La pietra imperiale

La pietra imperiale ROSSI SARCOFAGI DELUANTICA ROMA La pietra imperiale Uno degli autori delle Historine Augusta, Giulio Capitolino, narra che l'imperatore Antonino Pio, recatosi in casa' di un amico e avendo notato alcune colonne di porfido, alla domanda da dove venissero si senti rispondere: «Quando sei in casa d'altri, rimani mute e sordo». Antonino, che non re-i plico, aveva tuttavia buone ra-1 gioni per porre il quesito: sostanza durissima cavata da un monte egiziano verso il Mar Rosso, il porfido, per il suo colore simile alla porpora, era simbolo del potere imperiale, e non era lecito a un privato possederlo o decorarne l'abitazione. L'Arco trionfale di Costan-' tino a Roma, con le sue colonne gialle (che alludono all'oro) e le specchiature porfirctiche, ostenta il simbolismo della sacra autorità imperiale, 10 stesso dal quale trassero origine i colori dello stemma di Roma (e, più recentemente, il giallo-rosso della locale squadra di calcio). In grandiosi sarcofagi di porfido venivano sepolti gli imperatori del tardo Impero: tale era, presso la Chiesa dei Ss. Apostoli a Costantinopoli, quello di Costantino il Grande (con molta probabilità lo stesso oggi nell'atrio della locale Chiesa di Sant'Irene), mentre un curioso esemplare, con gli spigoli cilindrici del cortile del Musco Archeologico della città turca, quasi certamente fu destinato alle spoglie di Giuliano l'Apostata. I due capolavori del genere, giunti sino a noi in buone condizioni (sebbene lucidati, purtroppo, nel Secolo XVIII), si trovano nei Musei Vaticani, 11 sarcofago della madre di Costantino, Elena (proveniente dal suo mausoleo a Tor Pignattai) e quello di Ottantina figlia dell'imperatore, che per tutto il Medioevo rimase al suo posto, l'odierna Chiesa di Santa Costanza sulla Via Nomentana. Quando cominciò l'usanza di seppellire gli Augusti e i loro, familiari nella pietra purpufeaYTVitto fa perisfetè"'ehe; c!3 ftiBe. inizio verso'IH''fine' del III o gli inizi del IV Secolo: il più antico esempio a me noto ne sono gli enormi blocchi di porfido trovati nei pressi della Cattedrale di Spalato, già mausoleo di Diocleziano e di sua moglie Prisca, che oggi si vedono nel locale Museo. C'è tuttavia una leggenda secondo cui il grande coper chio porfirctico, che nella Ba silica di San Pietro in Vatica no serve quale fonte battesimale, sia il coperchio del sar cofago di Adriano, estratto dal suo enorme sepolcro diventato Castel Sant'Angelo. Risalendo all'indictto, Traiano e Plotina furono cremati, e le ceneri racchiuse entro un'urna d'oro alla base della Colonna Traiana; mentre Augusto e i suoi familiari e discendenti, anch'essi cremati con elaborate cerimonie, furono deposti nel Mausoleo che il fondatore dell'Impero aveva fatto innalzare nel Campo Marzio (meno Nerone che ebbe una tomba a parte dove oggi è la Chiesa di Santa Maria del Popolo). Rimane, della dinastia Giulio-Claudia, l'urna di Agrippina Maggiore nel Museo Capitolino: durante i secoli bui fu asportata e utilizzata come misura per il grano. **. Nel corso del III secolo,'gli imperatori furono inumati in grandi sarcofagi di marmo bianco, ricchi di elaborati rilievi, dei quali restano due esempi. L'uno, nelle Catacombe di Pretcstato, racchiuse le spoglie di Balbino, che fu Augusto per pochi mesi nel 239 d. C; salvo un piccolo frammento della faccia anteriore (che appartiene al Museo di Cleveland nell'Ohio) ed eccettuate alcune lacune, esso era, sino a poco fa, in buone condizioni, specie nello splendido coperchio con le figure giacenti di Balbino e di sua moglie. Era, perché si sente dire che, a causa della scarsa sorveglianza, il prezioso cimelio è stato sfregiato.da vandali notturni, che avrebbero persino asportato la testa dell'imperatore, uno dei capolavori della ritrattistica antica (non si riesce a sapete se questo pezzo sia stato poi recuperato). Il secondo sarcofago impe riale giunto sino a noi è in condizioni eccezionalmente buone, e ha una storia