La Melato fra i carnefici di Pirandello

La Melato fra i carnefici di Pirandello L'attrice è protagonista al Carignano di «Vestire gli ignudi», regia di Sepe La Melato fra i carnefici di Pirandello Con la sua interpretazione strappa il testo al patetismo e vi insinua una nuova forza - Con lei in scena Luigi Diberti TORINO — Ha debuttato al Carignano, per il cartellone del Teatro Stabile, «Vestire gli ignudi» di Luigi Pirandello con la regia di Giancarlo Sepe e l'Interpretazione di Mariangela Melato. Pubblichiamo la recensione ohe Guido Davlco Bonino scrisse all'indomani della prima milanese dello spettacolo. Vestire gli Ignudi è, a mio modesto avviso, tra le commedie non belle o non interamente belle (si potrà cominciare a scriverlo, prima o dopo?) di Pirandello: ma ha al suo centro un personaggio bellissimo, quella Ersilia Drel che Maria Melato portò per prima sulle scene nel 1922... E' questa Ersilia, a dirla in una formula, la vittima sacrificale dell'intolleranza, dell'aggressività, che s'annida nel corpo sociale, nella folla, tra la gente. Ha avuto una vita infelice: istitutrlce, forse colpevole della morte della bimba affidatale, di una relazione adulterina col padrone, un tal console, di aver deluso, senza colpa, le attese amorose dt un altro, un tal tenente di vascello, finirle, dopo un ten tato suicidio, tra le braccia ambiguamente protettive di uno scrittore, ospite della stanza d'affitto di lui. Vorrebbe ora, finalmente, trovar requie: lei, che non è mal stata nessuno, vorrebbe, almeno, nell'ombra rivestire di un «abitino decente- una propria larva d'esistenza: e invece no, ecco saltar fuori quegli altri, a chiedere ragione del proprio amore, del proprio onore delusi o traditi: a toglier vita alla poverina quanto più con le loro parole pretenderebbero di dargliela: e allora Ersilia, davvero, pensa di togliersela da sé e, desolata, s'uccide. Il tema-chiave e il puntoforza di questa amara parabola laica dal titolo ironicamente evangelico è nell'idea di spoliazione, o, che è lo stesso, di spossessarnento della nostra personalità da parte degli altri. Vestire gli ignudi è l'esaltazione (polemica) della morte del privato: quanto più. gli altri pretendono di dare verità e coerenza alla nostra esistenza, tanto più ce ne privano. Vorremmo avere una nostra misura di interiorità, al riparo da tutti: gli altri ce ne depredano, di continuo, in nome del loro arbitrario volontarismo. Mi pare che Giancarlo Sepe abbia ben tradotto quest'intuizione in quell'atelier romano Anni Venti, ideato da Paolo Tommasi, che con le alte finestre sull'esterno e con quella inconsueta balaustra-passerella ha qualcosa di un tetro carcere, e con gli alti suoi scomparti grigi sull'interno ricorda vagamente una triste aula di cancelleria. S'accendono, curiose e minacciose, varie finestre di un corroso caseggiato antistante: e, non certo a caso, in apertura del terzo atto, il console, il tenente, lo scrittore sono dietro quelle alte finestre, protette da sbarre di prigione, paiono parlare ad Ersilia, die, ora bellissima, giace reclusa in basso, come in riquadro di cella. Ersilia è Mariangela Melato, una delle poclie attrici veramente intelligenti e sensibili della generazione di mezzo, che troppo raramente per quel che vale abbandona il grande schermo del cinema per il proscenio. Qui è d'una concentrazione spasmodica, tesa, insieme al regista, a strappare la sua antieroina al modulo, che nel testo è In agguato costante, di un patetismo indifeso. C'è anche questo, s'intende, nel languido corpo spossato della sua Drel: ma c'è poi la ribellione della donna che, stupefatta, s'accorge d'essere ancora forte, per brevi istanti imperiosa: c'è, nella gran scena del tardivo bilancio col console-amante, l'angoscia, che l'attrice rende magnificamente con quei suoi tipici mutamenti tonali, d'esser sempre più fraintesi, l'angoscia della comunicazione di continuo distorta. Il quale console è Luigi Diberti, attore sempre fine e sorvegliato nei toni di una certa qual ombrosa separatezza (io me lo sogno in uno Stabile tutto d'ex torinesi, con Volontè, Loria, Bucci, Blsacco, Herlitzka, linea d'attacco). Vibrante il tenente La Spiga di Daniele Grlggio; rilevata l'affittacamere di Anna Menichettl; sobrio lo scrittore Nota" di Renato Scarpa. Guido Davlco Bonino Luigi Diberti e Mariangela Melato In «Vestire gli ignudi»

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