Le croci dei governatori

Le croci dei governatori Rigore delle banche centrali e pressioni della «ragion di Stato» Le croci dei governatori MILANO — Non sono sempre rose e fiori i rapporti tra le Banche centrali e i rispettivi governi. Sulla carta, questi ultimi hanno tutti gli strumenti per esercitare il controllo assoluto sull'istituto d'emissione (dal possesso azionario alle ispezioni programmate), ma nella realta si creano in continuazione contrasti che derivano da diverse impostazioni teoriche e pratiche nella gestione della moneta. I motivi del contendere infatti si incentrano per lo più sulla volontà del potere politico di allargare i cordoni della borsa, cioè abbassa* re 1 tassi di interesse e aumentare la liquidità del Paese (e questo può dipendere da scadenze elettorali oppure da una ricerca del consenso, o ancora da motivi sociali, quali la forte disoccupazione) e sul rigore dell'istituto centrale che mal tollera questi giri di walzer e preferisce anteporre l'ordine monetario e la coerenza dei comportamenti., Ad esempio, nel settembre del 1984 la Banca d'Italia alzò improvvisamente di un punto il tasso di sconto proprio mentre il governo auspicava una maggior rilassatezza monetaria per dare corpo alla ripresa economica. Lo screzio tra governo e via Nazionale fu ricomposto qualche mese dopo, in occasione della giornata mondiale del risparmio qui a Milano, quando sia Craxi che Ciampi riconobbero pubblicamente la necessità di armonizzare le rispettive vedute economiche. STATI UNITI — Qui la Federai Reserve, o meglio il sistema delle Banche Federali di Riserva (sono-12- in tutto il Paese) viene definita una creatura del Congresso, in quanto risponde al Congresso della propria politica monetaria; quest'ultimo poi può modificare a propria discrezione il mandato operativo del sistema federale. Ma è il Presidente degli Stati Uniti che nomina i sette membri del Board of Governors (o Consiglio dei governatori), e sceglie tra loro l'uomo guida dell'intero sistema. Troviamo quindi una Banca centrale sottoposta a pressioni da parte dell'esecutivo e del Congresso (non sempre il Presidente degli Stati Uniti gode della maggioranza al Congresso), cui si aggiunge la volontà interna dell'istituto di emissione di gestire la politica monetaria secondo proprie indicazioni. Negli Stati Uniti suscita parecchio interesse una corrente di pensiero che vorrebbe la Federai Reserve inserita nell'esecutivo per il fatto che la politica monetaria è una parte integrale della politica economica nazionale. Il controllo della moneta va coordinato al più alto livello con la gestione del Fisco e con il bilancio dello Stato. Comportarsi diversamente, sostengono questi teorici, sarebbe antidemocratico: la gestione della moneta rimane nelle mani di un'elite di esperti completamente sganciati dal processo poli¬ tico nazionale. Ovviamente, all'angolo tra la 20* Strada e Constitution Avenue (dove ha sede la Fed) la pensano diversamente. GRAN BRETAGNA — Qui il controllo sulle attività della Bank of England, la cui fondazione risale al 1694, spetta al ministero del Tesoro. Anche qui troviamo che il consiglio di amministrazione dell'istituto, composto da governatore, vicegovernatore e consiglio dei direttori, è nominato dalla Corona e non dal governo. Ma questa è forse l'unica falla in un sistema che vede la Banca centrale, il cui capitale è di proprietà dello Stato, operare come agente del.governo, gestire il debito pubblico, esercitare il controllo del cambi. Va anche detto però che uomini della Banca d'Inghilterra partecipando alle diverse commissioni del Parlamento concorrono a determinare la politica del governo. A sua volta quest'ultimo nomina il gover¬ natore, il vicegovernatore e i 16 direttori, ma di questi ben 12 sono scelti tra esperti del mondo bancario, industriale, commerciale e armatoriale. C'è persino un rappresentante delle Trade Unions, cioè un sindacalista, che partecipa alle riunioni della Court, l'equivalente del direttorio della Banca d'Italia. GERMANIA — In Germania 11 Zentralbankrat, cioè il Consiglio centrale bancario che guida la Bundesbank, è nominato dal Presidente della Repubblica, che però si attiene alle indicazioni del governo. La Bundesbank persegue'comunque una propria politica autonoma, che la porta ad un rigido controllo della liquidità; d'altra parte, tra i tedeschi è ancora vivissimo il ricordo dell'inflazione esasperata all'epoca della Repubblica di Weimar, per cui anche le misure più rigide vengono accolte senza eccessivi mugugni: la stabilità del marco fa premio su tutto. I contrasti, quando si verificano, avvengono a livello regionale: infatti nel periodo compreso tra il 1945 e il 1957 esistevano in luogo della Bundesbank le banche d'emissione regionali, gelose della propria autonomia. FRANCIA — Rigido, almeno in teoria, è il controllo del governo sulla Banque de France, creata nel 1800 da Napoleone primo Console. La direzione è affidata al governatore, che dispone dei più ampi poteri. Sia il governatore che i due sottogovernatori sono di nomina governativa. Il ministero 'delle Finanze scéglie poi a sua discrezione 7 del 12 membri del Consiglio generale. Ciò nonostante la gestione della politica monetaria è perseguita dalla Banque de France con la massima autonomia. Nel 1972 il Parlamento francese esaminò un progetto di legge per ridurre la discrezionalità dell'istituto d'emissione. Ma non se ne fece nulla. Gianfranco Modolo

Persone citate: Ciampi, Court, Craxi, Gianfranco Modolo