singolare sotto vari aspetti. E' il cosiddetto Sarcofago Ludovisi, scoperto nel Seicento e passato alla Collezione Ludovisi. Quando, all'inizio del nostro secolo, i luminari dell'archeologia nostrana procedettero alla scelta dei pezzi di quell'importante raccolta per farli acquistare dallo Stato italiano, essi non si accorsero del rapporto tra il sarcofago vero e proprio (che entrò nel Museo Nazionale di Roma) e il suo coperchio, dato che quest'ultimo a Villa Ludovisi era stato sistemato in un diverso locale: cosi il completamento di questo unicum venne lasciato libero per l'esportazione, e fini nel Museo di Magonza. ** Il sarcofago invece entrò nel patrimonio statale, e a lungo ci si è domandati chi potesse essere il generale romano che appare a cavallo al centro della faccia anteriore, dominando un'accanita battaglia contro i Barbari. Dopo molte e diverse ipotesi ne è stata avanzata una (da parte della dottoressa Von Heintze, una studiosa tedesca) che a me pare quella giusta: il giovane Generale sarebbe l'Imperatore Ostiliano, che regnò per breve tempo nel 251 d, C, nel momento cioè di massima turbolenza dall'Impero. Come si è giunti a tale identificazione? 11 Generale reca, al centro della fronte, una piccola croce incisa, che a lungo si credeva fòsse un segno di esorcismo cristiano apposto nel Medioevo sul monumento pagano. La Von Heintze ha scoperto che la stessa croce appare in vari ritratti marmorei del medesimo personaggio, la cui fisionomia risponde a quella di Ostiliano (nelle sue monete si ravvisa, di nuovo, la piccola croce) Non si tratta di un simbolo cristiano, bensì della cicatrice da cui venivano segnati i seguaci del Dio Mitra durante la confìrmatio, una sorta di ere sima con cui si passava ai gradi superiori di quella religione, molto diffusa nel III Secolo, specie tra i militari. Oltre a essere uno dei più importanti monumenti d'atte della civiltà romana, il Sarcofago Ludovisi è perciò un testo rarissimo per la storia dell'Impero e della sua religione: ciò non ha impedito che anch'esso sia stato coinvolto nel forsennato progetto di spedire la Collezione Ludovisi fuori del Museo Nazionale, sbattendola a decorare il Palazzo del Quirinale. Per giunta, in un dettagliato progetto diffuso alla stampa, il Sarcofago era destinato a rimanere all'aperto. Ogni commento è superfluo; ma è da ricordare che tale folle proposta venne avanzata dal soprintendente La Regina, Io stesso che, a proposito della Colonna Antonina (il cui marmo è corroso dall'esposizione all'aperto), ha sollecitato un costosissimo marchingegno di vetri a scopo protettivo, di assai dubbia efficacia. Del resto, come è noto, tutta la faccenda della Collezione Ludovisi e dei pericoli cui si diceva andasse incontro nel Chiostro piccolo del Museo Nazionale si rivelò poi pretestuosa; un'inchiesta effettuata da indiscusse autorità come l'ex direttore generale delle Belle Arti, Bruno Molajoli, e dal prof. Antonio Giuliano, indico che le lesioni del Chiostro potevano essere. licarate coir^pochi mesi di lavoror-* 'Non si xjescc dunque a capir bene cosa si nascondesse dietro il disegno di allontanare dal Museo Nazionale una delle sue gemme; fra le unanimi proteste della stampa e della pubblica opinione, esso, fu scartato, e non se ne sente più parlare. Si riparla, invece, di un altro insensato progetto, quello degli scavi dei Fori Imperiali: i soliti, funerei personaggi della sottocultura sono tornati all'attacco, e converrà quindi tornare sull'argomento. C'è da sperare che la nuova Amministrazione Capitolina non venga attirata nella trappola, e che la città di Roma non sia ulteriormente degradata da una costosissima impresa che, razionale forse sulla carta, si trasformerebbe in realtà in un'autentica catastrofe. Federico Zeri Ritratto dell'imperatore Ostiliano sul «Sarcofago Ludovisi»

Persone citate: Antonio Giuliano, Bruno Molajoli, Federico Zeri, Giulio Capitolino, Heintze, Nerone, Prisca, Rossi Sarcofagi, Traiano, Von Heintze