Malta e le Sirene di Gheddafi di Igor Man

Malta e le Sirene di Gheddafi Geografia e business la spingono verso Tripoli, ma resta fortissimo il richiamo dell'Occidente Malta e le Sirene di Gheddafi DAL NOSTRO INVIATO MALTA — L'Italia è flugel-i lata dal maltempo, a Malta, sorride il sole ancorché raffreddato dal vento che da sempre leviga la pietra dorata dell'arcipelago. Il sole, le carrozze trainale da cavalli mansueti, le sale da tè, la circolazione a sinistra, l'incredibile nettezza delle strade, la soavità solenne delle case patrizie i cui costruttori, italiani e maltesi, seppero conciliare l'austerità religiosa con gli clementi decorativi di un'epoca che stava inventando il Barocco, tutto ciò crea un'atmosfera rilassante. E' questo il fascino di Malta, pietrosa c brulla ma «dolce siccome miele», come annotava Alphonsc de Lamartinc nel 1832. «Qiii si dimentica ogni malanno», scrisse il Caravaggio che pure vi pati la galera. Altri tempi, altri momenti: oggi Malta, seppur nella sua intatta bellezza, sotto la copertina dedicata ai turisti nasconde un groviglio di problemi, soprattutto di preoccupazioni. Qualcuno ha ironizzato sul ruolo di mediatore che il primo ministro Carmelo Mifsud Bonnici si è voluto assumere fra la Libia e l'Italia, tra Gheddafi e gli americani. Gli uomini dell'opposizione dicono: «Karmenu il postino ha sbagliato buca delle lettere» Ma si sa che il partito nazio nalista di Eddic Fencch Ada mi considera Gheddafi <<una Iattura intemazionale». Per conseguenza la politica del governo laborista, proiettata com'è verso la Jamahiria, vie ne giudicata dai nazionalisti maltesi «un vero e proprio attentato alla sovranità di Malta». «E guardi — aggiungono quelli dell'opposizione — clic la stragrande maggioranza della popolazione la pensa come noi». E' proprio cosi? Non è facile rispondere a codesto interrogativo ma, francamente, par landò qua e là con la gente, dal tassista all'avvocato, dal barman allo studente impegnato, si ricava l'impressione che quella ch'è una vera e propria alleanza tra Malta e la Libia sia più subita che apprezzata. Quando ho chiesto a un professore di liceo cosa ne pensasse del patto di amicizia e cooperazione stipulato da Doni Mintoff con Gheddafi nel novembre del 1984, mi ha risposto in italiano: «Mamma li turchi!». C'è una atavica paura degli arabi (<>li turchi») a sonnecchiare nell'intimo dei maltesi? Forse. E c'è anche la tradizionale fierezza nazionalistica che fa si che scoppi una piccola rivoluzione quando vengono aperti a La Valletta due negozi libici con tanto di insegna in arabo. Proteste di cittadini, lettere ai giornali, polemiche. Tuttavia i negozi libici sono in pieno esercizio a testimoniare non tanto della rassegnazione quanto del pragmatismo d'un piccolo Paese (cinque isole di cui solo tre abitate, 321 mila abitanti) piantato dal destino a 350 chilometri da Tripoli. E' stato ben scritto che ai maltesi piace considerarsi europei ma la storia li spinge verso l'Africa. Gli inglesi che seppero fare del cocktail storico di Malta (punici, fenici, romani, cavalieri crociati, musulmani, signori del Nord) «uno dei più eccentrici esempi di ordine e leggiadria imperiali» sono molto amati e, magari, rimpianti. Cosi come sono amali gli italiani, a dispetto delle bombe che l'aviazione di Mussolini rovesciò sull'isola quarantanni fa. A Malta si prendono» tutti i canali delle tv italiane, dalla Rai a Berlusconi, e questo fa sì che ogni giorno < il tessuto culturale maltese si arricchisca di italianità», per citare uno psicologo. Si può dunque spiegare la delusione del primo ministro Ronnici di fronte al «.grazie, no» di Craxi. E la sua amarezza per il giudizio sprezzante che un settimanale italiano attribuisce a Spadolini: «Craxi usa questo premier maltese Bollitici così come aveva usato W'alid Jwnblun durante il periodo caldo della crisi libanese, o lo stesso Abu Abbas durante il caso Achille lauro. Bella razza di mediatori che abbiamo». Mi dice Bonnici che se