Che strano vento spinge il rock britannico nel mar delle Antille

Che strano vento spinge il rock britannico nel mar delle Antille Che strano vento spinge il rock britannico nel mar delle Antille Il jazz di Branford con i suoni presi dalla strada FINO a poco tempo fa, 11 saxofontsta Branford Marsalis era noto al Jazzof ili come «11 fratello di i Wynton», pur essendo più vecchio di lui di circa un anno. E si spiega: Wynton Marsalis è oggi uno dei divi del Jazz mondiale (11 suo virtuosismo di trombettista è fuori discussione anche per chi non lo considera un Innovatore) ed è 11 leader di un gruppo di cui Branford ha fatto parte in evidente posizione subalterna. Ma adesso le cose stanno rapidamente cambiando. Branford ha lasciato 11 fratello e ha Iniziato — assieme ad altri Jazzmen di rispetto quali Kenny Klrkland, Darvi Jones e Omar Haklm — un'assidua collaborazione col rocker Stlng, entrando In contatto con un pubblico vastissimo che 11 Jazz, nella situazione attuale, non avrebbe mal potuto dargli. Non condividiamo affatto l'entusiasmo e le parole «definitive» con cui alcuni critici di altri versanti hanno accollo questa sorta 01 guado dèi Rubicone. Branford nòti fa'mistero della provvisorietà (e1 quindi, possiamo aggiungere noi, del carattere strumentale) di questa sua esperienza. In occasione del suo resente viaggio In Italia con Stlng, ha detto chiaro a Paolo Biamonte che Intende ritornare al più presto a suonare con Wynton, «Jo sono un musicista di jazz e tale voglio rimanere' ha aggiunto. L'intervista si potrà leggere sul numero del prossimo febbraio della rivista Musica Jazz. Frattanto, la Columbia/Cbs si è decisa a dare il massimo sviluppo alla distribuzione di «Scenes In the city», l'unico album finora realizzato da Branford come leader. Inciso a New York nel 1083, tra aprile e novembre, e pubblicato negli Stati Uniti nel 1084, 11 long playing si sta diffondendo solo ora per il concorso della volontà della casa e (prima ancora) dell'.effetto Stlng». E' un disco pregevole. Qualche riserva si appunta sul brano che dà il titolo alla raccolta, per 11 quale Branford ha avuto l'idea un po' rétro d'immergere la musica In suoni concreti prelevati dalla strada (donde 11 nome del pezzo), da un locale pubblico, da una radio. Il protagonista suona e parla, e più volte si sente in dovere di esclamare (guarda caso) «I love Jazz». Le formazioni sono mutevoli, dal trio al settetto; ma l'opera più riuscita è sicuramente «No backstage pass», elaborata da Branford Marsalis al sax tenore, Ron Carter al contrabbasso, Marvin Smith alla batteria, che si risolve In un saggio lnterpretatlvo-creativo di straordinaria Intensità. Tutte le composizioni e gli arrangiamenti sono di Branford, che rivela ottime disposizioni. Prematuro, Invece, sarebbe un giudizio sulle sue attitudini di leader, per 11 quale d'altronde non mancheranno nuove occasioni a breve scadenza. , fay MA cos'è questa febbre caraibica che si è impossessata degli VB40? Il loro nuovo album (BaggarlddlnV. fitto di dieci brani più tre su mix allegato, osa ciò che neppure Harry Belafonte alla fine dei 'SO e Miriam Makeba alla fine dei "SO avevano realizzato con tanta radicalità. Dall'inizio alla-fine il gruppo britannico ci sommerge con festose filastrocche da scaricatori di banane, danze popolari "non poco bevute e fumate, step che non rinunciano a incitare alla resistenza e alla lotta. Ma attenzione a non sottovalutare questo lavoro: non è uno dei tanti prodotti alla moda, o l'ennesimo tentativo di rivitalizzare il patrimonio folklorico portato alla ribalta internazionale dalla carismatica figura di Bob Marley e dall'infinita schiera dei veri e falsi Rasta. Questa musica, all'apparenza Macìe in Barbados, nasce direttamente nelle grandi metropoli ed è all'origine più bianca che nera, segnale di un movimento non occasionale e non solo oppositivo, ma frutto di una profonda e già avvenuta contaminazione culturale e sociale che va ben al di là del rock. Musicalmente l'ibridazione data almeno dalla fine dei 70. Giustamente i Police la rivendicarono con queste parole: 'Abbiamo preso molta energia dal reggae, ma gliene abbiamo anche data». Fu Vintelo di una serie di migrazioni britan¬ sta inclinazione terzomondista, o c'è qualcosa che viene da più lontano? Ed ecco che la copertina dell'album ce lo spiega in modo che più chiaro non si potrebbe: vi troviamo effigiati uomini di colore in spoglie più bianche del