Palestinesi, mitragliatrici e la Thatcher Non ci crederete, è il «Mose» di Rossini

Palestinesi, mitragliatrici e la Thatcher Non ci crederete, è il «Mose» di Rossini Perplessità a Londra per lo stravolgimento dell'opera e applausi al «Simon Boccanegra» Palestinesi, mitragliatrici e la Thatcher Non ci crederete, è il «Mose» di Rossini LONDRA — In questi ulti-'; mi anni, a Londra, va di moda dire che l'opera al Coli-, seùiWflaEnglish Òpera Cbm-j pdny, Eno) è migliore di quella alla Royal Opera, Covent Garden. Che la Eno si slancia in regie interessanti, in un re-\ pertorio più ampio che, con coraggio e meno soldi, dissemina la vera Arte. A dimostrare efie nulla può essere meno vero, le due ultimissime nuove edizioni, al Coliseum di Mose di RossUil e al Covent Garden di Simon Boccanegra df Giuseppe Verdi, specchiano le due istituzioni. Nel Mose di Rossini sul palcoscenico — poi non ci crederete — si alternano palestinesi con mitragliatrici, Mrs Thatcher con la sua borsettina e tacclietti, video luminosi, luci spioventi da campo di concentramento. In effetti tutta la retorica del -diamouno-shock-allo-spettatoreK è usata dal regista Kelth Warner, «uno dei nostri più brìi lantl», dice un direttore del Coliseum (chissà come sono gli altri!). Il Mose, assente dai palcpscenici inglesi da molte decadi, è una storia sul potere e volere di Dio; farne un pasticcio politico (gli ebrei vittime^ straccione, gli egiziani uno' stato-polizia, il faraone un Pinochet e la moglie del faraone, come si diceva, Mrs Thatcher!), veramente non ha senso. Ma si ha il sospetto che il Coliseum abbia una grande quantità di costumi che non. sa come usare, costumi di guerriglieri, nazisti, mafiosi' Mazeppa di Ciaikovski, Rienzl df Wagner, questo Mose di Rossini, difatti, sono tutti uguali ed intercambiabili. Il prossimo nuovo allestimento del Coliseum è Parsi-' fai. La camera dei costumi sarà certamente usata ed avremo probabilmente un Parsifal sl?»t(Ze al Mose/ A parte l'imbecillità dell'allestimento, il maestro Alberto Erede (pare che alla prova generale abbia chiesto dov'erano gli scenari) dirige con competenza ed intelligenza. DÌ cantanti, invece, non c'è che la moglie del faraone, Sinaida (Jane Eaglen) che ha una bella voce rossiniana. Di tenori, di bassi e baritoni non se ne parla neanche. Alla fine dello, spettacolo, calorosi applausi ad Erede e nutriti /ischi al regista ed ai costumisti. Pubblico invece molto contento al Simon Boccanegra che ha in Renato Bruson, Kiri Te Kanawa, Jonathan Sujnmers e Robert Lloyd (rispettivamente Boccanegra; Amelia, Paolo Albioni e Jacopo Fiesco) interpreti ideali. Ma la grande rivelazione è Giorgio Merighi. Quella parte, Gabriele Adorno, doveva essere cantata da Placido Do¬ mingo, per il quale i londinesi avevano fatto la coda e pagaio fior di quattrini. In un primo tempo, Domingo doveva interpretare Otello. Dopo il disastro messicano il tenoìe aveva deciso che sarebbe venuto solo per aiutare il Covent Garden, ma per una parte meno impegnativa. Il Covent Garden aveva tenuto, il cast che aveva per /'Otello (meno il direttore, Carlos Kleiber, che senza Domingo non si degna di dirigere) e tutti erano più o meno contenti, meno la gestione del Covent Garden che, per il nuovo allestimento deH'Otello, regia Peter Hall, aveva già speso cifre colossali. ' All'ultimo momento, Domingo .si è fatto operare e quindi è arrivato Merighi, nattWKÌi Ferrara che si rivelò al festival di Spoleto nel 1962. Anche il direttore d'orchestra, il bravo Edward Downes, ha tratto dai cantanti e dall'orchestra il loro meglio, cosi che questo Simon è tra i migliori spettacoli di quest'anno. La regia ed i costumi, semplici e fatti su un budget minuto, sono di Filippo Sanjust. Certo fanno- rimpiangere l'allestimento di Strehler che dalla Scala venne in visita al Covent Garden, ma questa è un'edizione più che degna, rispettosa del libretto e coerente. E che originalità! Ormai quel registi che seguono il libretto e che cercano di raccontare, spiegare la storia, sono pochi. Per essere veramente convenzionale Filippo Sanjust avrebbe dovuto presentare il personaggio di Simon Boccanegra come Reagan — o forse il presidente Kennedy, dato che viene assassinato. E perché non trasportare il tutto a Manila, con qualclie guerrigliero e tanti nazisti che vanno sempre bene, palcoscenici aperti, luci spioventi, fruste, bombe e campi di concentramento? Ma per aver ambientato il Simon Boccanegra a Genova, nel XIV Secolo, il pubblico è veramente grato al regista. Gaia Servadio . Giorgio Merìghi, Renalo Bruson e Kiri Te Kanawa in una scena del «Simon Boccanegra» di Verdi

Luoghi citati: Genova, Londra, Manila, Spoleto