Negli occhi di Canetti sorride la tragedia

Il terzo volume dell'autobiografia: la Mitteleuropa degli anni '31-'37, gli incontri con Broch, Musil, Kraus, Il terzo volume dell'autobiografia: la Mitteleuropa degli anni '31-'37, gli incontri con Broch, Musil, Kraus, Negli occhi di Canetti sorride la tragedia . ~TT ANT prende fuoco — que(i sto era allora il titolo del ro* manzo — aveva fatto il de¬ serto dentro di me. L'incendio che aveva distrutto i libri era qualcosa che non potevo perdonare...* recita il drammatico, o forse anche melodrammatico, inizio del terzo volume dell'autobiografia di Elias Canetti II gioco degli occhi, storia di una vita 1931-1937, fresco di stampa in traduzione italiana (ottima, di Gilberto Forti), Adelphi Edizioni. Per carità, l'aggettivo •melodrammatico» non sta minimamente a significare un appunto critico, è semplicemente il riconoscimento di una caratteristica della composizione di quest'opera sterminata, minuziosa, addirittura implacabile nell'attenzione a particolari, sfumature, momenti e frammenti di una lunga esistenza non solo da attore ma anche da testimone. Del resto, qual è la vita senza abbandoni o slanci melodrammatici? Anzi, non qual è, cos'è? Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura 1981, è nato a Rustschuk, in Bulgaria, da una famiglia ebraica di origine spagnola. Ha trascorso infanzia e giovinezza tra la Bulgaria, l'Inghilterra, l'Austria, la Svizzera, la Germania. A Vienna ha studiato scienze naturali e filosofia e poi nel 1938 si è trasferito (per forza, data l'aria che tirava) a insegnar sociologia in Inghilterra. Nel 1935 aveva pubblicato il romanzo di cui fa cenno nell'incipit di questo ter- zo volume della sua autobiografia. L'unico romanzo che abbia scritto, Auto, da fé. E' 11 libro a cui Elias Canetti deve gran parte della sua fama di scrittore europeo, approdato comunque alla notorietà e all'unanime consenso della critica solo dopo la traduzione inglese avvenuta nel 1946. L'altra opera su cui si fonda la fama di Elias Canetti è Massa e potere un saggio di antropologìa patologica, uscito nel 1960. Intorno è la galassia degli scritti autobiografici non certo inferiori ai due testi centrali e più che celebrati. Il massimo sinologo del mondo Kant (come si chiamava al tempo su cui si apre il terzo volume dell'autobiografia, ma poi si chiamerà Kien), del tutto isolato a Vienna in mezzo ai suoi 250.000 volumi disposti in quattro stanze, è buttato sul lastrico dalla serva che ha finito per sposare abbacinato dalla cura con cui spolverava la sua biblioteca. Kien. cosi esperimenta la sua alienazione dentro l'alienazione della società che lo circonda, comincia a riacquistare i suoi libri, poi, convinto di aver causato la morte della serva che non ha saputo «Cere perse», una raccolta di articoli neva tra sé e il mondo come una netta separazione non se l'era messo addosso, era cresciuto con lui*). Una Vienna cosi infida per ricchezza e abiezione intellettuali, in cui anche gli idoli più incrollabili possono cadere da un attimo all'altro, in cui anche i migliori sono pronti al tradimento e a quel tradimento del tradimenti che è la solitudine. Soprattutto 1 migliori, anzi Karl' Kraus, a esempio: -Era morto da poco e in effetti non ero andato al funerale, la delusione per la sua condotta dopo gli avvenimenti del febbraio 1934 era stata enorme. Si era pronunciato a favore del cancelliere Dollfuss, aveva accettato la guerra civile per le strade di Vienna e avallato il peggio. Tutti, veramente tutti l'avevano abbandonato. Ormai Karl Kraus teneva soltanto piccole serate clandestine di cui non si sapeva nulla, non si voleva saper nulla: in nessun caso si sarebbe cercato di esservi ammessi*. Mitteleuropa mitica, ma anche infame, culla di ogni orrore e so'spetto, contemporaneo. Nella matassa di pettegolezzi e indiscrezioni raccolta e abilmente, sottilmente, perfidamente aggrovigliata, Elias Canetti ci fa balenare l'orribile verità. E, a metà d'un sorriso, diventa, non più melodrammatico, ma tragico. Assolutamente tragico. volti i libri, e il fatto che essi fossero finiti in fiamme lo sentivo come se fosse accaduto a me stesso. Mi sembrava di aver sacrificato non soltanto i miei libri personali, ma quelli del mondo intero...