Se non Mameli, chi?

Jazz Jazz Se non Mameli, chi? «Harlem Hamfats: Hot Chicago Jan, Blues Se Jlve 19361037», Folklyric Records. Una musica incisa a Chicago negli Anni 30 per far ballare la gente e che muove dal profondo cuore del fase, ne ha le caratteristiche essenziali. Tromba e leader degli Harlem Hamfats (complesso formato solo a scopi discografici e che incise in quattro anni più di cento pezzi di successo) è Herb Morand, nativo di New Orleans. Al suo fianco (la band non ha trombonista) Odeìl Rand, un nano che suonava il clarinetto •piccolo» in mi bemolle. Nella sezione ritmica c'è anche il mandolino, caso forse unico nella storia del fan», mentre al contrabbasso troviamo ti validissimo John Lindsay, sideman di Morton in classiche registrazioni. La band suona musica propria fatta specialmente di blues, con largo spazio all'improvvisazione. sta»: re > LA polemica su «Fratelli d'Italia» Invita a guardare indietro nella storia, alla ricerca di un inno nazionale. CI si può chiedere quali alternative esistano al «Canto degli Italiani» (questo 11 titolo originale e «ufficiale» dell'Inno di Mameli) regalato alla Repubblica Romana e al Regno d'Italia da uno studente ventenne e da un musicista di poco più anziano, esattamente cent'anni prima che «scattasse» la nuova Costituzione della Repubblica italiana. ; La prima che viene alla mente è forse l'Inno di Garibaldi, composto nel 1850 — all'epoca della seconda guerra d'indipendenza — dal poeta marchigiano Luigi Mercantlnl di Rlpatransone (1821-1872): •Si scopron le tombe, si levano i morti/i martiri nostri son tutti risorti.../ Va'fuori d'Italia, va'fuori eh* lora/va' fuori o stranieri» E* una bella musica marciale, e si presterebbe bene; c'è solo da chiedersi in che cosa sia «meglio» del canto di Mameli. C'è poi tutta una serie di inni savoiardi che ovviamente parrebbe di dover escludere dal novero delle proposte: il più nobile risulta l'Inno nazionale sardo composto da V. Angius e messo in musica dal maestro Gonella. Le parole sono rotonde e solenni (•Conservet Deus su Re, salvet su Regnu sardui et gloria a sistendardu/concedat de su Re», è quasi puro latino...); la «L'Italia s'è desta»: stampa popolare del 1848 montese Giuseppe Gabettl, primo violino del Regio, non aveva nemmeno le parole, e vani furono 1 tentativi di appiccicargliele di soppiatto in seguito. . Ci sarebbe Invece, a voler spigolare tra le rarità, l'Inno composto nel 1700 per l'effimera Repubblica partenopea dal musicista napoletano Domenico Cimarosa (17401808), autore di tante opere comiche tra le quali «i7 matrimonio segreto», suo capolavoro. Ma per quel suo raptus di entusiasmo giacobino 11 povero maestro Cimarosa dovette subire la prigione, appena restaurati 1 Borboni, e ne fu liberato solo all'u¬ musica sufficientemente marziale. Ma è 11 caso di andare a rivangare? C'era anche un Inno a Carlo Alberto, scritto da Giuseppe Bertoldi e musicato da Luigi Felice Rossi; è quasi coevo di quello del Mameli, t iniziava cosi: «Con l'azzurra coccarda sul petto / con italici palpiti in core i come figli d'un padre diletto i Carlo Alberto veniamo al tuo pie i e gridiamo esultanti d'amore / viva il Re, viva il Re, viva il Rei:. Di quella che fu per decenni la Marcia reale ufficiale, meglio tacere: fra l'altro, quella fanfara composta nel 1831 dal pie¬ Michele L. Straniero

Luoghi citati: Chicago, Italia, New Orleans