Mia madre Margaret Mead ritratto affettuoso (con momenti di rabbia)

La famosa antropologa nei ricordi della figlia La famosa antropologa nei ricordi della figlia Mia madre, Margaret Mead: ritratto affettuoso (con momenti di rabbia) Il cantante ci parla della nuova collana di libri esoterici, «L'Ottava» Bardato: tra una e l'altra faccio l'editore CURIOSA, invadente. vulcanica, Qualcuno ha detto di lei che collezionava persone. Margaret Mead era cosi famosa che la intervistavano alla tv come un oracolo. La interrogavano su tutto: l'allevamento dei bambini, le crisi dell'adolescenza, la libertà sessuale, la marijuana. E trovava sempre una risposta non conformista. Piccola, spesso appoggiata a un lungo bastone, divideva la sua vita tra gli uffici al sesto piano del Museo di storia naturale a New York e i viaggi, i giri di conferenze, le amicizie. Quando mori a 77 anni, nel 1978, era diventata quasi un simbolo: rinfondatrice dell'antropologia, pioniera delle ricerche sul campo a Samoa e in Nuova Guinea, autrice di libri rivoluzionari sul costumi, i ruoli sessuali, il condizionamento genetico e quello culturale. Sacerdotessa di una disciplina che rispetta la diversità dei popoli, aumenta le possibilità di un significato della vita, non va a caccia di presunte devianze da un modello ideale. Ma lei, Margaret, com'era veramente? Tra i biografi che affrontano questo pianeta personale ora c'è la figlia, Mary Catherine Batesan che ci offre un ritratto pubblicato da Feltrinelli e tessuto di ricordi, affetti e qualche interrogativo: .Con gli occhi di figlia» (pagine 239, lire 28.000). Mary Catherine, anche lei antropologa, non traccia della madre un disegno a tutto tondo, ma ne fa una biografia intuitiva: alla raccolta di documenti e interviste preferisce «disporre e accordare le parole» a suo modo. Descrive l'intreccio di momenti vissuti, colloqui, interni nell'alloggio al Margaret Mead con la figlia Man Catherine incontrato Bateson in Nuova Guinea (lavoravano a ordinare i dati raccolti nella stessa tenda a zanzariera) e al ritorno lo aveva sposato. C'era sempre in lei questa disponibilità a cambiare, a entrare nella vita altrui, a volte «era costretta a controllare i sogni che sognava per gli altri». Dopo l divorzi «ricordava ogni marito con affetto», manteneva un'apertura mentale del tipo: la felicità attuale non è l'unica e le scelte attuali non sono le uniche possibili. Il che la induceva a credere anche in più legami d'amore simultanei, senza distinzione di sesso: concetto che mise in pratica coltivando in segreto un rapporto intimo con un uomo e un altro con una donna. Qui l'autrice ha un sussulto critico verso la madre che le ha nascosto aspetti della sua vita ritenendola solo in parte •condivisibile». Ma si Greenwich Village, cene con bistecche e insalata sul tavolo apparecchiato con cura. Margaret amava il cibo anche come rito: si mangiano — diceva — simboli, colori, sapori e odori. Nel gruppo familiare si affaccia anche la figura del padre, Gregory Bateson, geniale studioso inglese che si interessava di sistemi della natura, la schizofrenia, la comunicazione tra i delfini. E' l'autore di «Verso un'ecologia della mente». Genitori eccezionali e un po' stravaganti, sempre sul piede di partenza. Quando Mary Catherine era piccola, le dedicavano qualche weekend tutto per lei come fosse da •esaminare sul campo*. La madre prendeva appunti, il padre scattava fotografie. •La mia è stata l'infanzia meglio documentata d'America». La Mead era al terzo matrimonio: dopo Luther Cressman e Reo Fortune, aveva può sempre fare gli altri partecipi di tutta la propria vita? «Pino