L'urlo di Guernica

L'urlo di Guernica MA NON E' MEGLIO VELAZQUEZ? L'urlo di Guernica Col più vivo interesse ho letto l'articolo di Frane Barbieri, Spagna: la pace di Giurine a apparso sul nostro giornale domenica 5 gennaio; Barbieri traccia l'abbozzo di un profilo realistico della Spagna di cinquantanni dopo la Guerra Civile. Nello stesso giorno, sul Corriere, Alberto Ronchey, trattando dell'ingresso di tutta l'iberia in blocco nell'Europa comunitaria, esprimeva dubbi che condivido: questa convivenza «potrà essere non solo travagliata e turbolenta, ma deludente». Più che giusta la sua perplessità: «...oggi321 milioni di uomini si ritrovano insieme da Salonicco a Dublino. Tutti insieme, ma per fare che?». E' un fatto che la tromba epica Cee non è che un trombetto. Quei treccntoventuno milioni avrebbero una cosa da fare: preoccuparsi, ossessivamente, della difesa comune. Invece sono dei suicidi che banchettano ininterrottamente per l'ultima volta. Ma, se volessero avere un vero problema, l'avrebbero. Barbieri ha osservato e considerato la nuova collocazione madri lena di G■ nemica di Picasso, sotto vetro blindato e guardie armate intorno, con lunghe code di visitatori. L'ho visto anch'io, Guernica, mi pare a Barcellona, e non mi metterei in fila per vederlo un'altra volta. Tra come Barbieri giudica l'opera di Picasso («la più grande tela dell'arte moderna», «il più prezioso esemplare artistico del secolo») e il mio sentimento di noia e di rifiuto, c'è davvero una voragine. E' interessante constatarlo: un divergere assoluto, senza compromessi, di buona lega. Amo l'inimitabile Picasso di molti anni prima e non avrei nessun dubbio nel dichiararne, prima e dopo, l'ispanità. Resta spagnolo, Picasso, sebbene nel brutto sia cosmopolita, perché il brutto ha migliaia di patrie; in questo senso Guernica è spagnolo quanto finnico o turco. Infernale definisce anche Guernica Barbieri, e l'elemento* infernale c'è, concettualmente come vuoto, anti-umano, privo di luce: una squallida monocromia vi tiene luogo di colore, in rappresentanza del buio. Non pittura nera, nel senso delle goyesche, grandi e tragiche, della Casa del Sordo, ma pittura inerte, segno del nulla. '**' Su Guernica era formale e netto anche Luis Bunuel, altro grande spagnolo (ma più aristocratico, più nobile eli Picasso): gli era intollerabile! Non ci vedeva che una pitturacela volgare, soltanto brutta, enormemente deprimente. Bravo Luis: niente mezzi termini... Perché, con le spudoratezze, sono fantasticamente aumentati i falsi pudori culturali: si reprimono legittime insofferenze. Su Guernica nessuno osa più mostrare neppure perplessità: è s.icro, è la Guerra, la Rivoluzione, la Pace, la Protesta, l'Urlo, il Non-So-Cosa... L'urlo c'è, è più che certo: è pittura sonorissima, senza un angolo di silenzio, piena di rumore. Però, ci vuole infinita arte perché l'urlo diventi musica... L'urlo non è musicale, non appartiene alia creazione del mondo, non è nato dalla Parola... Anche l'Urlo di Munch è nient'altro che volgare urlo; bravo, onesto, genuino urlo, ma niente di più, niente di oltre... e Guernica urla, scompostamente, decompostamente, senza grandezza tragica... Questo è per me il punto di massima negatività dell'opera: Guernica è del finto tragico, urlo c nient'altro che urlo, rumore che non può diventare parola. E* una triste sorte delle sciagure contemporanee: non c'è grande arte, grande canto per dargli voce, raccogliere i pianti. Guernica la basca sperimentò per prima il bombardamento strategico in Europa: il suo dolore rotolò in questo pannello picassiano senza vita. Una quarantina d'anni fa, pubblicando il suo dramma Le notti dell'ira (una delle prime, famose regie di Strehlcr al Piccolo) Armand Salacrou ri conoscendo, onestamente, che gli mancavano le dimensioni eschilee, diceva: chi sa, un giorno, qualcuno, su questi eventi comporrà 1 Persiani. Oh no! E' già molto che resti qualcuno per citarli, / Persiani... Tutto l'Eschilo che siamo stati capaci di tirar fuori per' Hiroshima è stato un filmetto sciatto — ma gonfiato fino a farne dell'Eschilo — come Hiroshima mon amour\ E i monumenti? Quello ai partigiani, a Cuneo, è un vero oltraggio; quello a Matteotti, sui lungotevere, è un secondo Dumini. ** Gli scorreranno davanti come acqua, i visitatori, alla pittura picassiana: nessuno si fermerà per meditare, perché Guernica non è meditabile. Ma, al Prado, se si vuole meditare sulla vanità della guerra e sul suo mistero, c'è La rendición de Breda di Velàzquez, una pittura che è infinitamente di più che la commemorazione di un modesto evento bellico nelle Fiandre. Da ritenere, l'osservazione di Barbieri che la collocazione di Guernica al Prado chiude simbolicamente la Guerra Civile. Dunque, adesso,, direbbe Francois Furet, si può cominciare a pensarla. Ed è una chiù-' sura, con un simile segno, nella mediocrità, urlo che non è diventato tragedia. Dopo cinquantanni, la Guerra Civile si chiude nel fragore di demolizioni a catena per far posto a brutture e in un abbattimento della barriera pirenaica che, con le libertà illuministiche perdute nella sconfitta repubblicana, porta alla Spagna la sottomissione all'Europa della vertigine tecnica e del denaro come religione assoluta; e tutto quel gran massacro non avrà servito che a questo: a far morire quel che restava in pie di di Spagna ispanica (idea eterna, archetipo che ride gcmendo al tutto, gtavità immortale) sotto il colpo di fiato mortale che l'Occidente snervato e ricco non risparmia a nessuno. Certo, non ripeterei un viaggio a Madrid per trovarmi circondato da montagne di jeans in vendita, tra rabbiosi scoppi stereofonici, intorno a Plaza Mayor, ma le storie ormai lontane del Campesino e di Durruti, dell'Alcazar e della morte di Bcrncri, seguitano ad avvolgermi nei loro fili. Oltre a quello di simbolico sigillo, notato da Barbieri, trovo a Guernica quest'altro senso: il suo brutto prefigura questa New-Spagna venduta al commercio, con una lingua che va in pezzi né più né meno che l'italiano e il francese, e città senza più faccia, dove il crimine impianta inguaribili metastasi. Ma non può esserci del nobile in quel che prefigura l'ignobile, del superiore dov'è contenuto il presagio dell'avvento dell'inferiore. In pittura, questo secolo avrà pur creato ancora del grande: ma, a questo grande, Guernica non appartiene. Guido Ceronettl Diego Velàzquez. <<I,a resa di Breda»: la desolazione della guerra in un particolare del famoso dipinto esposto al Prado