Rinate, dopo 40 anni, le penne nere della «Cuneense» la divisione alpina martire della campagna di Russia

Rinate, dopo 40 anni, le penne nere della «Cuneense» la divisione alpina martire della campagna di Russia Rinate, dopo 40 anni, le penne nere della «Cuneense» la divisione alpina martire della campagna di Russia Il nome è stato a Uno «pedale reparto dell'esercito Italiano, destinato a partecipar* ad operazioni con truppa dal Paesi alleati, è alato battezzato con II nome della «Cuneense», la sfortunata divisione alpina distrutta durante la campagna di Russia. La cerimonia della consegna ufficiala della insegna al è svolta sabato a Cuneo alla presenza del ministro Spadolini. Alla storia della divisione alpina •Cuneense», il cui nome ritoma in questi giorni nella nomenclatura militare seppure per indicare delle unità minori nell'ambito della brigata «Taurinense», sono stasi dedicati numerosi lavori di che ne hanno analizzato la de dalla costituzione net 1S3S campagna nelle Alpi al fronte greco-albana**, a quello jugoslavo, sino al calvario nel gelo del Don. Fra i tanti, meritano di essere segnalati almeno lin.eres.san- i », assegnato ad uno spec ta volume di Libero Porcari La -Cuneense», storia di una divisione alpina (ed. L'Arciere, Cuneo, 1932) e quello di Carmelo Catanoso e Agostino Liberti, La divisione alpina -Cuneense, al fronte russo (Stabilimento Grafico Morino, Genova, 1982). I contributi che sembrano degni di maggior attenzione perché emblematici di due differenti modi di intenderò la ricerca storica, sono quelli di Nuto Revelli, La strada dei Da/ai (Einaudi, Torino, 1966) e, recentissimo, quello di Aldo Raserò, L'eroica Cuneense - Storie della divisione a'plna martire (Mursia. Milano, 1985). Per Raserò, vecchio alpino e combattente (che. nella stessa collana dell'editore Mursia ha pubblicato due volumi sulla divisone «Julia» e sulla «Tridentina»), storta è essenzialmente ricostruzione di episodi bellici e di atti d'eroismo. Destreggiandosi con abilità e pazienza tra l'abbondante docu¬ iale reparto dell'Eser mentazione dell'archivio storico dello Stato Maggiore, egli ripercorre le successive tappe della guerra con lodevole scrùpolo documentario, dedicando lo spazio maggiore alla campagna di Russia, durante la quale la divisióne fu sterminata (15.650 caduti, fra morti e dispersi; solo 1600 uomini sfuggiti all'accerchiamento a rimpatriati). Il lingueggio di Raserò riatvnte molto dello stile usato nelle relazioni ufficiali, con la fredda rigidità delle cifre e l'esattezza delle indicazioni topografiche. L'autore ne è consapevole e confessa di aver dovuto utilizzare «brevi frasi stereotipata o rigorose valutazioni numeriche» là dove si viveva il dramma di «speranze svanite, di affetti troncati, di amicizie perdute per sempre». E' il linguaggio disumano osila guerra, dove «posizione conquistata con lievi perdite» significa che la contabilità del combattimento è in attivo perché il risultato è stato conseguito con cito, destinato ad ope un numero di morti modesto, e dove «sanguinosi scontri» è formula che compendia decine e forse centinaia di vittime. Più che storia di uomini, il volume di Raserò è storia di reparti e di impieghi operativi, Inquadrata nella cornice generale della guerra. All'opposto, Il libro di Nuto Revelli è una testimonianza diretta e a più voci di ciò che I combattenti hanno rappresentato per la popolazione contadina cuneese mobilitata e mandata al fronte. Protagonisti non sono le unità dell'esercito, ma I singoli soldati, intervistati dall'autore diversi anni dopo il ritorno dal Don o dalla prigionia. •Fu Mauthausen — scrive Revelli —, un povero folle che incontrai per caso, a raccontarmi per primo la sua guerra. Mi parlava con un linguaggio vero, Intatto, non logorato dal tempo. Era un folle Mauthausen, era uno dei tanti relitti di guerra solo apparentemente in congedo. Ma la guerra è pazzia, e razioni interalleate ogni imprecazione, ogni grido di Mauthausen era una venta sacrosanta. Mentre Mauthausen imprecava, io rivivevo le mie notti all'addiaccio, io ritrovavo i quaranta gradi sotto zero, la follia collettiva, i colonnelli che piangevano, i feriti abbandonati, la cancrena, la neve, tanta neve e tanti morti...». Per chi vuole rintracciare la dinamica delle campagne della «Cuneense», i nomi dell6 unità impegnate e dei rispettivi comandanti, gli episodi che hanno arricchito il medagliere della divisione, le testimonianze raccolte da Rovelli non sono utili: ma lo sono per chi vuol capire come la guerra è stata vissuta dagli uomini che l'hanno combattuta. Due mudi diversi di intendere e di fare stona, quindi, dietro I qual resta comunque la stessa drammatica realtà della divisione: dieci ann di vita e di guerre fasciste, che alla popolazione cuneese sono costate un'Intera generazione. Gii Oli Gianni Oliva

Luoghi citati: Cuneo, Genova, Milano, Russia, Torino