alla sua morte — scrive Mary Catherine — sapevo poco della struttura dei rapporti che aveva sviluppato con amanti maschi e femmine... In alcuni momenti ho provato rabbia...». Si sente ingannata per quegli occultamenti, ha dovuto ritoccare l'immagine in cui la madre si avvolgeva di fronte a lei. «A tratti mi sono sentita doppiamente orfana». Il linguaggio è un po' sociologico, ma ribolle di uno sdegno sincero. «Lei teneva la fotografia di Ruth nel cappotto e quella di Gregory sulla scrivania, avallava l'idea del suo ininterrotto amore per un uomo che l'aveva lasciata». C'è, beninteso, anche l'altra Margaret Mead, sola, dedita alla ricerca, chiusa in un lavoro intenso e disciplinato: riempiva quaderni di appunti, sbrigava cumuli di posta e si alzava prestissimo al mattino per «scrivere cinquemila parole prima di colazione». Una vitalità che l'ha accompagnata fin quasi all'ultimo: ricoverata in ospedale per cancro, pensava che una mente forte e lucida potesse sconfiggere il male, coltivava perfino lidea di uno studio sul guaritori •spirituali*. Così come l'ex marito, Gregory Bateson, gravemente ammalato, progettava di scrivere un libro sulle malattie iatrogene, quelle causate dai medici. Spiega Mary Catherine con una punta di tenerezza: •Questa è dopotutto la risposta tradizionale della mia famiglia». La risposta di chi sente il doppio ruolo di partecipazione e-osservazione. E gli attacchi sferrati di recente alle idee di Margaret Mead? Un professore australiano, Derek Freeman, si è scatenato contro il primo lavoro dell'antropologa a Samoa. Sostiene che la Mead nella sua indagine sul comportamento degli adolescenti in quelle .isole felici* ha risolto tutto in una visione ottimistica. Smentisce la tesi che là i giovani non conoscano turbamenti e angosce perché la società degli adulti non è repressiva e consente liberi amori. Nega il mito delle Buone Selvagge, e cioè che crisi e stress siano conseguenza di un condizionamento culturale assente In società meno •represse*. Mary Catherine ribatte con foga. Non difende tanto quella prima ricerca sul campo ('•Adolescenza a Samoa», 1928), ma le idee che hanno ispirato tutto il lavoro della madre. Gli antropologi culturali — dice — non hanno escluso la biologia: sulle caratteristiche biologiche degli esseri umani si innesta l'apprendimento, la capacità di sviluppare ricche e complesse culture. • Certa gente — incalza — ha cercato di ridurre la memoria del miei genitori a una sfumatura». £ dire che loro erano soprattutto aperti al dibattito e al contrasto. Sono pagine dove spesso il pensiero vibra di sentimento. Assicurano che la figura della Mead, pur con i suoi eccessi e le sue ingenuità, non può essere cancellata con le polemiche. Una nave dedicata al suo nome è stata ora progettata da un ecologo: andrà in giro per il mondo con semi e germogli di piante, soprattutto alimentari, pronte per essere messe a dimora all'arrivo nel porto successivo. -E ciò che Margaret faceva con le idee». Ernesto Gagliano MILANO — C'è un aforisma del pensatore russo Giorgio Gurdjieff che recita: «Prendi la comprensione dell'Oriente e la scienza dell'Occidente, e poi cerca». A questo concetto sembra ispirarsi da sempre Franco Battiate per le sue canzoni con richiami esoterici ed esotici. Ora, dopo averlo seguito nelle musiche e nei dischi. Battiate ha deciso di pubblicare le opere che rientrano nel filone culturale che predilige; e, per farlo, ha addirittura fondato a Milano una casa editrice, L'Ottava. Accanto a Battiate ci sono altri due compagni d'avventura nell'impresa. Il primo è Francesco Messina, giovane grafico (e musicista) con