veramente Spadolini avesse cosi parlato «si potrebbe pensare ch'egli abbia più a cuore gli Interessi de gli Usa che non dei Paesi del Mediterraneo, fra i quali, se non erro, si trova l'Italia». Il signor Bonnici riafferma l'assoluta equidistanza di Mal ta ma, ripetendo il giudizio espresso da Gorbaciov a Pajct ta su Gheddafi («E' una realtà»), ammonisce: «Occorre evitare che il colonnello finisca fra le braccia dell'orso moscovita, ne andrebbero di mezzo i già precari equilibri mediterranei. /;' mai possibile che Reagan non se ne renda conto?». Certo l'amore per la pace non può non aver mosso un galantuomo qual è il signor Bonnici ma è anche presumi¬ bile che a sollecitare il suo al tivis'mo sia intervenuta una legittima preocupazione diremo domestica. Gli accordi con la Libia, infatti, aiutano la barca maltese a navigare in un mare difficile. Un Paese che non ha materie prime, che per l'awen to delle telearmi nucleari ha perduto ogni ruolo strategico, ha un disperato bisogno di mercati su cui esportare i suoi mobili, i suoi tessili sintetici... Ebbene verso la Libia Malta esporta per 17 milioni di lire maltesi (una lira vale circa quattromila delle nostre) mentre importa merci per sole 170 mila lire maltesi. Nelle scuole l'arabo è obbligatorio ma ci sono ben sedici joirtt-venturcs coi libici. Il regime di Gheddafi ha una partecipazione nella compagnia di navigazione Sea Malta, possiede due alberghi, il Corinthia e il Jenna Palacc. I libici soprattutto contribuiscono al turismo con trentamila presenze su circa mezzo milione (la maggior fonte di reddito dell'isola). In più forniscono il pc trolio a un prezzo di favore mentre 1500 lavoratori specializati maltesi lavorano in Libia, nei pozzi petroliferi di Mabruch o Augila. Tutto questo rappresenta più che una boccata di ossigeno per un Paese che ha diecimila persone senza lavoro. L'8,5 per cento di disoccupazione non è poco per un piccolo Paese che non vuole privare il cittadino di un'assistenza sociale di ottimo livello. Nel quartiere di notte, la Czira, i clienti più ricercati sono i libici. A Malta peccano gioiosamente annegando nell'alcol la noiosa austerity cui li costringe l'incorruttibile colonnello. Arrivano con i traghetti spesso con la famiglia al gran completo e comprano di tutto, svuotando addirittura interi emporii. Portano persino, a Malta, le automobili da riparare e pagano senza discutere fino a due milioni a settimana per un alloggio in un «residence». Eppcrò Gheddafi è un personaggio un po' invadente. Nel 1980 dopo un idilliaco periodo di collaborazione economica e militare, Dom Mintoff capi che il colonnello stava per prendergli la mano: in due e due quattro espulse i consiglici militari libici, dichiarò la propria neutralità affidandone, con un apposito trattato, la garanzia politica, economica e militare all'Italia. Ora è vero che quel trattato con l'Italia in fatto non è mai caduto, però oggi con la Libia e con l'Urss Malta ha un rapporto che prima non esisteva. Ed è questa la grande scommessa dei laboristi maltesi: riuscire a conciliare un Paese democratico alleato degli Siali Uniti quale l'Italia con una Ja mahiria che identifica Reagan con Satana e forse confonde, nel suo fervore islamico, l'irredentismo con il terrorismo. Una scommessa perduta in partenza, secondo gli uomini del parlito nazionalista; una scommessa sempre valida secondo il primo ministro Bon nici perchè, dice, «arriva un momento, nella storia, in cui per salvare la pace occorre dia logore non importa con chi» Ho detto al signor Bonnici: lei conosce certo il giuoco della torre. Ebbene se dovesse sce glicre fra Gheddafi c Reagan chi butterebbe giù? Risposta: «Nessuno dei due. Tutti possono servire alla causa della pace. Io sono socialista ma anche catto lieo praticante, sicché mi lasci ripetere che le vie del Signore sono infinite». Sennonché la Sesta Flotta sta per tornare al largo della Sirte. Igor Man La Valletta. Il primo ministro maltese Mifsud Bonnici (Tel.)