Lèo Ferré, le parole non sono accessori di Enzo Gentile

Leo Ferré, le parole non sono accessori Recital del cantante-poeta al Piccolo di Milano Leo Ferré, le parole non sono accessori MILANO — Piccolo Teatro tutto esaurito per il recital di Leo Ferré, una specie di eroe per quei sostenitori della canzone francese di qualche generazione fa. Leo Ferré è un signore che pratica la professione di poeta e di intrattenitore come se il tempo non fosse mai trascorso, scolpito nella storia contemporanea, immutabile e proprio per questo inalienabile dalle mode, dal rincorrersi e dalla nascita dei nuovi linguaggi. Proposto ai milanesi su iniziativa del Centro culturale francese, Leo Ferré ha presentato, per circa un paio d'ore ininterrotte, canzoni ben tese e corpose, sempre sul filo di un eccellente ardore- intellettuale: il suo più recente recital, dal titolo Leo Ferré canta 1 poeti, è una digressione tengo i ricordi, le passioni, i miti del cantautore francese, un gesto d'amore verso la propria cultura, oltre che un atto professionale. Tra luci basse, spesso scure e tagliate allo scopo di restituirgli una profondità teatrale, Leo Ferré ha snocciolato canzoni e poesie musicate come se recitasse un rosario laico, davanti a un pubblico di fedeli e discepoli ideali, completamente rapiti dalla sua interpretazione, affidata ora ai sussurri ora alle grida, contrappuntata da applausi frequenti e sinceri. Il look di Ferré è asciutto e severo, da asceta del palcoscenico: Leo è tutto vestito di nero, con due sole macchie estranee, i calzini rosso-fiamma e la testa bianca di capelli lunghi e arruffati. A conforto iella parola, Ferré esibisce una mimica facciale e una gestualità morbida che infonde una punta di humour al suo recital: muove passettini rapidi e volutamente goffi, scivola con accenni di dama dal pianoforte al microfono, gli unici attrezzi di lavoro a cui si affida per cantare, per lanciare qualche battuta tagliente. Il commento musicale esce dalla tastiera del suo •Steinway* a mezzacoda, oppure viene garantito da una base preregistrata: si tratta di melodie minime, di sfondi discreti che possono sembrare un pochino obsoleti e polverosi, ma che svolgono una funzione di corretto accompagnamento. Leo declama, in qualche frangente si aiuta leggendo, e i presenti lo seguono senza perdere neppure una battuta: «Io vi provoco all'insurrezione, vi provoco all'amore» rilancia alla platea il vecchio anarchico, bianco e selvaggio, indomito e ribelle, e il pubblico, eterogeneo per età e qualità, raccoglie la sfida con incitamenti d'ogni tipo. Fra gli autori della serata sfilano Rimbaud, Verlaine, Baudelaire, Apollinaire, Aragon, Villon, ma anche, come omaggio alla terra di cui è ospite', Cecco Angiolieri e Cesare Pavese, commemorato con una bellissima L'uomo solo. Alla fine gli verranno strappati tre bis, siglati da Ferré con la lettura in italiano di una sua lunga poesia che è insieme un testamento e l'urlo del guerriero: «Io non scrìvo come De Gaulle o come Tito Livio. Io parlo come. un -carie, io sono un cane»: ="-'x'"'*' • E' la chiusura migliore: coloro che si sono mobilitati nella notte fredda per ritrovare uno degli ultimi personaggi di un'epoca francese di splendore ormai al lumicino, hanno avuto modo di scaldarsi. In Leo Ferré la parola non è un accessorio, come in tante canzoni di consumo. Finché vivrà, saprà come usarla. Enzo Gentile e e i a i n l*« Ferré: grande successo, tre bis al Piccolo tutto esaurito

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