esperienze alla Biennale di Venezia, cui si devono le copertine dei dischi di Battiate L'altro è Henry Thomasson, un anziano signore che vive a Lione e che in passato fu allievo di Gurdjieff. Non c'è struttura editoriale, la redazione è tutta qui. Due i libri pubblicati: Vedute sul mondo reale di Gurdjieff (270 pagine, 18 mila lire) e HerBak (Cecio) (445 pagine, 23 mila lire). Tremila copie di tiratura, distribuite dalla Longanesi, di cui 2500 vendute In poche settimane. Un ottimo inizio. Per capire le caratteristiche di questa casa editrice siamo andati ad interrogare Franco Battiato. Una dolce cortesia quasi timida è la prima Immagine offerta dal cantautore, che abita in un elegante palazzo al centro di Milano con vista su uno stupendo giardino ora ricoperto di neve. Nell'ampia libreria tra un violino e un manifesto arrotolato, ri¬ i - »>■»» «... posano molti libri fra cui le Memorie di Adriano della Yourcenar, l'enciclopedia Treccani, molti titoli di autori Adelphi fra cui Daumal, Dumézil. — Come e quando è nata l'idea di fondare una casa editrice? • E' stato un anno fa. Eravamo interessati a pubblicare certi libri, a far conoscere le opere di cui ci eravamo fatti un po'paladini. Eravamo anche andati a proporli a tre grandi case editrici. Ma nessuno era interessato ad un programma completo, solo a singoli volumi. Da li nacque l'idea che forse potevamo prenderci noi la responsabilità, approfittando del fatto che io un certo seguito ce l'ho. Siamo partiti con l'idea di avere delle perdite. Forse non saranno, per fortuna, come le avevamo previste noi*. — Di chi sono 1 capitali della vostra impresa? •Nostri, cioè solo dei firmatari della collana «L'Ottava». Il progetto ha una scadenza perché non vogliamo fare gli editori né pubblicare a tutti i costi. Magari scopriremo altri testi interessanti e proseguiremo, ma per ora prevediamo un'attività per 3-4 anni, con un programma di sei titoli. Ora dobbiamo ancora fare la somma dei costi e dei ricavi, visto che abbiamo contenuto il prezzo di copertina*. — Perché il nome L'Ottava? Forse per 11 suo sapore musicale, un'ottava nota o un'ottava in pia? • O un'ottava in meno. Ma non è cosi. Sia nel sistema di Gurdjieff che in diverse altre culture "primigenie", le leggi che governano l'universo sono soggette alla fondamentale legge dell'Ottava. Ormai anche la scienza riconosce che alcune cose che sembrano effetti sono cause. L'Ottava, secondo alcuni sistemi, è una legge di propagazione dell'energia. Come nel sistema musicale dove dal Do si passa al Re e poi al Mi. Gurdjieff diceva che dal Mi al Fa c'è un semitono che è una sorta di arresto della propagazione energetica: per superarlo ci vuole uno shock esterno oppure lo si può procurare. Però il nome è divertente anche da un punto di vista musicale*. tant tanl «tal l'Oc — Di cosa trattano 1 due volumi pubblicati? «71 libro di Gurdjieff raccoglie gli appunti presi dagli allievi dopo le sue conferenze e riunioni, poiché proibiva di scrivere durante le sedute comuni. HerBak è una vera sorpresa, eccezionale per gli occidentali. E' la storia di un ragazzo ai tempi dell'antica civiltà egizia: lo sviluppo della personalità, le prime scoperte al seguito dei maestri. Si snoda in forma narrativa, con racconti di vita quotidiana, ma offre dei lampi »a qut.uu yunuc civiltà. Pubblicheremo pre-, sto il seguito. Io che amo G. Gurdjit'IT l'ant migli ne li il Ut comt scent scrii lava nito •Uy blea «S capi una gica in i tant tanl «tal l'Oc be par «i stri que perree Frc mo pel poi dii « tiZi gei ces vei coi

Luoghi citati: Greenwich Village, Lione, Milano, New York, Nuova Guinea, Venezia