Non ci fu baratto dei laici di Andrea Manzella

Non ci fu baratto dei laici Quale legge elettorale? Non ci fu baratto dei laici C'è stata all'origine dell'introduzione della proporzionale in Italia uno scambio politico tra partiti di massa e partiti di opinione? Un'offerta di sopravvivenza in cambio di una patente di legittimazione? Nel dibattito dei giorni della Costituente (su cui vi è un libro assai bello, di Ernesto Bpt- . tinelli: ((All'origine della democrazia dei partiti») non vi è nulla che provi la lesi brillantemente proposta da Galli della Loggia sulla Stampa di domenica. I parliti di massa, incerti sul loro destino e sulle loro rispettive forze, furono proporzionalisti prima per reciproca garanzia e poi per esigenze strutturali del loro stesso modello di partito. Insediarsi dappertutto, contare dappertutto, radicarsi socialmente ovunque: erano linee di sviluppo che corrispondevano già da allora a necessità vitali del partitomassa (che, nella sua forma più moderna — la de — era già il «partito pigliatutto»). L'opinione liberal-repubblicana era profondamente diversificata negli uomini-chiave della cultura politica italiana.' Furono contro la proporzionale, irriducibili fino all'ultima votazione sulla legge elettorale che ancora ci governa: Croce, Nini, Einaudi, Orlando, Bonomi, Momigliano, Panfilo Gentile. Cioè quelli che erano stati i capi-cordata del manifesto anti-proporzionale del 18 ottobre 1945 e che non avevano esitato a richiamare l'attenzione degli alleati-occupanti sul «vulnus» alla Carta atlantica che la proporzionale, secondo loro, avrebbe inflitto. Per la proporzionale si schierarono invece Salvatorelli, Jemolo, Guido de Ruggiero e i repubblicani Conti, Perassi e Mazzei. Né mancarono le tesi intermedie: dell'azionista Paolo Barile, del socialista Massimo Severo Giannini, di Adriano Olivetti. II contraddittorio passò dunque all'interno dei partiti cosiddetti «laici» e si svolse completamente al di fuori del baratto «sopravvivenza contro legittimazione». Il dibattito sul sistema elet-' torale nel periodo della Costituente investì infatti due punti essenziali che, ancora oggi, sono i riferimenti da non smarrire: il ruolo dei partiti nel sistema; la stabilità dei governi. Gli antiproporzionalisti miravano a tagliare, con un sistema elettorale «a misura di elettore», le unghie ad una partitocrazia già prorompente (con le funzioni di «sostituzione statale» assunte dal Cln). Ed anche a garantire la stabilità dei governi, contro l'azione destabilizzante della proliferazione dei piccoli partiti, premiati dalla proporzionale. Andrea Manzella (Continua a pagina 2 In sosta colonna)

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