Dal capomastro a Michelangelo siamo un popolo di architetti

Dal capomastro a Michelangelo siamo un popolo di architetti Dal capomastro a Michelangelo siamo un popolo di architetti IL Disegno dell'architettura italiana di Cesare Brandi è un lungo viaggio critico attraverso 1 momenti e 1 personaggi che hanno dato bellezza alle nostre città: dagli ignoti capomastri e architetti che operarono nel tempo delle invasioni barbariche a Michelangelo, al Palladio, al maestri del barocco. Un profilo dell'architettura italiana cosi chiaro e godibile da affascinare chi non sia cultore della materia e da proporsi come testo fondamentale per tanti Insegnanti che hanno il compito di far conoscere alle nuove generazioni genesi e valori della nostra eredità storica. L'analisi approfondita delie situazioni va oltre le consuete Indagini formali; dà al saggio una esemplare carica comunicativa, pari alla sua densità critica. Valga subito un esemplo, quello del Duomo di Milano. Brandi lo ripropone al lettore nella sua singolarità, invita a dare un'occhiata alla sua mole un po' tarchiata, cosi diversa da quella delle cattedrali gotiche francesi e tedesche. Il culmine del tetto è Infatti piuttosto basso In rapporto alla larghezza della base. Alla fine del Trecento, quando fu dato Incarico del disegno a un architetto sconosciuto, tedesco o forse alsaziano (la fondazione è del 1386) cominciò la disputa sull'altezza. Contro 11 parere di architetti venuti da Parlg, da Colonia, da Ulm, 1 milanesi preferirono un'altezza ridotta, adattando al gusto italiano 11 gotico d'Oltralpe che sentivano estraneo col suo verticalismo in cerca di luce. Il caso del Duomo di Milano facilita la comprensione del discorso di Brandi sull'ingresso del gotico nella nostra architettura e sulla sua italianizzazione. Discorso sorretto da annotazioni sulle tecniche costruttive e da episodi che ci dicono quanto fosse intensa la partecipazione di artisti e cittadini al dibattito sul progetti di grandi opere civili e religiose del Trecento. Altro esemplo illuminante quello di 8. Maria del Fiore a Firenze (dove 11 gotico fu ac¬ colto con scarsa convinzione) già predisposta sul nascere alla conclusione rinascimentale del Brunelleschi. Il campo di indagine di questo Disegno è sterminato. Dalla formazione di un'architettura distinta da quella Innestata sul ramo tardo-antico e bizantino (primo segno di autonomia 8. Pietro di Tuscanla) e dalle Innumerevoli chiese del romanico Italiano sorte tra il Mille e il Millecento alla grande architettura del Quattrocento-Ctnquecento. A Firenze 11 Brunelle schi; a Venezia la Ca' D'Oro e 11 gotico fiorito, le Ibridazioni stilistiche; in Lombardia 11 Bramante e 11 contributo di Leonardo. Il viaggio continua con Raffaello architetto, col 8ansovlno a Venezia, con Michelangelo a Roma. E poi l'Alessi, il Vasari, il Palladio. Alla vera e propria narrazione si mescolano contributi critici illuminanti, come l'analisi del rapporto fra Rinascimento e barocco, nato per confluenza di varie correnti su un terreno culturalmente ricchissimo.' Firenz Il saggio di Renda Per Cesare Brandi, Michelangelo e Palladio furono alla base dell'architettura barocca «la cui grande novità fu l'interazione di interno e esterno, come effettiva osmosi: Subito Irrompe il Bernini, ed ecco «il colpo di genio» del portico a due braftei per San Pietro. Dal Borromlni al maestri del Seicento, con particolare Interesse per 11 Guarirli a Torino, per il Longhena a Venezia, per 11 Fontana (curioso 11 suo progetto di una chiesa al centro del Colosseo, fortunatamente non costruita). Da Juvarra, architetto favorito del re Vittorio Amedeo, al barocco genovese, al Vanvltelli e alla reggia di Caserta. Un viaggio lunghissimo, mal faticoso, che si conclude con la puntata a Pietroburgo, dove tre architetti quasi ignoti in patria. Rastrelli, Quarenghi, Rossi, disegnano palazzi e piazze della' nuova città imperiale. Mario Fazio Cesare Brandi, «Disegno dell'architettura Italiana», Einaudi, 293 pagine, 45.000 lire. e, Santa Maria del Fiore: sistema di costruzione della cupola quindi in età giollttiana; con la grande guerra, che impone un enorme sforzo produttivo, del quale naturalmente dpìsròjlttd'itSeV tentrione industrialmente attrezzato, mentre ne soffre il Sud agricolo; negli Anni30, quando l'Italia entra nel gruppo dei Paesi industriali dell'Occidente, mentre la Sicilia se ne allontana ulteriormente. Per non parlare dei risparmi che vengono drenati al Nord per esservi utilizzati nella costruzione di infrastrutture. Ma molti altri sono i problemi che emergono con molta chiarezza da questo volume, ricco di dati statistici e soprattutto di analisi approfondite e illuminanti. SE