bianco. Ci sono infatti un astronauta, un cowboy, un James Band, un centurione romano, persino un Elephant man, tutti neri. Sia' ma fini qui al gioco delio 'scatnbforàiftrónia. Ma'vediamo i ragazzi del gruppo: eccoli abbigliati da Napoleone, da corsari, da dandy e da giovani borghesi ribelli. Spunta, oltre la contaminazione, il Romanticismo. Non quello dei new-romantlcs alla Brian Ferry, ma proprio quello Storico. Torna insomma in rock uninclinazione costante della cultura dissidente inglese: l'amore travolgente per usi e costumi della colonia di turno (India, Cina, Egitto, Persia, Antille). Si risveglia in musica l'animo ribelle, anticonformista, voglioso di libertà quanto di protagonismo che fu del Corsaro Lord Byron. La strado per le Antille è una via all'immaginazione e al fantasticare che cerca compagni di Storia e li trova in coloro che la Old England considerava un tempo nemici e colonizzati, ora forse soltanto ospiti sgraditi e imbarazzanti. Gianfranco Manfredi niche a sciacquare i panni nel mar delle Antille e subito tra i pellegrini di migliori propositi ed esiti si segnalarono gli UB 40. Ma allora non era tanto chiaro ciò che oggi è diventato quasi un luogo comune, e cioè che non si trattava del consueto esotismo di maniera del pop d'ogni stagione, ma di un fatto molto concreto: le grandi città dell'Inghilterra (e non solo dell'Inghilterra) s'andavano popolando di nuove etnie poco disposte a sbarazzarsi di usanze e tradizioni consolidate. E tra queste la musica non era certo ultima (ormai se ne sono accorti tutti, non c'è inchiesta televisiva sui ghetti neri londinesi che non venga sottolineata con musica caraibica/ La freschezza, la facilità comunicativa che emanano da questo album degli UB 40 ci dice che gran parte del cammino è stata compiuta: oltre il ricalco,, l'omaggio o la citazione, . siamo ormai di fronte a una nuova musica meticcia. Non manca una buona capacità di spiazzamento ambientale; potremmo stare in discoteca, in casa d'amici, su una barca, in concerto, o in uno di 'quei •non luoghi» ohe si chiamano Aleph, punti d'incontro dei contrari, inafferrabili unità. La saggezza commerciale consiglia agli UB 40 di aggiungere all'opera •rigorosa» tre brani ptii adatti alla diffusione immediata via F.M. e clip. Ma anche qui non ci si discosta molto dal programma: Don't break my heart è popolato di rlff e obbligati arabeggiantl, I got you baby, con la partecipazione di Chrissie Hynde, raggiunge l'obbiettivo di spremere dal reggae musica leggera da concerto all'aria aperta; infine MI Spilli indica la direzione del nuovo innesto: Antille + Islam. Resta da domandarsi: perché gli inglesi? E ancora: è solo imputabile ai ghetti metropolitani que¬ Baggarlddlm UB40, (Virgin). , fay » Tanti inni nella nostra storia: le alternative a «Fratelli d'Italia» miliante condizione di ripudiare l'inno precedente e compome uno tutto nuovo per il Re di Napoli... E poi, via: già abbiamo una bandiera nazionale imprestata (o imposta?) dal Francesi con le armi e le aquile napoleoniche: vogliamo ridurci in sudditanza anche con un inno ripescato da una repubblica giacobina che durò lo spazio d'un mattino? Scartate altre palesi alternative Incongrue, si potrebbe considerare la candidatura della celeberrima Canzone del Piave, che 11 fortunato, fecondissimo poeta e musicista napoletano E.A. Mario (pseudonimo di Giovanni Gaeta) scrisse d'Impeto sul retro di un modulo telegrafico (era impiegato alle regie poste) poco dopo Caporetto. Il «Piave» è da sempre una specie di Inno alternativo, un corollario quasi automatico del nostri riti patriottici. Sceglierlo non sarebbe né una promozione né unidea peregrina: sta già bene cosi Non limane allora che la sublime musl> ca del coro del Nabucco di Giuseppe Verdi, parole del ferrarese Temistocle Solerà. Se n'è già detto tutto il bene possibile, la candidatura ha da sempre 1 suol fans. Una variante potrebbe essere la versione che ne diede Pietro Oori (Messina 1865-Portoferralo 1811), l'agitatore sociale autore di •Addio Lugano bella» e di tanti altri Inni politici dell'Ottocento. Diceva sull'aria del Nabucco: «Vieni o Maggio, ti aspettali le genti i ti salutano i liberi cuori i dolce Pasqua dei lavoratori i vieni e splendi alla gloria del sol...»', un po' paganeggiante, un po' socialistica, riuscirebbe forse ad esprimere l'animo popolare degl'Italiani, ma certo non senza contrasti. E allora, forse è meglio lasciare tutto com'è.