Asor Rosa: per essere più progressisti torniamo ai classici

Asor Rosa: per essere ^| più progressisti torniamo ai classici Asor Rosa: per essere ^| più progressisti torniamo ai classici Sestan, uno storico maestro di vita TORINO — Qual è l"ultlmlssÌ7no paradosso di Alberto Asor Rosa? Che oggi a leggere e a conservare i testi classici sono i movimenti progressisti, mentre i conservatori, dai quali ci si aspetterebbe tutto il rispetto per le loro pagine, vorrebbero non vederli circolare più perché ostacolano la loro ansia di modernità e tecnologia. ■ Cosi ha esordito lo storico della letteratura ieri in un Teatro Alfieri affollato, ospite dei. Venerdì letterari» dell'Aci con la conferenza, che porterà in giro per l'Italia, sul tema: «/ classici e il nostro presente». Nato dalle riflessioni compiute sulle opere di Dante, Boccaccio e Petrarca, il discorso di Asor Rosa ha le sue radici nella Letteratura italiana, un'opera che da anni sta curando per Einaudi, e nel suo più recente libro L'ultimo paradosso, un diario per aforismi sull'individuo fra biologia e storia. «Il problema che mi af¬ fascinava — ha detto Asor Rosa — era quello di capire come e perché opere e autori classici hanno avuto un rapporto con una realtà sociale e culturale che sembrava negarne la loro natura stessa». Partendo dalla definizione che di «classico» dà un qualsiasi dizionario, .opera o autore che ha esemplarità per modelli di stile», Asor Rosa ha rilevato in essi tre costanti: lo stile, la presenza di un sistema di regole, là possibilità di essere imitato. Questi tre attributi fondamentali sono appunto rilevabilt a posteriori, a classico realizzato. Ma qui saltano fuori dei problemi antitetici, che hanno la loro radice nell'origine della loro progettazione. L'autore che scrive un classico si trova a rompere un insieme di regole costituite. Per creare un .ordine» ne spacca uno precedente. E questa devastazione non consente una imltabllità. L'Ariosto che scrive lOrlando Furioso crea una nuova armonia ^| anche rimasto vicino all'esemplo salveminlano per uno stile fatto di chiarezza, che era in pari tempo chiarezza morale, nettezza e puntualità di pensiero Dopo aver insegnato a Cagliari e a Pisa, fu per lunghi anni professore all'Università di Firenze, della cui Facoltà di lettere fu anche preside (e lo fu tra l'altro, quando già era avanti negli anni, nell'epoca sessantottina, con grande decoro e saggezza). Aveva raggiunto la tarda età di B7 anni, ma fu attivo anche nel suol ultimi anni; contribuendo ad attestare la serietà di una (jenera-, zione di storici a cui avevano appartenuto, fra gli altri, Chabod e Maturi. Fra le opere principali — oltre al vari studi dedicati a Max Weber, alla cui lezione fu molto attento — ricordiamo Europa settecentesca e altri saggi (1951); Stato e Nazione nell'Alto Medioevo (1952); Introduzione alla Storia di Firenze (1956); Introduzione a Romagnosl, Cattaneo, Ferrari (1959); /falla medioevale (1968). EJ morto nei giorni scorsi uno dei più illustri e stimati storici Italiani, Ernesto Sestan. Allievo di Salvemini, Sestan (nato a Trento nel 1898) era, insieme a Nello Rosselli, un continuatore esemplare della lezione di quell'affascinante maestro di storia e di vita morale. Ne aveva ripreso la ricerca storiografica, con studi importanti dedicati al medioevo ed estendendo la sua attenzione ad una vasta tematica che giungeva sino al Risorgimento. Ma era poetica, ma trascrive il caos in modo non imitabile da altri. Oggi è possibile progettare un classico? Asor Rosa ha ricordato che «viviamo un presente caratterizzato dall'assenza di una regola, e dalla presenza di molte regole transitorie, dal rifiuto del principio di imltabllità; tutto deve essere sempre "nuovo", "inedito". In questa situazione la vecchia nozione di classico è travolta, cancellata da forme di sensibilità diverse». Per farlo bisognerebbe che ci fosse un «forte spirito genetico, una capacità di rompere delle regole e soprattutto una grande capacità di riscoprire l'Individuo. E' possibile, non probabile». Certo erano altri tempi quelli in cui Dante, Boccaccio e Petrarca si trovavano ad usare .una lingua volgare» carica di una novità a dir poco rivoluzionarla. «Forse oggi — dice Asor Rosa — un classico potrebbe nascere fuori dai domini linguistici conosciuti tradizionali. con altri linguaggi extraverbali». E' innegabile che oggi i classici siano più letti che una Quindicina di anni fa. Perché? Lo studioso se lo spiega con il desiderio di recuperare una forma del mondo che non sia quello così frantumato dell'oggi. Il presente oggi «dà risposte ' cosi poco persuasive che In loro si cercano risposte consolidate. Ed è anche un modo per conoscere l'essere; 1 classici offrono chiavi interpretative profonde dell'essere umano». Ma il rischio che essi scompaiano è in agguato, sottolinea ancora Asor Rosa, perché il loro legame con il mondo umano può essere pericoloso. Una lettera diFoà chiarazione sulle vendite dell'Adelphl nel 1985. Per un malinteso telefonico, rispondendo alle domande dell'amico Dossena (con 11 quale, evidentemente, non sono stato abbastanza chiaro) lo avrei detto che l'incremento di tali vendite sarebbe «del 20-25% a valore», mentre, Invece, questo dato si riferisce (e ora, a conti fatti, posso dire «per difetto») a quel che abbiamo venduto fatta eccezione per il romanzo di Kundera, 11 cui successo (164.000 copie), a tutti noto, può a buona Augusto Comba ragione essere considerato «eccezionale» da qualsiasi editore italiano. Calcolando perciò l'intero nostro venduto, l'incremento a valore, in rapporto all'anno prece-' dente, 6upera l'85%. Questo dato può contribuire, mi sembra, a rafforzare l'impressione di Dossena che «la ruota del libro ■torna a girare» e che ciò avviene, in particolare, anche per 11 libro di qualità, come affermano altri nostri colleglli da lui interpellati. Luciano Foà Adelphi edizioni

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