Ma che tristezza per Casanova non sedurre più di Alberto Ongaro
Le lettere all'ultimo nemico: Le lettere all'ultimo nemico: il maggiordomo del castello di Dux Ma che tristezza per Casanova non sedurre più /L dolore, il rancore, la paura, il senso di impotenza, la consapevolezza di non essere più nulla, di non avere un futuro e di possedere soltanto la memoria del proprio opulento passato, al quale peraltro pochi sembrano disposti a credere, insomma le componenti tragiche, meschine, lamentose di un uomo cui la sorte e l'età hanno tolto a poco a poco la bella abitudine di godersi la vita, emergono tutte assieme nelle lettere che Casanova scrive al suo ultimo nemico, Giorgio Feltkirchner, il volgare, dispotico e maligno maggiordomo del castello di Dux. Pubblicate dalle edizioni Studio Tesi con una bella prefazione di Piero Chiara (176 pagine. 18.000 lire) queste Lettere al maggiordomo scritte nei momenti di maggior sofferenza e mai spedite sembrano completare a dispetto dell'autore quella •Histofre de ma Vie. che non comprende il lungo arrtàfo "peHóitó di&qri&n'ii'i quale Casanova lavora a Dux come bibliotecario del conte di Waldstein perché l'avventuriero veneziano muore prima che la narrazione del suo romanzesco passato raggiunga un presente che di romanzesco non ha proprio nulla. E' attraverso queste lettere che conosciamo il declino di Casanova, gli anni sui quali forse egli avrebbe voluto mantenere il segreto anche se fosse vissuto più a lungo «per pietà verso se stesso» come scrive Piero Chiara, «e per non guastare l'equilibrio del grande racconto autobiografico al quale aveva affidato, non senza esito, la sua fama di narratore e di testimone dell'epoca». Di Giorgio Feltkirchner, l'uomo che avvelenò la vecchiaia di Casanova non si sa molto. Si sa che era un ex militare (la sua carriera co¬ minciata come soldato semplice si era conclusa con il grado di sottoluogotenente) e che nel 1787 era stato assunto come maggiordomo dal conte di Waldstein. Un uomo oscuro, dunque, una nullità agli occhi di chi, nonostante l'umile origine, è stato ricevuto da principi e re, è stato amato da gentildonne blasonate e sa di godere, almeno presso gli addetti ai lavori, di una buona reputazione di letterato. Ed è proprio la mediocrità dell'avversario, l'essere costretto a difendersi da un personaggio a lui inferiore in ogni senso che fa uscire dai gangheri Casanova il quale si sfoga a scrivergli lettere di insulti sanguinosi che tuttavia non spedisce e che finiscono per formare una sorta di diario pieno di odio tn cut vengono annotate giorno per giorno le sgarberie, le insolenze, le irrisioni che II vecchio avventuriero divenuto topo di biblioteca subisce dal suo persecutore. '.«E vi pregai»; strive Casanova, «di farmi alméno portare i pasti nella mia camera. Voi me lo rifiutaste e nel vostro rifiuto lo vidi il colmo della vostra Infamia: e allora riconobbi in voi il mandante di quella prode azione e sentii che dovevate coprire con la vostra protezione 11 vile agente del vostri ordini. Uomo Ignorante, essere senza alcun senso d'onore, senza alcuna idea di probità, senza la minima conoscenza della giustizia! Io sono sicuro che potreste anche provocare 11 mio assassinio C'è qualcosa di patetico in questa prosa furente, qualcosa che intenerisce ma anche irrita. Perché se è vero che Feltkirchner ha fatto II possibile per rendere difficile la vita di Casanova (arriva al punto di far rubare un ritratto del veneziano e di attaccarlo imbrattato di sterco alla porta dei gabinetti del castello: la prode azione di cui sopra) è anche vero che, da vecchio, l'avventuriera non doveva essere un uomo facile a trattarsi: la permalosità, la facilità a risentirsi, l'orgoglio esasperato di cui dà qua e là segni anche In età giovanile raggiungono in tarda età proporzioni maniacali. Ne sono testimonianza le parole del principe di Ligne. amico e protettore di Casanova, il quale nelle sue memorie fa un ritratto (compreso nel volume delle Edizioni Studio Tesi) allo stesso tempo affettuoso e impietoso del suo protetto. «Non vi era giorno In cui per 11 suo caffè, il suo latte, 11 suo piatto di maccheroni — che egli esigeva — non nascesse qualche discussione nella casa. Il cuciniere gli aveva fatto mancare la polenta, lo scudiere gli aveva dato un cattivo cocchiere per venirmi a trovare, dei cani avevano abbaiato , per tutta la jotte, un numero maggiore di commensali di quanti Waldstein non ne aspettasse era stata la ragione per cui egli. Casanova, aveva dovuto mangiare a un tavolo appartato, un corno da caccia gli aveva lacerato le orecchie con il suo timbro aspro e falso. H curato lo aveva annoiato mettendosi in testa di volerlo convertire, il conte non gli aveva dato il buongiorno per primo Ecco, forse In quest'ultima frase sta la chiave della psicologia di Casanova. Consapevole delle qualità di cut la natura lo aveva dotato si è battuto per tutta la vita perché fossero riconosciute, per essere rispettato nonostante l'origine umile, perché i potenti della terra gli dessero il buongiorno per primi. Venezia è l'Istituto Centrale del Restauro. Rafforzate dalla intelligente operosità di benemeriti funzionari, sparsi nel territorio nazionale. Operosità che avrebbe dato frutti ancor più cospicui se il ministero avesse maggiormente ascoltato le loro richieste. Soprattutto se avesse sviluppato idonee strutture decentrate per la preparazione di restauratori pubblici e privati. In tal modo — cioè rafforzando e qualificando anche il settore dei restauratori privati — si sarebbe arrivati pure ad un tornaconto economico per lo Stato. Ultima riprova, la recente indagine svolta dalla Soprintendenza ai Beni artistici e storici di Napoli, relativa ai costi per restaurare un dipinto. I risultati sono questi: se fatto con personale statale, mediamente 14 milioni, se fatto da privati 6 milioni. Cioè, più del doppio. Francesco Vincitorio Frontespizio della seconda «Scienza nuova» di Vico (1730) puro significato delle parole nelle due lingue. C'è una concezione diversa della cultura. C'è la rilevanza e la mediazione della eloquenza, della retorica. La perfezione dell'umanità, la realizzazione del progetto di mondo civile è un istante raro, fra salite difficili e rovinose discese, ritorni di imbarbarimento. Se ogni costruzione, anche la più alta, resta precaria, ogni caduta, anche la più temibile, continua a brulicare di connessioni, se¬ gnali, riferimenti che ricominciano a tessere il disegno della costruzione appena distrutta, un germogliare sulle macerie che annuncia la tensione della ripresa, l'anelito a risalire dal fondo, verso stadi progressivamente superiori «di organizzazione e di verità». Questa presentazione del mondo — cultura e storia secondo Vico — ha posto a Mooney un problema grandioso: come guidare, lo studioso americano a non so¬ Alberto Ongaro
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