Kracauer: prima la realtà di Sancho Panza e poi gli ideali

Le riflessioni dello scrittore sulla storia Le riflessioni dello scrittore sulla storia Kracauer: prima Sh pla realtà di Sancho Panza e poi gli ideali FORSE è vero che in Italia si traduce troppo, come osservava qualcuno aprendo una polemica, tempo fa, proprio su queste pagine. Forse nessun altro editore nel inondo ha dato prova della buona volontà manifestata da Marietti, offrendoci nel giro di pochi anni ben tre opere dell'autore tedesco-nordamericano Siegfried Kracauer, certamente non molto noto, malgrado un Intenso curricuìum ricco di una lunga fase in patria, protrattasi fino al 1933 (la data di nascita risale al 1889). Poi un soggiorno in Francia, e quindi la sistemazione definitiva negli Usa, dove lo coglie la morte, nel 1966. Una scheda biografica simile a quella di altri grandi tedeschi costretti dai fatti a un destino ramingo e dispersivo. Nel caso di Kracauer, poi, sembra aggiungersi una dispersività anche tematica, al limite con l'eclettismo; e appunto la buona volontà dell'editore Marietti ci ha consentito la ricostruzione almeno parziale di una figura cosi poliedrica, dandoci in traduzione un romanzo (Glnster, frutto ancora degli anni trascorsi in patria), un saggio del periodo francese, come fa sospettare il titolo (Jacques Offenbach e la Parigi del suo tempo;, e in/ine una raccolta molto organica di articoli e capitoli usciti postumi col titolo assai suggestivo di Prima delle cose ultime, dedicati a riflessioni sul problema della storia. In precedenza un altro intervento editoriale di buona volontà, operato dal Saggiatore, ci aveva dato quello che resta il contri¬ buto capitale di Kracauer, Film: ritorno alla realta fisica, ma che ne complica ancor più Hmmaoine: si tratta dunque di un romanziere, di uno storico, di un teorico del cinema, di un sociologo delle comunicazioni, di un filosofo? L'autore per primo si preoccupa di cucire tra loro le fila di una rosa di interessi così disseminati, stabilendo un efficace collegamento tra l'attenzione al cinema e quella riservata alla storiografia. Entrambe hanno in comune il fatto di avventurarsi in una specie di 'terra di nessuno', che egli ama chiamare con un termine desunto dalla fenomenologia di Husserl: Lebenswelt, ovvero 'mondo della vita', orizzonte del senso comune, della quottdianità. E cinema e storia condividono, anche uj»., approccio «ambiguo., a un tale ambito comune e diffuso: co- Acqualinln di Picasso niugano cioè la soggettività e l'oggettività. L'occhio fotografico-clnematografico simula l'indifferenza, la neutralità, ma invece sa conferire un rilievo 'Straniato» alle cose banali e quotidiane, le fa uscir fuori dall'anonimia, assegna loro un rilievo epifanico (sempre in termini husserliani, si potrebbe parlare dell'applicazione di una 'epoche' sistematica). Ciò avviene, beninteso, se il cineasta e lo storico, solidalmente, rinunciano a 'partiti presi', cioè ad assunzioni soggettive schematiche e prevenute. Di qui una polemica insistita verso la storiografia di specie idealistica concepita da Croce e da Collingivood, poiché nel loro caso il soggetto, lo spirito dissolve la resistenza dell'oggetto, ed è troppo .a- riplasmare la ■ 4 a'propria immagine. ' Invece lo storico e il foto¬ grafo devono dialogare col reale, avvicinarlo umilmente, farlo parlare, consentirgli di accrescere la loro soggettività, aiutarla ad espandersi. Non per questo Kracauer si schiera dalla parte della microstoria, divenendo un adepto del metodo delle Annales, un seguace di Braudel (che non nomina neppure, forse perché non era ancora alla moda nel suol anni). Anzi, riconosce le buone ragioni anche della macro-storia, ovvero di un approccio ai fatti che si avvalga di ipotesi, da verificare a posteriori. Né empirismo spicciolo, dunque, né idealismo preconcetto o 'metafisico; quasi nel senso etimologico della parola, un senso che risulta echeggiato dal titolo enigmatico della raccolta postuma. Infatti le «cose ultime' cui vi si allude sono appunto i 'partiti presi' di ordine filosofico o ideologico, mentre 'prima» di esse si pone lo 'Spazio intermedio' a torto disdegnato da chi ama le soluzione estreme e unilaterali, tanto fertile, invece, per chi lo sa affrontare con lo strumento discreto della fenomenologia, favorita o no da un occhio meccanico. In sostanza, come è detto proprio in chiusura, si tratta di optare per Sancho Panza, per la concretezza, per la visione dal basso, avendo il coraggio di affermare che Don Chisciotte, cioè l'ambito delle proiezioni ideali, è manovrato dal piano-terra, e non vice-, versa. Renato Barili. Siegfried Kracauer, lire.

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