Guadagno «negativo»
Il conto Guadagno «negativo» «L'interesse sul Conti correnti con accredito dello stipendio è convenzionato (presumo, dall'azienda da cui il lettore dipende, n.d.r.) al 10 per cento lordo, con qualsiasi giacenza», scrive il signor Sergio M. da Torino. Continua: «Le illustro il notevole guadagno che si realizza: interesse lordo 10 per cento, metto 25 per cento di tasse, eguale 7,5 per cento. Morale: l'inflazione con Iinflazione attestata sull'8,6 per cento, impresto soldi, in questo caso alla ban- ca, e realizzo un "guadagno" negativo dell'I,1 per cento. Non tutelo neanche il rispar- mio investito. Sia così cortese da illuminarmi meglio, lei che.... eccetera». Mi permetta, signor Sergio, di stupirmi del suo stupore. E' da molto tempo, almeno da dieci anni buoni, che i depositi in banca offrono un «guadagno negativo» a chi «investe» in essi il proprio risparmio, che viene retribuito con un interesse netto inferiore al tasso d'inflazione. Anzi, in questi ultimissimi tempi c'è stato un momento, molto fuggevole, in cui il «guadagno» era diventato positivo, sul finire del 1984. Poi, con la lenta riduzione dei tassi, alla quale non ha più corrisposto la discesa del tasso d'inflazione, l'interesse è tornato ad essere negativo. Certo, come lei dice correttamente nel suo post-scriptum, «l'utile va calcolato tra l'interesse^nctto e l'inflazione». Lei sbaglia, però, aggiungendo: «In qualsiasi operazione ci dev'essere un benché minimo di utile, se no, crolla il sistema». Sbaglia perché anche i titoli di Stato, per molti anni, almeno fino al 1980 compreso (con un breve intervallo nel 1978), hanno offerto un «guadagno negativo», che è arrivato fino a 4-5 punti sotto il tasso d'inflazione. In quei tempi, il Governatore della Banca d'Italia, nella sua relazione annuale, dava la cifra, in migliaia di miliardi, di questa «spoliazione» dei risparmiatori, da parte di altri «settori», in particolare da parte dello Stato. Negli ultimi anni, invece, si è verificato il fenomeno opposto, e cioè un crescente rendimento reale dei titoli di Stato, a tutto vantaggio, certamente, dei sottoscrittori, ma a danno della lotta all'inflazione e del debito pubblico. Per tornare, e concludere, con i depositi in banca, in attesa che anch'essi tornino ad offrire guadagni «positivi», occorre tener conto dei servizi che essi offrono ai clienti, oltre alla «custodia» del denaro. Comunque, né con i titoli di Stato, né con i depositi che non davano interessi reali, il sistema non è crollato. Come vede, caro lettore, le capacità «elastiche» di reazione, nel nostro Paese sono quasi illimitate.
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