* confessa Canotti prima di immergersi (e immergerci) nei suoi resoconti di Incontri e scontri culturalissimi e risentitissimi in quella Mitteleuropa ormai, a ragione o a torto, considerata mitica. Canetti (che dall'esplicita confessione sopra riportata risulta più vulnerabile nei libri suoi o altrui che nella sua anima e nel suo corpo) ricostruisce in queste pagine, con cattiveria pari alla dedizione e con solennità . pari all'ironia, la mappa di una Vienna letteratissima, in cui non si può neppure pronunciare il nome dell'incompleto Hermann Broch, l'autore dei Sonnambuli (-una bellissima fragilità che aveva il suo presupposto in un animo sensibile e dipendeva dagli avvenimenti e dalle oscillazioni dei rapporti tra le persone*, -ai più sembrerà debolezza, ma io posso permettermi di chiamarla cosi perché la considero un privilegio, anzi una virtù, quando arriva a un tale grado di consapevolezza*) davanti a Robert Musil, l'autore de L'uomo senza qualità (-era sempre in armi, pronto alla difesa e all'attacco, il suo atteggiamento era la sua sicurezza*, -si sarebbe potuto pensare a una corazza, ma era piuttosto un guscio, quel che frappo¬ l n'imiiinnine di Vienna agli inizi del secolo amare, essendo uomo tutto testa e nulla corpo, si decide a dar fuoco ai libri della sua vita che diventano i libri della sua morte, e perisce nell'Immane rogo. •Durante tutta la stesura del libro Kant (Kien) era stato talmente bistrattato e io mi ero talmente tormentato per reprimere ogni compassione verso di lui, per non lasciare in me neppure la minima traccia di compassione, che dal punto di vista dell'autore il mettere fine alla sua esistenza era piuttosto una liberazione. Ma per questa liberazione erano stati coin¬ Oreste del Buono Elias Canetti: «Il gioco degli occhi», Adelphi, 383 pagine, 25.000 lire. LE fate in Inghilterra pare non abbiano molto in comune con il modello classico della bella signora fornita di bacchetta magica, che fa da deus ex machina nelle fiabe più note. Sono, invece, esserini piccolissimi, sovente vestiti di verde, colore di cui anzi avrebbero l'esclusiva, cosi che in tempi più superstiziosi dei nostri indossare indumenti verdi era considerato addirittura pericoloso per i semplici mortali. Di statura abbastanza piccola, benché robusti, sono pure i Brownies, o brunetti, che lavorano di nottetempo nelle stalle e i granai degli uomini, dietro tenue compenso, ma fuggono per non tornare mai più qualora ricevano l'inconsueta gratifica di qualche capo di vestiario nuovo. Si parla però anche di Giants (giganti), senza contare le creature praticamente informi, o continuamente trasmutanti da una forma all'altra, come Padfoot (Passo ovattato). It (Esso) e il temibile Boneless (Senz'ossa), che si avvinghia alla vittima -come una coperta pesante, bagnata e terribilmente fredda che aveva un odore stantio*. Il soprannaturale un po' anarchico della tradizione popolare può davvero vantare nelle isole britanniche una grande varietà di rappresentanti. Katharine Briggs, presidentessa della English Folklore Society e autrice fra l'altro di British Folktales (Fiabe popolari inglesi, Einaudi 19S4), tenta una catalogazione di questa vasta materia con Fate, gnomi, folletti e altri esseri fatati. E' un vero e proprio dizionario (il titolo originale suona infatti A Dictionary of Fairies), stimo- Una ricerca di Katharine Briggs fra letteratura e folklore