Tempio Malatestiandi Rimini, trovai riprodotta lmisteriosa scena, grazie a un'incisione tratta da un raro volume pubblicato nel 1755 dallstorico Giuseppe Garampi, prefetto dclfArchivio vaticano poi cardinale, intitolato Memo a I &nJo i ne... delia beata Chiara da Rimini. Costei è la donna inginocchiata nel dipinto, che l'autore settecentesco descrive nella sua integrità, con la Nascita di Cristo a riscontro (come avevo ipotizzato), e con una Croafissione (che sinora non è riapparsa) nel centro. Ma il fatto più singolare è che il Garampi afferma di aver visto, nel Monastero della Beata Chiara a Rimini, due dipinti di eguale struttura e di identico soggetto; ora, a distanza di pochi giorni, trovandomi ad Ajaccio in Corsica nel visitare il lo cale Muséc Fesch mi imbattei nell'altra, e più antica, versione descritta dalla fonte settecentesca, versione che è completa e che costituisce uno dei capolavori della Scuola del Trecento a Rimini. Tutta la ricerca si era così svolta entro un tempo brevissi mo; tra l'altro, essa verteva su due ripetizioni, anche se di diversa mano, di un medesimo dipinto, cosa che, per il secolo XIV, non è rara ma rarissima (se ne conoscono solo due o tre esempi). Pubblicai un saggio sul Burlington Magazine del 1950; poco dopo, Lady Catherine-^(chc, avevo rivista a Rpma per-l'Anno Santo), mori all'inni-' prowiso, lasciando unico erede un lontano pronipote di-fede protestante. Mi fu detto che per odio religioso costui decise di farla finita con la sede di una delle più antiche dinastie cattoliche del Regno Unito: spogliata dei suoi tesori (che finirono dispersi all'asta londinese di Sotheoy) Ashburnham Place divenne un manicomio, e il quadro che mi aveva portato dentro quella che considero una bizzarra avventura filologica è ora riapparso per trovare una stabile e illustre dimora. Ma da quel tempo non è cessata un'altra mia ricerca parallela, relativa alla Beata Chiara, non in quanto personaggio singolo, bensì parte di un fenomeno storico sul quale (o meglio, sulle cui motivazioni) poco o nulla si conosce. Chiara da Rimini, al secolo Chiara Agolanti, nacque nel 1280 e mori nel 1326. Assai ricca e mondana, sposò il figlio della sua matrigna; ma quando, quoXuasGvteMCcmitBelLdgdcsslqrnello stesso giorno, padre e a a a o e marito morirono nelle lotte contro i Malatesta, la sua vita cambiò di tenore, e da suscitatrice di scandali divenne la fondatrice di un convento, prenvoti seconde- la regola di Chiara di Assisi, e macerandosi con terribili penitenze. Il punto che mi ha sempre incuriosito è che la sua vicenda non è che un episodio di un fenomeno, come quello delle - Beate, che specie tra il 1250 e il n 1350 circa ha avuto come sede o quasi tutte le città,, grandi a piccole, dell'Italia soprattutto - centrale. Una volta mi ero de- dicato a un censimento delle o Beate: ne avevo un elenco di - molte dozzine, da Michelina di e Pesaro a Umiliana di Firenze, - da Chiara di Montefalco ad Angela da Foligno, accanto quelle di Orvieto, dell'Aquila, | di Siena, e così via. Alcune sono poi divenute sante (Rosa di Viterbo, Francesca di. Roma, Verdiana di Castelfiorcntino, per non dire di Caterina da Siena, di Chiara di Assisi, di Caterina da Genova o di Margherita da Cortona) cosa significa una così improvvisa presenza, nei fatti religiosi del sesso femminile? E' soltanto nel campo della fede che ne vanno individuate le motivazioni? Oppure queste vanno ricercate anche nella fioritura della vita comunale? F lecito scorgere, in queste vicende personali (molte delle quali rispondono a una storia mondanità convertita, simile quella della riminese Chiara), una .sorta di spinta in senso che oggi si direbbe femminista} Sante e 'beate umbre tra il XIII e il XIV secolo si intitola una Mostra iconografica, di alto interesse, che attualmente si può visitare nell'Oratorio del Gonfalone a Foligno, e che verte su sei celebri donne vissute nell'area tra Assisi, Foligno, Montefalco, Cortona e Città di Castello. Leggendone il grande catalogo (che contiene saggi molto dotti, e ricchi di precise informazioni) mi è parso di tornare a quando ricercavo Beate, delineando le strutture essenziali della loro vita, dei loro scritti, delle loro visioni. Le considerazioni sollecitate dalla lettura del catalogo filli gnate sono tuttavia tali e tante da richiedere molto spazio; an che perché il fenomeno in questione cambia di significato seconda del punto di vista del l'osservatore, specie quando questi rimanga ancorato al terreno del laicismo più stretto. Federico Zeri ' s Glti <<La visione della Beata Chiara da Rimira» (dipinto di Scuola riminese del Trecento ora alla National Gallery di Londra)

Persone citate: Battle, Bertram Ashburnham, Federico Zeri, Giovanni Evangelista, John Pope, Lady Catherine, Lady Catherine Ashburnham, Umiliana Di Firenze