Il piacere della cucina è tutta salute del corpo e dell' anima

Il piacere della cucina Il piacere della cucina è tutta salute Anche in questo senso mi pare opportuna la proposta che Piero Camporesi avanzò qualche anno fa nel suo H paese_ della fame, esegesi straordinariamente acuta della visióne materialistico-aHmentare dell'esistenza propriamente «popolare», dedicata ai grandi miti folklorici del carnevale, della cuccagna, del sabba, dell'inferno, esaminati con ricchezza di elementi sub specie culinaria. Che cioè l'esatto contrario del precetti offerti dal Platina, .teorico della cucina "regolata" secondo il gusto della misura* e davvero .umanista della cucina (...) moralisticamente orientato verso la conservazione della "buona salute"* e di quelli che. il contemporaneo Marsilio Ficino condensa nel De triplici vita (esaltazione della .norma alimentare* e del .ritmo regolato dei visceri*, e soprattutto raccomandazione di una dietetica mirante all'elevazione intellettuale*), risieda nella .filosofia (...) dell'eccesso* che un poeta come Luigi Pulci, .popolare* in quanto radicalmente «anti-umanistico», anti-/iciniano, anti-filosofico, esalta nel suo Morgante nel personaggio di Margutte: e che trova «nell'intemperanza carnevalesca la sua officina ideologica». LA prima cosa che colpisce nel libro di Bartolomeo Platina Un piacere onesto e la buona salate, è proprio il titolo, apparentemente in contrasto con la lunga tradizione cristiano-medievale di trattati etici, di prediche, di inviti penitenziali al sacrificio, alla mortificazione, alla rinuncia a qualsiasi piacere 'materiale*. La grande scommessa di Platina, umanista quattrocentesco di umile origine padana, è appunto la sconfitta di quel modello totalitario e perentoriamente punitivo e la riproposizione dell'antico modello classico di vita, attraverso la mediazione tipicamente umanistica (o se si vuole il sincretismo) di virtù cristiane e stoico-epicuree. Fin dalle prime pagine si rivela il tipico esempio di trattato umanistico. Il De honesta voluptate et valetudine, come mette bene in luce Emilio Fàccioli nell'introduzione, non è un libro pratico, il compendio di un'arte 'meccanica* (come si diceva ancora a metà Quattrocento circa, quando quest'opera venne composta): non quindi un prontuario indirizzato ai cuochi perché potessero utilizzarlo accanto ai fornelli (e a dimostrarlo basterebbe il fatto che Platina lo stende in latino, nel bel latino arioso e classicheggiante dell'età di Pio II Piccolomini e di Marsilio Ficino: fascinoso, ma certo duro da masticare per i cuochi, di allora come di oggi). Non si aspetti, il lettore, un 'ricettario* o libro de arte coquinaria (come suona ad esempio il titolo della sua fonte principale, il manualetto in volgare del cuoco personale del patriarca di Aquileia, Maestro Martino da Como). Questa è invece contemporaneamente una summa del sapere scientifico relativo ai cibi e alle bevande, agli animali e alle piante commestibili e delle nozioni teoriche (filosofiche, igieniche, mediche) relative a quel sapere complesso che nelle epoche cosiddette 'prescientifiche* legava il corpo e l'anima dell'uomo all'intera natura circostante, secondo l'antica dottrina di Ippocrate dei quattro fluidi fondamentali (sangue, flegma, bile rossa e bile nera, o atrabile) che circolano nel corpo umano determinando con il loro equilibrio o squilibrio il carattere degli esseri umani e che corrispondono ai quattro elementi .fondamentali di cui si compone il cosmo (terra, aria, fuoco, acqua). reso possibili manipolazioni e manovre, a tutti i livelli del sistema, respinte da alcuni, che potevano farlo, subite da altri. Un bilancio problematico, ma sostanzialmente positivo. E' una tesi che si può condividere, specie se è esposta con la cautela politica e con l'onestà intellettuale di Ajello. Certo, gli anni del centrismo (possiamo dirlo ora, con occhio storico) non furono solo anni di restaurazione. E il nuovo giornalismo d'assalto non era fatto tutto di Robin Hood. Ma è innegabile una crescita complessiva dello spirito di autonomia, nel quale va sempre esercitata, potendo e soprattutto volendo, la nostra professione. (Resta a parte il mondo televisivo, del cui avvento Ajello segnala tutta l'importanza, ma conservando il giornalismo scritto come oggetto specifico delle sue «lezioni»). Infine, per rimanere in un'ottica disincantata, ma non per questo cinica, tutt'altro, eccellente è la citazione di Jonathan Swift, ancorché venata di moralismo: 'Quando gli domandavano come riuscisse a essere un giornalista indipendente, lo scrittore irlandese rispondeva: "Prendo soldi a turno, oggi dai tories e domani dai whigs. Ondeggiando fra gli uni e gli altri, raggiungo la sola indipendenza possibile"*. Tradotte in una lingua contemporanea, le parole di Swift vogliono dire che la possibilità di scelta fra «testate» diverse, secondo 1 propri gusti ideologici e personali, fuori dalle «lottizzazioni», è il vero fondamento della libertà di stampa, Ieri, oggi e domani. Aldo Rizzo Nello Ajello: «Lezioni di giornalismo. Com'è cambiata In 30 anni la stampa italiana», Garzanti, 248 pagine, 19.000 lire. Saggezza cinese Non sarà abusivo allora, né fuori tema (come non tanto casualmente m'è avvenuto di fare, trovandomi a leggerlo insieme allo splendido studio di Henri Afaspero sul Soffio vivo, ora tradotto da Adelphi) accostare il libro severo e quaresimale dell'umanista Bartolomeo Platina a certi trattati di anatomia e fisiologia mistiche del Taoismo cinese, impregnati di una conoscenza sottile e sapiente delle forze vitali che regolano il corpo umano. Per i medici-filosofi taoisti, come per i loro coevi colleghi occidentali, i piaceri del corpo (l'eros, il cibo, il bere) non sono di per sé .buoni* o .cattivi*, onesti o disonesti. Essi possono invece esaltare la vita, o anche minarla alla base, a seconda che per goderne l'uomo si adegui alle leggi universali ai ritmi cosmici, alle regole, alle tecniche, ai procedimenti ed alle proibizioni stabiliti dalla Legge. Non mi stupirei perciò di trovare in ..bocca a Bartolomeo Platina un'affermazione come quella della Biografia dell'Uomo Vero di Pura-Trascendenza, maestro Pel, romanzo agiografico del V secolo, secondo il quale praticando un certo procedimento di respirazione-meditazione «si diventa spontaneamente Uomini-Veri, e vivendo eternamente si percorrono i secoli. E' questo il metodo per non morire». Cosi come non mi parrebbe fuori posto, se incastonata fra le regole auree della dottrina insieme religiosa e statale-funzionariale di Confucio questa con cui il Platina avvia l'ultima pagina del suo manuale sul vivere piacevolmente e filosoficamente: «Guariremo (...) dalle malattie dell'animo — che sembra abbiano preso 11 nome di malattie in analogia a quelle del corpo — con la temperanza, con la forza d'animo e con la modestia, mentre con la prudenza cacceremo lontano gli intemperanti desideri come se fossero sangue corrotto o catarro ridondante o bile acuta o bile nera, dai quali hanno origine gravi malattie del corpo».

Luoghi citati: Adelphi, Aquileia, Como