«Non bastano le parole per battere le cosche» di Enzo Laganà

«Non bastano le parole per battere le cosche» Reggio, la questura conferma l'analisi dei giudici «Non bastano le parole per battere le cosche» REGGIO CALABRIA — «Qui in città ed in provincia slamo di fronte ad un centinaio di cosche mafiose, perennemente in lotta per la supremazia territoriale e per un assetto interno». La dichiarazione è del prefetto Boccia, alto commissario nella lotta alla mafia, ed è stata fatta sabato scorso dopo l'insediamento in prefettura dello speciale Ufficio «Intelligence», di recente istituito dal ministro degl'Interni. La riprova di questa lotta senza quartiere si è avuta contemporaneamente in Aspromonte, dove altre due persone venivano fatte fuori. SI chiamavano Antonio Castle e Pietro Romeo, 24 e 23 anni, il primo era un Ubero vigilato, 11 secondo un muratore Incensurato. Dalle indagini è emerso che i due sarebbero coinvolti nella lotta tra cosche locali che in questi ultimi tempi ha fatto registrare ben dodici morti. Nessuno, comunque, sembra più stupirsi per queste sequenze agghiaccianti che insanguinano la provincia e 11 capoluogo (sei morti In questi primi 20 giorni dell'anno), mentre lo Stato sembra sempre più assente, nonostante la creazione di nuovi servizi che dovrebbero contrastare la violenza organizzata. Lo stesso procuratore generale della Repubblica, Blandaleone, nel suo discorso tenuto una settimana fa, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha parlato senza peli sulla lingua, accusando lo Stato di fare la lotta alla mafia soltanto a parole. Per sostenere questa sua affermazione, ha elenca to una serie di carenze esistenti negli organici della magistratura, specialmente in tribunali — Reggio, Palmi, Locri su tutti — dove si è sempre in trincea, per non parlare poi delle preture (41 su 74 senza 11 titolare), sicché larghe zone del territorio sfuggono al controllo della legge dello Stato e rimangono invece affidate all'esclusivo controllo delle leggi sostitutive, imposte dalle organizzazioni delittuose». «E' perfettamente vero», dicono alla questura di Reggio, dove si coglie perfettamente l'impotenza a contrastare l'escalation mafiosa. La Squadra mobile fino a una decina di anni fa, quando la mafia non era attrezzata e pericolosa come adesso, disponeva di120 uomini; oggi 11 personale non arriva alle 50 unità: la sezione antimafia, infatti, è «forte» di otto unita (un funzionarlo, due sottufficiali e cinque agenti) per coprire l'Intero territorio della provincia, la sezione omicidi conta su tredici elementi, quella antlsequestri su dodici, quella stupefacenti su nove e infine quella per le misure di prevenzione su sei. Eguale, se non peggiore, il quadro delle altre forze dell'ordine. La sola presenza sul territorio delle stazioni del carabinieri non basta ad assicurare la necessaria tranquillità ai cittadini o, peggio, a scoraggiare la delinquenza, ove si pensi che in centri come San Luca, dove la mafia è massicciamente dominante (basta ricordare 1 molti sequestri che vi sono stati gestiti), vi sono appena sei militari. Assolutamente insufficiente poi la consistenza della Guardia di Finanza. Ecco perché un semplice ufficio «Intelligence», costituito da soli quattro funzionari, impegnati, peraltro, in altri compiti operativi e con la sola funzione di dare informazioni a Roma, sembra un ridicolo palliativo di fronte ad una delinquenza sempre più potente. Enzo Laganà

Persone citate: Antonio Castle, Palmi, Pietro Romeo

Luoghi citati: Locri, Reggio, Reggio Calabria, Roma