l'anno '85 televisivo è stato tumultuoso e tormentato, l'86 lo sarà ancora di piti. Olà è cominciato male con la Rai In affanno per la ricerca di un governo, ossia di un Consiglio di amministrazione scaduto dal giugno '83, e con 1 network che continuano a non avere un riconoscimento legale e perciò sono sempre soggetti a «oscuramenti». Ma è tutta una serie di scadenze Improrogabili e di nodi da sciogliere che si prospettano per 1 prossimi mesi: l'86 sarà veramente un anno decisivo anche perché non potrà piti essere rimandata la legge di regolamentazione — la si attende da dieci anni — attraverso cui si sancirà (in quali termini e con quali frontiere di convivenza ancora lo si ignora) l'instaurazione di un regime misto pubblico-privato. Si dovrà dlspllnare — punto fondamentale e controverso —11 settore pubblicitario, quale «tetto» assegnare alla Rai e quale al network, e quale concentrazione oraria di spot concedere all'una e agli altri, un settore che oggi è incredibilmente senza una normativa. Lo si vede dall'affollamento selvaggio di pubblicità sul teleschermo, e ne sa qualcosa la stampa quotidiana minacciata in quella che è una delle suo principali fonti di finanziamento. Al sistema misto si stanno adeguando alcune tv europee, in testa la Francia. Ma se ovunque le polemiche e 1 contrasti anche aspri non mancano, un caos come 11 nostro non c'è In nessun altro Paese del mondo. Nel convegni Internazionali si parla da tempo apertamente di «Insuperabile anarchia televisiva italiana». Come si è arrivati a un primato slmile, che è legato ad un altro bel record, quello del Paese che include nel palinsesti la maggiore quantità di prodotti importati? ★ * Un valido contributo a delineare con chiarezza l'aggrovigliato e spesso torbido romanzo della tv In Italia è dato da un volume a cura di Carlo Macchitela, // gigante nano che — è bene sottolinearlo — anche se è pubblicato dall'editrice della Rai non è una difesa della Rai, del suol uomini, delle sue strategie, ma vuole analizzare un quadro più vasto e complesso, e anomalo, In cui la Rai viene «registrata» nel suo ruolo e nel suo peso di tv pubblica. Due le parti, distinte ma complementari: una di «narrazione» e una di documentazione, e va subito annotato che la documentazione è molto ricca, preziosa, persino di lettura gradevole perché accanto a una raccolta di leggi e sentenze allinea saggi, articoli e Interviste di vari Indirizzi che vivacemente testimoniano l'iter1 televisivo dagli Anni Cinquanta ad oggi, dal monopollo democristiano all'esplosione dell'emittenza privata. La «narrazione» è accurata e precisa, ma ovviamente opinabile su qualche versante (vedi la valutazione troppo ottimistica della proposta socialista della fine Anni Settanta, o la condanna troppo drastica della terza rete). Comunque, dall'una e dall'altra parte emerge un fatto incontestabile, che la storia della tv in Italia coincide con la storia politica degli ultimi trent'annl, e che la politica, adesso intrecciata a interessi economici di colossali proporzioni, influisce pesantemente sul destini del video. Proprio tenendo conto di questa non consolante prospettiva l'opera di Macchltella è utile come Informazione e riflessione. Il sistema tv in Italia è un gigante nano che deve crescere e assestarsi anche in vista della vicina era del satelliti. Ma diventerà adulto sotto l'eterna, asfissiante tutela del «palazzo»? Riuscirà a raggiungere un equilibrio di sviluppo e di esistenza quando, dopo essersi infranto il deprecato monopollo pubblico, si è permesso 11 sorgere di uno strapotente monopollo privato? Ugo Buzzolan Carlo Macchiteli» (a cura di), «Il gigante nano. Il sistema radiotelevisivo in Italia: dal monopollo al satellite», Eri, S82 pagine, 31.000 lire. Paolo Alatrl Francesco Renda, «Storia della Sicilia dal 1860 al 1970», voi. II, «Dalla caduta della Destra al fascismo», Sellerlo, 258 pagine, 40.000 lire. . sti con coda di paglia. Zeffirelli rivela uno spudorato egocentrismo; Dario Argento si trasforma col successo «da un fraticello in un poeta maledetto»; Marta Marzotto organizza feste sardanapalesche, fin troppo; Attiva recito la parte dell'intellettuale, fin troppo. Naturalmente queste •confessioni* non vengono fuori spontaneamente. Costantini prende con le motte i suoi interlocutori, li stuzzica, li provoca; poi assiste allo spettacolo dei loro contorcimenti (verbali). Solo cosi riesce a estorcere molte verità ben nascoste in questo mondo esibizionista dove tutti parlano continuamente senza dire nulla. Intanto strizza l'occhio ai lettori, sembra divertirsi a fare divertire. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: è una cosa seria. g. 1, s. : Trenfanni di televisione